Un Paese spaccato. Diviso in tre parti, uguali ed equidistanti l’una dall’altra. A dispetto della più volte annunciata terza Repubblica, il dibattito politico resta ancorato alla contrapposizione berlusconismo-antiberlusconismo. Un muro contro muro a cui si è recentemente aggiunto il fronte grillino dell’antipolitica.
Mentre l’Italia assiste allo scontro – impotente spettatrice della fase di stallo – qualcuno immagina ancora la necessità di un’intesa. Dalle auspicate convergenze sul nome del prossimo presidente della Repubblica, alle ipotesi di un governo di larghe intese.
In realtà il Paese sembra irrimediabilmente e radicalmente diviso. Lo hanno dimostrato le recenti elezioni. Un risultato che ha ripartito gli italiani in parti uguali tra Pdl, Pd e MoVimento Cinque Stelle. Ma lo dimostra, ancora più palesemente, la cronaca politica di queste ore. Domani si apriranno le consultazioni al Quirinale. Al presidente Giorgio Napolitano il difficile compito di indicare un percorso per dare vita al prossimo governo. Pochi giorni dopo le due principali fazioni scenderanno in piazza. Una di fronte all’altra. Sabato sono attesi in Piazza del Popolo a Roma i berlusconiani. Una manifestazione «contro l’oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria». A dispetto del triplice obiettivo, è chiara la volontà di difendere il leader dal presunto attacco delle toghe. Una protesta contro i magistrati che processano il Cavaliere con il fine, ipotetico, di «sovvertire l’esito del voto».
Nelle stesse ore a Piazza Ss Apostoli scenderà in campo l’antiberlusconismo. Una manifestazione organizzata in contemporanea in numerose altre città italiane dalla rivista Micromega. In piazza oltre 200mila firme raccolte nelle ultime settimane per chiedere l’applicazione della legge 361 del 1957. Ossia l’ineleggibilità in Parlamento di Silvio Berlusconi, in quanto beneficiario di una concessione statale.
Di questo fronte fa parte anche il centrosinistra italiano. A partire dal Partito democratico. Il segretario Pier Luigi Bersani – in cerca di una maggioranza per dar vita al suo governo – considera inaccettabile ogni dialogo con il Pdl. Nessun accordo con il partito di Berlusconi, soprattutto sul nuovo esecutivo. Per rendere chiaro il concetto Bersani sta già studiando i primi provvedimenti del suo governo. Una norma contro il conflitto di interessi e una legge più severa sull’incandidabilità in Parlamento.
Divisioni insormontabili. Sicuramente legittime, forse anche giustificate. Ma contrarie all’urgenza con cui il nostro Paese cerca di uscire dallo stallo. Intanto la politica prosegue il suo cammino, uno scambio d’accuse dopo l’altro. Dalla manifestazione dei parlamentari pidiellini al Palazzo di Giustizia di Milano, agli attacchi al Pd, colpevole di voler occupare tutti gli incarichi istituzionali sul piatto. Un muro contro muro dagli esiti potenzialmente disastrosi. E mentre il Cavaliere promette di scatenare battaglia in piazza se al Quirinale salirà un uomo di sinistra, il Pdl è pronto a boicottare il nuovo governo. «Il M5S uscirà dall’Aula del Senato al momento di votare la fiducia a un governo Bersani? – ha annunciato poco fa il berlusconiano Gaetano Quagliariello – Il Pdl farà lo stesso. E in questo modo faremo mancare il numero legale».