Il “vulcano” olandese che mette a rischio l’eurozona

Jeroen Dijsselbloem, ministro delle Finanze di Amsterdam e le sue gaffe

BRUXELLES – Un giornale austriaco lo ha definito, con un po’ di fantasia, «l’Eiyafjallajökull dell’eurozona» – in riferimento al vulcano islandese che nel 2010 bloccò per settimane i cieli di mezza Europa. Eh già, perché il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem, 46 anni, dal 21 gennaio successore del premier lussemburghese Jean Claude Juncker come presidente dell’Eurogruppo, in due mesi ha accumulato una serie di gaffe che hanno non poco agitato i mercati. Da ultima, ieri, con la sua improvvida intervista congiunta a Financial Times e Reuters in cui eleva il salvataggio di Cipro, con le pesante perdite per correntisti sopra i 100.000 euro e azionisti senior, a “modello” per altri possibili salvataggi in Europa.

Se le banche in difficoltà non riescono a ricapitalizzarsi, «allora parleremo con azionisti e proprietari di titoli, chiederemo loro di contribuire a ricapitalizzare la banca e, se necessario, lo faremo anche con i titolari di depositi non assicurati (sopra i 100.000 euro, ndr)».

Nell’intervista Dijsselbloem afferma che «questo è l’approccio che dobbiamo tenere». E i risultati sono sui giornali di oggi: borse in tracollo, a cominciare da Milano, euro in calo. E dire che nell’intervista Dijsselbloem sparava: «anche i mercati considereranno ragionevole questo approccio». Più bello ancora è che se da un lato Dijsselbloem ha poi pubblicato un comunicato in cui afferma che «il caso Cipro è unico», alla tv olandese, in serata, è invece tornato alla carica: «azionisti, titolari di bond e di conti bancari possono dare il loro contributo – ha detto al talkshow Pauw& Wittemann – posso difendere questa linea anche se il settore finanziario non lo sente volentieri».

Frasi del genere, nel bel mezzo di una crisi finanziaria con l’Italia sempre più in pericolo per lo stallo politico sono a dir poco irresponsabili. «L’intervista di Dijsselbloem – tuona Felix Salmon su Reuters – è indubbiamente un capolavoro di incompetenza politica (…). Il mercato potrà fare illazioni sul precedente cipriota se vuole, ma non spetta ad alcun politico chiarire in pubblica che cosa ciò significhi per lui, tanto meno al presidente dell’Eurogruppo». «Il capo dell’Eurogruppo – scrive anche Paul Murphy sulla rubrica Alphaville del Financial Times – silurerà allo stesso modo le economie di Italia e Spagna? E che dire della Francia? Probabilmente no, ma l’immediato risultato lunedì è stato una perdita del 6% per Intesa San Paolo, 6% per Unicredit, 5% per Société Générale e via dicendo».

Soprattutto, Dijsselbloem si è già beccato un aperto rimbrotto di Benoit Coeuré, il membro francese del direttorio della Bce. «Il signor Djisselbloem ha avuto torto nel dire quello che ha detto – ha detto a Radio Europe 1 – l’esperienza di Cipro non è un modello per il resto dell’Eurozona». «Semplicemente – commentava ieri una fonte Ue – il signor Dijsselbloem non ha la più pallida idea di come si parli ai mercati».

E così ritorna in mente il fatto che il “giovane” (politicamente parlando) ministro è arrivato dov’è solo perché Francia e Germania si sono fatte la guerra a vicenda sulla successione del lussemburghese. Che Dijsselbloem non fosse il candidato ideale lo si vede anche dal suo curriculum: laureato in Agraria, era ministro delle Finanze da appena tre mesi quando è assurto al vertice dell’Eurogruppo, e prima non aveva avuto cariche di governo di alto rango. Troppo poco per avere accumulato la necessaria esperienza per un ruolo di questa importanza, cui i mercati sono sensibili solo poco meno di quanto lo siano al presidente della Bce. Il contrasto con la vecchia volpe Juncker, un calibro da novanta grazie anche alla sua carica di primo ministro, non potrebbe essere più lampante.

I guai sono cominciati presto, e proprio con Cipro. Al suo primo eurogruppo da presidente, l’11 febbraio, Dijsselbloem si rifiuta di rispondere alla domanda dei cronisti se i depositi bancari sarebbero stati toccati per il salvataggio (la voce già circolava). Eccesso di onestà, «Juncker non avrebbe esitato a escluderlo, tanto per tener calmi i mercati» commenta un diplomatico dell’eurozona. Invece il no comment di Dijsselbloem, sbotta un alto funzionario cipriota, «ha provocato il giorno dopo, in poche ore, la fuga di 4 miliardi di euro dalle nostre banche. Siamo furibondi».

È solo l’inizio. Il successivo, più grave disastro, arriva all’eurogruppo straordinario del 16 marzo, quello in cui viene decisa una tassa generalizzata su tutti i depositi bancari ciprioti, incluso sotto i 100.000 euro. Un pasticcio, gestito malissimo: sarebbe bastato un poco di buon senso per evitarlo. «Con Juncker – dice una fonte presente ai lavori – non sarebbe mai successo». Dijsselbloem non è riuscito a mediare tra i tedeschi, che insieme al Fmi insistevano sul prelievo, ma solo sopra i 100.000 euro, e i ciprioti che a quel punto, pur di non colpire troppo i ricchi correntisti, hanno loro stessi previsto la tassa anche sui depositi garantiti, in piena violazione delle norme Ue.

Un disastro di cui Dijsselbloem, che non aveva battuto ciglio, si è poi assunto le responsabilità. Non basta. Già in quell’occasione, l’olandese ha commesso un altro grave errore: il no comment sulla possibilità che l’idea di un prelievo forzoso sui correnti potesse essere utilizzato per altri possibili futuri bail-out. Un prodromo della famigerata intervista di ieri. A meno di sue dimissioni, Dijsselbloem, insomma, ce ne farà vedere ancora delle belle.

Peraltro, con un pizzico di cattiveria, potremmo osservare che in patria il ministro non attua con particolare solerzia i principi che ha promulgato: lui stesso, proprio per evitare un terremoto nel sempre più fragile comparto finanziario olandese, ha deciso la nazionalizzazione della SNS-Bank, a colpi di 4 miliardi di euro a spese del contribuente.  

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