Se gli avessero detto che sarebbe finita così, senza uno scranno in Parlamento e con percentuali da prefisso telefonico, lui, sicuro di sé fin dalla giovane età, avrebbe risposto alla sua maniera: «Vedo molto entusiasmo intorno a me». A quasi un mese dal risultato elettorale, Antonio Ingroia, leader di Rivoluzione civile ed ex procuratore aggiunto di Palermo, è isolato. L’operazione elettorale che avrebbe dovuto far fare il salto di livello al magistrato di origini palermitane, non ha funzionato. Il presenzialismo televisivo, le interviste a radio e giornali, lo scontro aperto con il Pd e con tutto il centrosinistra non hanno “bucato” le case degli italiani. D’altronde le percentuali parlano chiaro: alla Camera il cartello elettorale Rivoluzione civile, all’interno del quale sono confluiti Rifondazione comunista, Partito dei comunisti italiani, Verdi e Italia dei valori, ha ottenuto il 2,25 per cento, all’incirca 800 mila voti.
«Siamo l’unica alternativa a Monti e Berlusconi», tuonava in campagna elettorale «l’allievo di Borsellino» (come si autodefinisce). In fondo lui, “U cumunista immuruteddu”(in siciliano immurutu significa curvo), c’aveva creduto. Aveva alzato i toni contro tutto e tutti, convinto che Rivoluzione Civile potesse risultare decisiva nella sconfitta del centrosinistra. Con i democratici che gli hanno proposto un “patto di desistenza” in alcune regioni decisive per la partita del Senato, dove la compagine ingroiana avrebbe dovuto fare il botto, come Sicilia e Campania. E lui, Ingroia, a far saltare il tavolo, e a sussurrare tutto il retroscena della trattativa con i democratici agli organi di stampa.
È stato questo in campagna elettorale, Antonio Ingroia. Oggi quelli che sono stati i suoi alleati riconoscono gli errori della campagna elettorale. Da quartier generale di Antonio Di Pietro dicono che «ci possono essere stati degli errori dovuti al suo carattere un po’ schivo. Ma in realtà il punto è un altro: l’operazione elettorale è stata fatta troppo a ridosso delle elezioni politiche». Del resto Antonio Ingroia ha deciso di mollare l’incarico Onu in Guatemala a poco meno di due mesi dalla tornata elettorale. Una decisione che è stata mal digerita da gran parte della magistratura, e che di certo non ha giovato in chiave risultato elettorale. Ma gli errori sono stati anche altri: «La base dell’Italia dei valori e gran parte della dirigenza avevano fatto pressioni per le primarie. E altra cosa che ha influito negativamente: ci siamo troppo concentrati sui concetti della giustizia, sembrando un soggetto politico monotematico».
In realtà, come spiega il leader di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, «secondo me sono stati commessi due errori: siamo troppo altalenanti nei confronti del Pd, e poi sono scomparsi dalla nostra agenda i temi sociali, che avremmo dovuto porre al centro per conquistare l’elettorato di sinistra». Converge sulle stesse posizioni il leader dei Verdi Angelo Bonelli: «Non ci sono soltanto i temi della giustizia. Nella fase in cui siamo, una crisi economica drammatica sta attraversando l’intera Europa, bisognava indicare soluzioni concrete». Oltretutto, continua Bonelli, «siamo in una fase post-ideologica, e io avevo consigliato di dare una connotazione più civica, piuttosto che una connotazione di sinistra».
Ma adesso cosa ne sarà di “Rivoluzione Civile”? E, sopratutto, – si domandano nei corridoi del Palazzo – cosa ne sarà di Antonio Ingroia? Dallo staff dell’ex procuratore aggiunto di Palermo, non si sbilanciano, e spiegano che «in questi giorni ci stiamo riunendo per far ripartire la macchina». Ma il progetto politico, nato circa due mesi fa, inizia a perdere pezzi. L’Idv di Antonio Di Pietro ha affermato recentemente che «l’esperienza di Rivoluzione Civile non può essere ripetibile». D’altronde, in una recentissima conferenza stampa Antonio Di Pietro, dopo aver ringraziato Antonio Ingroia, ha fissato il congresso straordinario di Idv per il prossimo 28, 29 e 30 giugno. Un congresso «straordinario», fanno sapere da ambienti vicini all’ex pm di Milano, durante il quale si eleggerà il segretario politico e si fisseranno i punti dal quale ripartire con l’Idv. Per quanto riguarda i Verdi, l’obiettivo della compagine guidata da Antonio Bonelli sarà quello di costituire «una forza ecologista di modello europeo». Paolo Ferrero afferma invece che «nella misura in cui i Verdi, Di Pietro e altri se ne sono andati, non si può più usare quella sigla».
A questo punto Antonio Ingroia è in grosse difficoltà. È rimasto isolato anche se, racconta il giornalista Massimo Bordin, «a me la cosa che più intriga è un’altra: lui sostiene che Rivoluzione civile è agli inizi anche se continuerà a fare il magistrato. Questa è la cosa più grave». Di certo anche se dovesse tornare a fare il magistrato – al momento è in aspettativa – «sarà piazzato in un tribunale siciliano a fare il magistrato della giudicante con un ruolo mediaticamente marginale». Ma prima dovrà risolvere alcune grane con il Csm.
In un’intervista del marzo del 2012 aveva rivolto parole pesanti nei confronti del presidente della quinta sezione penale della Cassazione. Il ministro della Giustizia Paola Severino aveva chiesto al procuratore generale della Cassazione «di estendere l’azione disciplinare», accusando l’ex procuratore aggiunto di aver «leso l’immagine della magistratura». Eppure, nonostante l’isolamento e le difficoltà di questi giorni, in tanti sostengono che l’incubo di Ingroia non è l’azione disciplinare da parte del Csm, ma l’elezione di Pietro Grasso a presidente del Senato…
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