Gatti in sala operatoria: in Egitto ospedali da incubo

Le foto dello scandalo

IL CAIRO – «Ieri sopra il lettino della sala operatoria ho trovato due gatti randagi», esclama Ahmed Salah, medico egiziano, trentenne, che lavora in un ospedale statale a 15 kilometri dal Cairo, lo Shibin El Kom Hospital.

«La situazione non è più sostenibile – incalza Ahmed – Abbiamo fatto scioperi. Chiediamo di aumentare al 15% i fondi pubblici destinati alla salute; è il livello minimo secondo gli accordi internazionali che sono stati firmati dall’Egitto. Oggi il ministero della Salute riceve solo il 3.5% del budget statale. Un aumento dello stanziamento economico migliorerebbe i servizi offerti ai pazienti, rendendoli dignitosi, e l’efficienza degli ospedali. Esigiamo, inoltre, una legge che metta in sicurezza il luogo di lavoro e punisca aspramente chi aggredisce il corpo ospedaliero. Infine chiediamo che vengano aumentati i salari dei dottori: lo stipendio medio mensile è 400 sterline egiziane (50 euro circa), io sono fortunato, ne guadagno 900 (115 euro al mese).

Ahmed Salah racconta come ospedali pubblici egiziani siano in uno stato di totale decadenza. «Manca totalmente l’igiene: puoi facilmente vedere sangue sulle lenzuola e sui materassi, buchi sui muri, immondizia sul pavimento fuori dalle stanze, bagni così sporchi da essere inagibili». E ancora «non abbiamo letti a sufficienza, non ci sono lenzuola e coperte pulite per tutti. Tra l’altro, le lavatrici non sono sempre funzionanti e non ci sono soldi per metterle apposto. I pazienti si devono portare le coperte da casa; Siamo in una condizione così critica che non si può pagare il personale addetto alla pulizia. Tutto questo porta a una conseguenza drammatica: si moltiplicano i casi di persone che muoiono per aver contratto infezioni. Allo Shibin El Kom Hospital, nell’ultimo anno, si contano 35 vittime. Noi, purtroppo, non possiamo far nulla. Ci sentiamo frustrati come categoria».

Oltre alla mancanza totale di igiene, scarseggiano anche le medicine. Il giovane dottore, specializzato in malattie dell’apparato respiratorio, fa un lungo elenco di tutti i farmaci che arrivano con il contagocce. «Anche le garze, il cotone, le siringhe sono contati. Spesso succede che chiediamo al malato di comprare i farmaci che gli servono. Puoi immaginare la reazione: se sono molto poveri e non possono permettersi questi acquisti, diventano violenti; sanno bene che nessuno li potrà curare».

Non mancano neanche le disavventure sul luogo di lavoro. «Come se non bastasse, negli ospedali pubblici c’è una mancanza totale di sicurezza. Noi paghiamo di tasca nostra alcune persone perché controllino almeno le sale operatorie, ma spesso non è sufficiente. Mesi fa sono stato aggredito da un paziente perché non avevo le medicine che gli servivano. Un mio collega è stato picchiato da un ragazzo ubriaco che si è intrufolato, indisturbato, nella struttura ospedaliera. Casi di questo genere avvengono continuamente». È un fiume in piena. «Un paziente ricoverato è stato ucciso mentre si trovava nel suo letto. La persona in questione era stata coinvolta in uno scontro fisico con un ragazzo, poco più che ventenne, che poi l’ha voluto finire. La polizia è arrivata solo dopo che l’assassino è entrato con una pistola, ha ucciso un paziente e se ne è andato, senza che nessuno lo fermasse.

Ahmed non nasconde un forte rancore nei confronti dell’ex Faraone, Hosni Mubarak. «Anche prima della rivoluzione la situazione era catastrofica. Mubarak non ha mai pensato a tutti cittadini, se ne fregava. L’importante era investire denaro nelle strutture private. Dopo il gennaio 2011, se possibile, le cose sono peggiorate: c’è stato un picco di mancanza totale di sicurezza, avevo paura di recarmi al lavoro. Adesso la situazione sembra essersi stabilizzata, ma il Presidente Morsi dovrebbe pensare prima di tutto alla povera gente. Noi medici continueremo a manifestare finché le nostre domande non troveranno delle risposte concrete».

Ovviamente la salute non è uguale per tutti in Egitto. «I membri dell’esercito sono quelli che stanno meglio – continua il dottore. Gli ospedali militari privati al Cairo sono una quindicina circa. Tutti moderni, in condizioni perfette, direi quasi di lusso. Molti degli ospedali militari sono specializzati in qualche branca medica. Lì si possono curare solo gli uomini in uniforme e i loro parenti». L’intervista sta per terminare, quando, all’improvviso, il giovane medico conclude amaramente. «Dimenticavo. C’è anche il problema delle ambulanze. Se ti trovi in un governatorato, per chiamare l’ambulanza devi fare il 112. Ti risponde il centralino del Cairo che ti spedisce la vettura. Ecco, a causa della frequente cattiva organizzazione del personale addetto, le ambulanze arrivano a destinazione con estremo ritardo e spesso è difficile salvare la vita del paziente». 

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