L’Ue: “Non possiamo promettere solo lacrime e sangue”

L’autocritica dopo il risultato choc delle elezioni italiane

«La gente non ha capito, bisogna migliorare la comunicazione». Un funzionario comunitario sintetizza così la lettura dello choc elettorale italiano. Con quasi un 60% di italiani che hanno votato per forze politiche ostili all’austerity e alle riforme strutturali, la conclusione è quasi ovvia e scontata. A due giorni dalla pubblicazione dei risultati finali, a Bruxelles comincia a filtrare chiaramente l’analisi di quanto accaduto e le possibili ricette per affrontarlo. Scremati i moniti contro il “populismo” lanciati a caldo dal presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, a Bruxelles si è consci che tra le cause di questo voto c’è il modo in cui gli italiani hanno interpretato l’ultimo anno. Un anno di sacrifici che non hanno portato crescita e soprattutto sono stati visti come imposti dall’Europa (e dalla Germania).

Inutilmente Mario Monti aveva sottolineato che le riforme ci vogliono perché servono all’Italia e «non perché ce lo chiede Bruxelles». La “lezione” italiana è che se si continua così rischia davvero di esserci un “contagio” in altre grandi democrazie, mandando all’aria gli sforzi faticosamente condotti in tanti Paesi, soprattutto dell’eurozona, abbandonando la linea del consolidamento che Barroso ancora in questi giorni ha ribadito come indispensabile. «Bisogna che la gente capisca che la stabilità è la base della crescita e dell’occupazione, invece finora purtroppo il messaggio non è arrivato», ci dicono ancora fonti Ue. Altrimenti, alla fine, salta tutto. «L’insofferenza dei cittadini alla lunga è molto più pericolosa dell’impazienza dei mercati», avverte anche Guntram Wolff, economista ex Bundesbank e vicedirettore del think-tank Bruegel, uno dei più rinomati a Bruxelles.

Di questo hanno parlato ieri Mario Monti e Barroso, chiusi per due ore al Palazzo Berlaymont, sede della Commissione. L’ansia di migliorare la “comunicazione”, spiegano, «è stato il filo rosso» del colloquio. «Bisogna far capire che l’austerity non è fine a se stessa, e che l’Europa non vuol dire solo austerity», dicono ancora le fonti Ue. L’occhio è puntato al vertice Ue del 14 e 15 marzo, Monti era in questi giorni a Bruxelles per spingere affinché il messaggio a favore della crescita, della solidarietà, come “ricompensa” per i sacrifici emerga forte e chiaro. Si parla di «forte dimensione sociale» e di «meccanismi di solidarietà».

Della cosa Monti ha parlato con il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy. Anche con l’occhio rivolto all’Italia, in modo da rendere un po’ meno complicata l’agenda dell’eventuale governo, ammesso che riesca a formarsi. Non a caso proprio ieri il Consiglio Ue ha approvato la raccomandazione della Commissione sullo Youth Guarantee Scheme, il programma di garanzia per i giovani, forte di 6 miliardi di euro, per promuovere la formazione e l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. La prossima settimana la Commissione lancerà la Grande Coalizione per i lavori digitali, per cercare di coordinare l’offerta di posti di lavoro, stage e formazione nelle imprese del settore. Dal voto italiano, insomma – già preceduto da analoghi segnali in Grecia, Spagna, Portogallo – arriva paradossalmente un nuovo pungolo per Bruxelles per insistere molto di più sulla dimensione crescita dopo tre anni all’insegna del rigore e dell’austerity come unica parola d’ordine. Una cosa è certa, comunque: Bruxelles – e Berlino – osserveranno ora con attenzione quanto accade nelle prossime settimane in Italia. Se l’esito delle urne dovesse portare a un completo stop delle politiche di riforma e di risanamento, saranno dolori, a cominciare dai mercati.

Del resto, il voto italiano ha riattizzato la diatriba austerity contro crescita che divide le due principali economie dell’Eurozona, Francia e Germania. Certo, Parigi non avrà a Roma un forte governo a guida Bersani come alleato per la crescita “contro” il rigorismo tedesco, ma saprà far valere proprio il risultato italiano come monito. Lo si è visto con le dichiarazioni a caldo del ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici. «Quando l’unico messaggio che sembra arrivare dall’Europa è il richiamo all’austerità – ha avvertito – a un certo punto i cittadini non possono tollerarlo. Deve esserci una prospettiva diversa, quella della crescita».

Le istituzioni Ue, ha detto anche il presidente dell’europarlamento Martin Schulz, ascoltino l’appello espresso con questo voto: la gente è pronta a fare sacrifici, ma non a tutti i costi, i sacrifici devono portare ad un miglioramento delle loro condizioni di vita e di quelle dei loro figli». Da Berlino il cancelliere Angela Merkel ripete invece che «una sana politica di risparmio è il presupposto della crescita». Una discussione che, sulla scorta del terremoto italiano, è destinata ad approfondirsi. 

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