Dunque i fucilieri di marina Girone e Latorre torneranno in India. Il governo italiano fa un clamoroso dietrofront. Roma ha ottenuto “garanzie” dagli indiani – tra cui, secondo una fonte diplomatica, «l’istituzione di una corte speciale per il processo», come si discuteva da mesi. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata avrebbe così “forzato la mano” a Nuova Delhi, visto il ritardo nell’organizzazione della corte, che «opererebbe secondo principi di diritto internazionale» e non sarebbe soggetta alla volubilità che contraddistinguerebbe una corte locale (in India vige la common law – giurisprudenza basata su sentenze precedenti – con tutti i rischi che ciò può comportare).
Alla base del clamoroso cambio di linea ci sarebbero almeno due motivi. Uno. Roma non solo avrebbe rischiato la rappresaglia dell’arresto del proprio ambasciatore in India (Mancini) e della perquisizione della sede diplomatica, ma anche il ritiro dei visti degli imprenditori italiani attivi in loco. Un fatto clamoroso, la rottura di rapporti commerciali strategici con una delle economie emergenti del mondo, motivato dal venir meno della parola data da parte di una stato sovrano. Due. La constatazione che si era creato un impasse politico senza alcuna possibilità di sbocchi dal punto di vista legale. Il coinvolgimento del ministro della Giustizia, Paola Severino, nelle fasi più concitate della crisi è servito proprio per studiare il caso giuridico nei dettagli – da qui anche la riunione d’urgenza di Severino con il presidente Giorgio Napolitano, il ministro della Difesa Di Paola e Terzi al Quirinale lo scorso 15 marzo. Alla fine si è preferito negoziare un’uscita “utile”, vista l’impossibilità di un’uscita “onorevole”.
Nei corridoi della Farnesina e dei palazzi del potere romanopermane tuttala perplessità sulla strategia diplomatica scelta da Terzi. Se qualcosa di utile è stato portato a casa, ciò comunque è avvenuto al costo di una scelta politica molto dispendiosa, i cui effetti saranno chiari solo nei prossimi mesi, se non anni. Difficilmente, di fronte a situazioni simili, governi esteri potranno assegnare all’Italia la stessa fiducia prestata in quest’occasione. C’è anche il rischio che l’India possa pubblicizzare il ritorno dei marò come “vittoria diplomatica” che come immagine sconteremmo non solo all’interno dell’India stessa, ma anche in ambito internazionale.
E Terzi? Il suo profilo Twitter tace, a un incontro con i fucilieri oggi per condividere la posizione ha partecipato un sua vece il sottosegretario agli Esteri Steffan de Mistura. «Personalismo e approssimazione», se non vero dilettantismo è uno dei giudizi che abbiamo raccolto in ambito diplomatico nei confronti dell’operato di Terzi. Al di là del caso politico, che sarà una questione scottante per un prossimo governo, Terzi dovrà chiarire una serie di interrogativi (http://www.linkiesta.it/giulio-terzi-maro) che lo hanno convinto ad adottare la strategia degli ultimi giorni, con tutti gli effetti che ha comportato sulla credibilità del paese – oltre all’imbarazzante isolamento diplomatico nel quale Roma si è trovata fin da subito. Con questo ritorno, Terzi sembra aver scontentato sia gli italiani che lo hanno criticato fin dall’inizio, che quelli che credevano nella portata “nazionalista” dell’operazione. In serata, arriva anche a chiudere il cerchio, la dichiarazione soddisfatta del ministro della giustizia indiano: «Se i due soldati italiani ritornano per domani, il caso è chiuso…».