“Mi hanno messo il bavaglio, quindi scendo in politica”

Le new entry in Parlamento

«Mi raccomando, stai attento, perché io registro le telefonate». Augusto Minzolini, in arte «Minzo», ex retroscenista de La Stampa, ex direttore del Tg1, lo scorso 25 febbraio è stato eletto senatore nella circoscrizione ligure fra le file del Pdl. Non la manda a dire ai suoi detrattori: «C’è un’informazione ideologica». Lui, «Minzo», si è reso celebre per aver fatto un Tg1 «light». D’altronde, si domanda, «se il 50% degli italiani hanno in casa un cane e un gatto, perché non parlarne?». «Allora, possiamo iniziare?».

Sì, Minzolini. Ecco la prima domanda: da giornalista del palazzo a Senatore della Repubblica, passando per la direzione del Tg1. Il passo è breve?
A me piace il mio mestiere. Avendo fatto il retroscenista, adesso anche l’idea di entrare nella stanza dei bottoni, sempre che ci siano i bottoni, mi può intrigare.

Ma di cosa si occuperà in Parlamento?
Guarda, ci sono problemi che riguardano proprio la mia professione. Io ho iniziato questo mestiere 30 anni fa, e ti posso dire che c’è un’informazione ideologica. Uno dei motivi che mi ha spinto a fare questo passo è perché sono stato tirato fuori dal circuito mediatico, e mi hanno messo il bavaglio.

E quindi?
Ho deciso di fare la campagna elettorale. Ed è evidente che devo portare avanti tutte le tematiche del territorio che mi ha eletto.

Scusi, ma c’è il Porcellum, lei è stato nominato: non ci sono le preferenze.
A me in ogni caso mi hanno votato i cittadini liguri.

Ma li conosce i problemi della regione Liguria?
Devo dire che ho fatto seriamente la campagna elettorale. Ad esempio, le posso dire, che Genova è una città senza futuro, nel senso che è l’unico capoluogo di regione che non ha una sorta di tangenziale. E ciò si riversa sulle funzionalità del porto.

Ma è stato lei a scegliere il Pdl, o il Pdl a scegliere lei?
Mi è stata offerta questa opportunità dal Pdl. Tu devi partire da un presupposto: ti spostano dal ruolo che hai, ero il direttore del Tg1, per un accusa che si dimostra falsa dopo un anno e tre mesi.

Il giornalista è come un arbitro di calcio. A questo punto della sua carriera lei è «sceso in campo» con il Pdl, cioè per una squadra. Ma tornerà a fare il giornalista?
Assolutamente sì. Non dobbiamo far finta come il peggior lato di questo Paese che è ipocrita. Non è che se tu fai la scaletta di un Tg non fai politica. Ad esempio, se Mentana per un periodo ha dato molto spazio a Fini, secondo te quelle sono scelte politiche, o no? Eugenio Scalfari viene considerato il padre del giornalismo indipendente ma è stato anche parlamentare con i repubblicani. La stessa cosa vale per Antonio Polito, e per Michele Santoro. D’altronde, se non hai un modo di pensare, l’informazione diventa arida.

Durante la direzione al Tg1 lei è stato aspramente criticato per i suoi editoriali. Li rifarebbe?
Hanno criticato tanto i miei editoriali, ma quello era un modo per dividere il mio punto di vista dal telegiornale. Oltretutto se poi noi andiamo a rileggerli sono analiticamente difendibili sia nei modi che nei contenuti. Anche Gad Lerner nell’editoriale in cui si insediò mostrò coraggio e correttezza quando disse di essere un uomo di sinistra, precisando che avrebbe tentato ugualmente di dare le notizie.

Qualche giorno fa i parlamentari del Pdl hanno manifestato il proprio dissenso nei confronti dei pm di Milano. Lei c’era?
Certo. E c’ero per un motivo semplice: se essere ricoverati in un ospedale non basta ad avere un legittimo impedimento, allora c’è davvero l’impressione che ci sia una persecuzione, che ci sia qualcosa che non va.

(Augusto Minzolini, classe 1958, allievo di Guido Quaranta, e inventore del «minzolinismo», «forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte». Celebre per gli “editoriali” da direttorissimo del Tg1, nei quali difese Silvio Berlusconi, in un’intervista al Corriere della Sera disse a Fabrizio Roncone: «Guarda, ti do un consiglio: non scrivere che facevo un tiggì berlusconiano perché quello era, piuttosto, un tiggì minzoliano»)  

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