«Ora siamo più forti e legittimati per chiedere un mandato». Le elezioni di Laura Boldrini e Pietro Grasso a presidenti di Camera e Senato, hanno ringalluzzito Pier Luigi Bersani che adesso è pienamente convinto che il Capo dello Stato gli possa affidare un incarico pieno. Costituzione alla mano, «un incarico pieno» sta a significare che sulla base delle consultazioni, che si apriranno mercoledì 20 marzo, il segretario del Pd potrà godere di una fiducia ampia all’interno delle Camere. Ma Giorgio Napolitano sa benissimo che il clima nelle segrete stanze non fa ben sperare.
Del resto in area centrodestra mal digeriscono la forzatura di Bersani, e proprio oggi durante la riunione dei gruppi parlamentari del Pdl Silvio Berlusconi è tornato a sparare contro il centrosinistra: «I comunisti non sono affatto cambiati, sono sempre gli stessi e non capiscono che l’unico governo per il Paese sarebbe con noi». Il Cavaliere si sente accerchiato, e minaccia l’occupazione delle piazze. Gli fa eco il segretario Pdl Angelino Alfano: «Non ci sembra di chiedere un qualcosa di irragionevole e, al tempo stesso, io credo che gli italiani siano di fronte a un grande tradimento da parte della sinistra, perchè aveva detto che anche se avessero preso il 51% si sarebbero comportati come se avessero ottenuto il 49. Invece hanno preso il 29% e vogliono accaparrarsi il 100 per 100. Sono davvero scorretti». E l’indicazione di due capigruppo come Renato Brunetta e Renato Schifani non fa altro che innalzare il livello dello scontro. L’ex Ministro della Pubblica Amministrazione mostra sempre gli artigli quando si tratta con il centrosinistra, e tanto più con Pier Luigi Bersani. Di certo, ammette un berlusconiano di ferro, «mai e poi mai potremo digerire e sostenere un governo Bersani. O fa un passo di lato, o faremo saltare il tavolo».
In sostanza i giochi sulle trattative non sarebbero dalla parte di Bersani. La Lega si starebbe allineando al Cavaliere. E anche i montiani non si sbilanciano. Da via due Macelli, sede nazionale dell’Udc, mormorano che persino Pierferdinando Casini «vuole rientrare in pista». Ormai l’ex Presidente della Camera avrebbe rotto con Mario Monti. Il suo obiettivo sarebbe quello di stringere un accordo con il Pd e anche SeL, ma ad una condizione: che il leader del centrosinistra non insista, e proponga un nome alternativo. E proprio oggi il leader dell’Udc avrebbe inviato il primo segnale ai democratici: per le comunali di Messina gli eredi della Balena Bianca parteciperanno alle primarie del centrosinistra. E, come assicurano alcuni udiccini, il modello “Messina” potrebbe essere esteso ai capoluoghi di provincia nei quali si terranno le elezioni comunali nel mese di maggio.
Tuttavia anche in casa Pd, al netto del cosiddetto «tortellino magico» (costituito dai fedelissimi di Bersani), più di uno non è affatto convinto che il segretario Bersani possa ottenere un incarico, e, sopratutto, avere la fiducia nei due rami del Parlamento. «I numeri al Senato sono quelli, li abbiamo ricontati sei, sette volte. Come farà Napolitano a dare un incarico pieno a Bersani?», fa eco un dalemiano. Del resto anche Matteo Renzi la pensa così. Il sindaco di Firenze, in una newsletter inviata poco fa ai suoi elettori delle primarie, ha espresso qualche dubbio sulla formazione di un eventuale governo di centrosinistra a guida Bersani: «L’elezione di due figure di qualità come Laura Boldrini e Piero Grasso alla guida dei due rami del Parlamento dimostra che quando il centrosinistra non gioca di rimessa, aspettando i movimenti dei 5 Stelle, ma fa delle proposte credibili vince e convince. Purtroppo questo non significa che i numeri ottenuti diano la garanzia di formare il Governo».
Ecco perché proprio in queste ore il Capo dello Stato Giorgio Napolitano starebbe pensando di affidare al segretario dei dem soltanto «un incarico esplorativo». Un’operazione simile a quella già fatta da Napolitano in occasione della caduta del governo Prodi. Nel 2008 l’attuale Capo dello Stato consegnò un «mandato esplorativo» a Franco Marini, che a quel tempo era la secondo carica dello Stato. Ma, come ricorda un costituzionalista, «non se ne fece nulla perché Marini fece un giro di consultazioni a vuoto perché sia il centrodestra, sia il centro di Casini, preferirono optare per le urne». E allora quale sarebbe la via d’uscita da questa impasse? Nei corridoi del palazzo prende forma l’idea di un governo «tecnico» a guida Fabrizio Saccomanni in cui i partiti farebbero un netto passo indietro. Un Monti-bis senza Monti, «che dovrebbe realizzare due/tre riforme, e poi tornare al voto».
@GiuseppeFalci