L’Italia chiederà presto aiuto all’Europa?

Troppa incertezza politica

BRUXELLES – Chiedere aiuto o non chiedere aiuto: questo è il problema per l’Italia. Mentre il Consiglio europeo cerca di trovare un compromesso, sempre più complicato e aleatorio, fra austerity e crescita economica, aumenta la preoccupazione della Banca centrale europea che Roma possa chiedere un aiuto a breve. Pesa la mancanza di un governo, ma soprattutto la pesantezza della recessione, che potrebbe acuirsi se aumentasse la pressione sul mercato obbligazionario. E più di un funzionario europeo, quasi sottovoce, è convinto che Roma dovrebbe agire in fretta.

Sarà forse l’Italia la prima nazione a chiedere l’aiuto alle Outright monetary transaction (Omt), il programma di acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario? La Bce, lo ha ricordato più volte Mario Draghi, è pronta. L’eventuale richiesta di sostegno delle Omt è però lunga e piena di condizionalità. In primis la domanda deve arrivare da un governo. Che sia tecnico o che sia eletto, basta che sia un governo. Nel caso dell’Italia questo non è (ancora) uno scenario reale.

E poi, come spiega un funzionario della Commissione europea, il funzionamento delle Omt è ignoto a chiunque. «È vero – dice il funzionario – che la Bce ha studiato al meglio come creare un meccanismo, nei limiti del proprio mandato, capace di agire ad ampio spettro, ma nessuno sa che cosa succederà nella mente degli investitori». Il muro anti-spread potrebbe anche essere meno efficace di quanto immaginato. I due fondi europei di stabilizzazione finanziaria, European financial stability facility (Efsf) ed European stability mechanism (Esm), hanno struttura simili e funzionano. Ma le Omt? Le tecnicalità di questo strumento – sterilizzazione, trattamento dei creditori, copertura e condizionalità – sono ancora tutte sulla carta.

La richiesta di sostegno della Bce è subordinata a un memorandum of understanding. In altre parole, un accordo programmatico. All’interno di questo memorandum ci saranno le linee guida per l’Italia da rispettare. Lo schema utilizzato è quello delle Enhanced conditions credit line (Eccl), che disciplina un programma di sostegno precauzionale basato su quello dettato dal Fondo monetario internazionale (Fmi) per l’erogazione di linee di credito preventive, il Precautionary credit line (Pcl). Secondo le Eccl, il Paese che chiede un aiuto deve essere sottoposto a un controllo trimestrale a cura di Commissione europea, Bce e Fmi. In altre parole, la troika.

Come facile immaginare, la richiesta di aiuto alla Bce contiene diversi trabocchetti. Il più cruciale di questi è contenuto nelle Eccl. Queste linee di credito sono costruite per «Paesi con sani fondamentali ma diverse vulnerabilità». E sono ben diverse dalle Precautionary conditioned credit line (Pccl), le linee di credito del fondo Efsf (e poi riprese dallo Esm) costruite per Paesi con fondamentali robusti e un grande potenziale economico. A differenza di quest’ultime, le Eccl sono costruite per poter introdurre nuove condizioni anche dopo la firma del memorandum. Tradotto, significa che chi chiede l’aiuto delle Omt, accetta anche che ci possano essere dei cambi in corsa nelle richieste. Tutto dipende dalle revisioni trimestrali della troika e dalla capacità del singolo Paese di rispettare gli impegni sottoscritti.

«E poi c’è un altro fatto: l’Italia è la terza economia continentale e uno dei sei membri fondatori dell’Ue. Se chiedesse aiuto, la crisi tornerebbe a essere fortissima». Così uno degli sherpa di Mark Rutte, premier olandese. Secondo lui l’Italia è capace di uscire da sola dalla crisi e non serve una richiesta alla Bce nel breve termine. Tuttavia, se mancasse un governo per diversi mesi «il discorso cambierebbe, e forse qualche altra nazione avrà attivato le Omt prima di Roma».

Lo scenario che ha di fronte l’Italia rimane carico d’incertezza. Ed è proprio questa incertezza che preoccupa Bruxelles. Come fanno notare diversi funzionari europei, soprattutto francesi e tedeschi, il timore più grande è quello di un ritorno alle urne. «Gli italiani hanno deciso e il loro voto deve essere rispettato. Altre elezioni avrebbero un effetto devastante sulla fiducia che l’Italia possa uscire dalla crisi», dice un funzionario tedesco. E non è un caso che il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schäuble abbia detto che è fiducioso che l’Italia sia in grado di darsi un governo. Più passa il tempo, più cresce l’idea che Roma sarà incapace di ultimare il suo percorso di riforme strutturali.

C’è una corrente che vorrebbe una richiesta quanto prima da parte dell’Italia. Per esempio, un diplomatico finlandese non usa mezzi termini: «Se Roma non riesce a risolvere da sola i propri problemi, allora che chieda una mano». Un discorso che però non è recepito positivamente dagli sherpa italiani, che escludono a priori che l’Italia alzi bandiera bianca. «Non ci sono giustificazioni per accedere alle Omt, i nostri fondamentali sono solidi e gli spread sono bassi», dice un diplomatico italiano. Forse, tuttavia, è un quadro destinato a restare così ancora per poco.

Il Crédit Agricole ha calcolato dove potrebbe arrivare il differenziale di rendimento fra i Btp decennali italiani e i Bund tedeschi di pari entità nei prossimi mesi, in base alle soluzioni politiche. Lo scenario migliore potrebbe essere una grande coalizione fra Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi, che porterebbe lo spread a quota 300 punti. Nel caso poi questo governo continuasse sulla via delle riforme, lo spread scenderebbe fino a quota 200 punti base. In caso contrario, il livello di 450 potrebbe essere raggiunto velocemente. Una grande coalizione fra Bersani e Berlusconi, tuttavia, è data al 30 per cento. Minore, 25%, la probabilità di un governo guidato da Bersani e il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Sono invece analoghe le possibili effetti sul differenziale Btp/Bund. Lo scenario più probabile, 45% secondo il Crédit Agricole, è il ritorno alle urne. Se così fosse sono due le opzioni: o uno scenario greco (in positivo) in cui Bersani vince e ha una maggioranza in grado di rendere governabile il Paese o un’altro voto inconcludente. In quest’ultimo caso, lo spread potrebbe salire rapidamente a quota 500 punti base.

La preoccupazione maggiore è proprio quest’ultima. Un funzionario della Commissione è tranchant: «Questo studio è molto preciso e accurato, sicuramente lo sviluppo più probabile è quello di un ritorno al voto, seguito da un esito nuovamente incerto. Colpa della vostra legge elettorale che non vi consente un Senato governabile». Ecco perché, fin dal giorno dopo il voto, si è tornato a parlare di richiesta di sostegno alla Bce. Meglio prima che dopo?

[email protected]

Twitter: @FGoria 

X