La Banca centrale europea ha raccolto dati dalle 17 banche nazionali dell’area euro per un report sulla «distribuzione del patrimonio» tra i cittadini del continente. Il lavoro va avanti dal 2006 e i risultati sarebbero già disponibili – ma da Francoforte si comunica che «il report verrà trasmesso in aprile, per non influenzare il dibattito in corso sul salvataggio di Cipro». Aggiungiamo noi: la Bce ha detto «Cipro», ma intendeva dire «Grecia, Spagna e Italia». Il report è dinamite pura.
Cipro è l’Islanda dell’area euro: gli asset bancari sono arrivati all’800 per cento dell’economia nazionale, e hanno raggiunto il 1.000% nel 2010. Di propriamente mediterraneo l’isola aggiunge una tradizione di controlli molto laschi sui flussi finanziari gestiti: Cipro flirta troppo con i sistemi di lavaggio di denaro. In cambio di riforme, sta negoziando un piano di aiuto per 17 miliardi di euro. Angela Merkel si è recata in visita sull’isola nello scorso gennaio, tanto per decidere che anche per questa «piccola Grecia» la via è quella delle privatizzazione e dell’austerity.
Quei 17 miliardi di euro hanno spaventato tanto la Bce perché non sono la fine della storia. Il problema non è tanto quello delle negoziazioni con Cipro, ma con tutta la parte del continente in crisi. Il Frankfurter Allgemeine Zeitung ha ricostruito insieme a Credit Suisse che tipo di informazioni potrebbero venir fuori dallo studio nascosto dalla Bce, e i risultati potrebbero provocare un putiferio politico. Sembra che il patrimonio pro-capite di ogni italiano adulto sia di 165mila euro, rispetto ai 135mila detenuti da ogni tedesco. Inoltre, il patrimonio è molto meglio distribuito in Italia, che in Germania. Quest’ultima dimensione è misurata dal “Coefficiente di Gini” – più è alto, maggiore è la diseguaglianza – che è 65 per l’Italia e 78 per la Germania. Inoltre, ogni greco avrebbe un patrimonio di 70mila euro, e ogni spagnolo di 81mila euro.
La portata politica di informazioni simili sarebbe devastante per le negoziazioni sul salvataggio del meridione europeo. Alla comunicazione dei risultati, l’opinione pubblica tedesca reagirà certamente opponendosi più fermamente a qualsiasi piano che possa prevedere maggiori esborsi della Germania verso i paesi in default, in virtù del capitale privato presente in Spagna, Italia e Grecia. Che poi gli italiani siano anche più “ricchi” dei tedeschi, contribuirebbe a rinsaldare quella perniciosa nomea di furbacchioni che, tra meriti e ingiustizie, continuiamo a portarci appresso.
L’idea di finanziare i salvataggi con una tassa patrimoniale non è niente di nuovo. Il berlinese “Istituto tedesco per la ricerca economica” (nome poco sexy che nell’originale tedesco suona “Deutsche Institut für Wirtschaftsforschung”) ha proposto nel luglio 2012 che i patrimoni individuali siano tassati del 10% per la quota superiore ai 250mila euro. Nello stesso periodo il settimanale tedesco Focus (che in Germania è una testata ben diversa dall’omonima rivista italiana) riportava i dati di un’analisi Thompson Reuters/Datastrea secondo i quali il patrimonio tedesco sarebbe di 100mila euro a testa, e quello degli italiani di 144.000.
Il commento? «I cittadini italiani nuotano nell’oro». Seguiva anche una pioneristica spiegazione del perché siamo così ricchi: evadiamo le tasse, poiché i proprietari dei saloni di bellezza e di bar dichiarano troppe poche tasse. Anche Edmund Stoiber, padre nobile dei conservatori della Csu bavarese, in una recente intervista a Linkiesta ha dichiarato che la tassazione del patrimonio è l’unica via, e che sarebbe in grado di risolvere i problemi italiani.
La Bce starebbe “prendendo tempo” per cercare di trovare le parole politicamente giuste per presentare i risultati. Il fatto è che dai piani alti dell’Eurotower si vede la tempesta montare all’orizzonte. Il problema è che i dati sul patrimonio sono un indice troppo parziale della capacità di spesa di un paese. In Italia l’80% delle famiglie vive in una casa di proprietà, mentre in Germania la percentuale è appena del 13,3%. Ciò spiega prima di tutto parte delle differenze nella distribuzione dei redditi (in Germania meno persone hanno più case) e spiega anche perché gli italiani siano così “ricchi”. La patrimoniale sulla casa in Italia già c’è, è molto alta, e si calcola anche (ingiustamente) sulla prima casa, che non è un bene produttore di reddito.
Soprattutto, la casa non è un bene “liquido”. Il patrimonio dei tedeschi comprende quote maggiori di depositi monetari in banca e asset finanziari, che possono essere prontamente liquidati. Non si capisce come gli italiani potrebbero pagare una patrimoniale in base alla proprietà della casa in cui abitano – e già le conseguenze sociali dell’Imu sono un segnale lampante del problema.
Peraltro, dall’incedere della crisi la Germania è stato uno dei pochi paesi europei in cui i patrimoni personali sono aumentati, al contrario del declino osservato in Italia e Spagna. I salari netti tedeschi sono inoltre molto più alti rispetto a quelli italiani (2.865 euro contro 2078). Ma tutto questo, a chi legge il populista Bild Zeitung non interesserà. Grandi, enormi titoloni contro l’Italia sono in arrivo, e se l’elite tedesca sta studiando da populista, i nuovi accordi europei saranno sempre più difficili. Rimane solo da sperare che il report della Bce non esca mai. Si sacrifichino anche gli altri.