E’ possibile che il nostro sistema non solo economico ma anche sociale si poggi su un assunto che descrive l’essere umano come un soggetto mosso da un unico sentimento: quello del profitto e tornaconto personale e basta? E’ possibile che un gruppo di menti più che geniali diaboliche, impiegate ai tempi della guerra fredda dagli americani per tutt’altri scopi, abbia infine trasformato uno dei tratti dell’animo umano, l’egoismo, in una formula matematica, che è quella che oggi governa il mondo? E’ possibile che l’homo oeconomicus, usato dagli economisti un tempo come modello per verificare le loro teorie, si diventato un androide?
A sostenere, più che suggerire questa tesi, è un saggio, appena uscito in Germania, e che porta il titolo eloquente “Ego – La grande partita” (ed Blessing). Non un saggio di intrattenimento, come si può immaginare, eppure, solo nella prima settimana ha venduto 50mila copie e si è collocato stabilmente al primo posto della classifica dei bestseller del settimanale Spiegel. Non c’è dubbio che parte della sua fortuna sia da ascrivere all’autore. Non un visionario o un ideologo della sinistra radicale, come si potrebbe arguire dalla teoria qui sopra sintetizzata, ma fino a poco tempo fa uno dei più convinti sostenitori del liberismo puro, cioè Frank Schirrmacher, direttore editoriale della Frankfurter Allgemeine, autorevole quotidiano, anch’esso di area liberista.
E’ vero che Schirrmacher da tempo si è fatto fustigatore di una società in rapida trasformazione: denunciando le mancate risposte politiche al progressivo invecchiamento (Il complotto di Matusalemme); l’ossessione per la notizia, con una perdita progressiva di giudizio critico, insomma una vera e propria bulimia, favorita dal web. Con “Ego”, Schirrmacher ha però cambiato pelle, tanto che le lodi più entusiastiche gli sono arrivate per esempio da Jakob Augstein, direttore del settimanale di sinistra Der Freitag: “Questo saggio è un vero piacere per l’intelletto. E visto che a scriverlo è stata la penna di un conservatore è anche un importante segnale politico. La critica al capitalismo ha raggiunto il cuore del capitalismo stesso” .
Schirrmacher nella prefazione racconta che lo spunto gliel’ha dato ovviamente la crisi che tiene prigioniera l’Europa e gli Usa. A lui però non interessano i risvolti economici, piuttosto quelli sociali. “La crisi con la quale ci confrontiamo” scrive “non ha a che fare solo con il denaro, il profitto, il fallimento di Lehman Brothers”. Ha a che fare con un modello di informazione della società molto mirata, che usa come spunto ormai quasi esclusivamente il profitto. “Questa economia dell’informazione valuta sentimenti, fiducia nel prossimo, contatti sociali alla stessa stregua delle merci e delle azioni”. Affari e relazioni interpersonali non sono la stessa cosa. Dai primi è giusto aspettarsi un profitto, dai secondi no. Fatto sta però che anche le relazioni sociali si sono tramutate sempre più in momenti di autopromozione che mirano a un tornaconto. Basta analizzare con sano distacco il fenomeno “Facebook” e dei social media in generale.
Il suo libro, scrive Schirrmacher, si basa dunque un’unica tesi: e cioè quella dell’imperialismo economico che ha preso il sopravvento e che domina oggi su tutte le altre scienze sociali. La tesi è ovviamente radicale e Schirrmacher la porta all’estrema conseguenza, con l’uomo che non più uomo, ma snaturalizzato dei suoi sentimenti positivi, diventa un robot: il “Numero 2” . Una visione che si associa a un romanzo di fantascienza alla Ray Bradbury che a un saggio, quale di fatto è questo “Ego”. Dunque va letto per comprendere veramente il ragionamento dell’autore. Quello si può ancora premettere è la parte in cui Schirrmacher racconta come tutto questo processo di straniamento e disumanizzazione, ha preso il via. Come è sucesso che l’economia dell’informazione abbia preso il sopravvento e domini oggi su le scienze sociali.
Tutto ha avuto inizio negli anni Cinquanta, racconta l’autore, quando il mondo si trovava in piena guerra fredda, i militari americani assegnati ai radar, stavano lì per ore a controllare ogni puntino sospetto sul monitor, per individuare eventuali incursioni sovietiche – con tanto di bagaglio nucleare nelle pance dei cacciabombardieri – nello spazio aereo occidentale. Allora la domanda che si ponevano “i capi” era, come far sì che i soldati restassero vigili per ore. A questa domanda diede involontariamente una risposta David Riesman con il suo saggio sulla “Folla solitaria”.
Il sociologo americano lamentava il fatto che l’uomo non fosse più guidato dai suoi stimoli interiori, ma da quelli esteriori, dalla continua ansia di volersi/doversi adattare al mondo esterno. Per gli gli scienziati della Rand Corporation, un’organizzazione semisegreta, nata per studiare il comportamento dei radaristi, il libro ebbe un effetto illuminante: capovolsero l’osservazione di Riesman. La domanda che fino a quel momento tutti si erano posti (anche gli economisti con il loro modello di homo oeconomicus era: come funziona l’uomo. “E invece la domanda vera doveva essere: come dovrebbe funzionare”.
Tutto diventa logico se si riconosce che il mondo intero è impegnato in una gigantesca partita di poker nella quale ognuno vuole vincere. Schirrmacher ricorda che l’affermarsi di questo punto di vista “è stato definito una delle più importanti svolte nel pensiero occidentale”. Il soldato seduto davanti al radar deve percepire se stesso e lo schermo come due giocatori di poker. Questo gli permette di restare vigile e al tempo stesso ne acuisce intelligenza operativa. Una vota scomparsi i blocchi, caduto il Muro e dissoltasi la cortina di ferro, la scoperta pareva troppo importante per disfarsene. E così, grazie anche al computer, al web, viene “riciclata” in campo economico. L’analogia con il gioco del poker, qui funziona altrettanto bene. Anche qui alla base del gioco c’è il continuo rilancio, l’immaginare cosa farà la controparte e puntare ancora più in alto. Finché un giorno però il castello di carte implode, sta per implodere ora.
Si può essere d’accordo o meno con questa visione fosca. Il dato curioso è il successo di questo libro, non per addetti, ma nemmeno per neofiti. In fondo, il fatto che continui ad andare a ruba, può essere anche letto come indizio di un paese, la Germania, che di questi tempi non gode certo di grande simpatie, perché troppo rigido, perché così ossessionato dalle regole e dalla disciplina da rischiare di sortire acuire ulteriormente la crisi. Il successo di “Ego” è però anche indizio di un paese che non da tutto per scontato e continua a interrogarsi.