«Di fronte al caos del dopo-voto in Italia, tutti, a cominciare dalla Germania, si sono convinti che si deve rimuovere con urgenza qualsiasi nuovo focolaio di crisi». Sintetizza così un diplomatico di un importante Paese gli umori alla vigilia del vertice Ue che si apre oggi. Perché l’allarme sulla terza economia dell’eurozona ha avuto almeno un effetto: diffondere un senso di urgenza che invece si era andato quasi perso nella ingannevole bonaccia dei mercati degli ultimi mesi.
Soprattutto Berlino ha capito che a colpi di sola austerity si rischia brutto, come ha rivelato il risultato elettorale italiano. E questo spiega alcuni importanti mutamenti d’accento di quella che è ormai la grande potenza europea. Si può partire, volendo, dalla piccola Cipro, che di fatto, come ironizza un altro diplomatico, «trae profitto dal caos italiano». E già perché se fino a non molti giorni fa Berlino puntava i piedi sul salvataggio dell’isola, di fronte alla nuova emergenza italica, quasi improvvisamente, i tedeschi hanno sbloccato il dossier. Raccontano che sia stata fruttuosa una chiacchierata tra il neopresidente cipriota Nicos Anastasiades e il cancelliere tedesco Angela Merkel la scorsa settimana. Soprattutto, però, alla base di questa accelerazione è proprio l’idea che, appunto, si debba spegnere qualsiasi focolaio d’incendio in vista della possibile ben più grave emergenza italiana di fronte all’impasse politico.
Domani, venerdì, ci sarà un eurogruppo a livello di ministri delle Finanze dopo la fine del summit, per il via libera – si spera – agli aiuti a Nicosia, che dovrebbero però essere inferiori ai 15-17 miliardi di euro in un primo tempo stimati, giudicati insostenibili dal Fmi, per scendere tra i 10 e i 13 miliardi. Berlino ha ceduto su quasi tutto, a cominciare dall’idea lanciata dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble di coinvolgere nelle perdite i correntisti non garantiti dallo Stato, vale a dire gli stranieri, e cioè anzitutto i russi (la sola incertezza nella risposta in materia, un paio di settimane fa, del neopresidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem aveva provocato la fuga di 4 miliardi di euro in un giorno solo dalle banche dell’isola).
Cipro, lo dicevamo, trae «profitto» (detto in senso buono) dai guai italiani. Il punto è, questo lo ammettono dietro le quinte varie fonti, che a Berlino e a Bruxelles l’allarme Italia è rosso, molto più che per Cipro. Certo le dichiarazioni di Beppe Grillo sul referendum sull’euro, sul non rimborsare i debito e da ultimo, ieri all’Handelsblatt, che l’Italia sarebbe «di fatto già fuori dall’euro» non aiutano il quadro. Soprattutto Berlino e con essa l’Ue ha capito, purtroppo in ritardo, che l’insistenza ossessiva sull’austerity è alla radice del caos elettorale italiano, possibile prodromo di altri guai altrove.
È storia di questi giorni che la squadra dell’ormai premier uscente Mario Monti è riuscita a far passare l’idea di «investimenti produttivi» autorizzabili praticamente in deroga al Patto di stabilità e crescita. Un concetto inserito nella bozza di conclusioni del summit che è sopravvissuta alle perplessità e ai borbottii dei tedeschi. Berlino nei giorni scorsi aveva sollevato non pochi dubbi, temendo che l’idea di consentire deviazioni dagli obiettivi di deficit per i paesi «virtuosi» (e cioè già con un deficit sotto il 3% del pil) in nome di investimenti per rilanciare crescita e occupazione potesse costituire un «ammorbidimento» del Patto di stabilità.
Ieri, invece, si è appreso che Berlino ha messo da parte i dubbi e avallato anche nell’ultima bozza – inviata alle 27 delegazioni nel tardo pomeriggio di ieri – il riferimento agli «investimenti produttivi». Soprattutto, fonti governative tedesche di alto rango ieri hanno mostrato toni decisamente concilianti, parlando di un «consolidamento di bilancio favorevole alla crescita» e soprattutto spiegando che «abbiamo un Patto di stabilità intelligente, si tratterà di trovare una sua applicazione intelligente nei prossimi mesi». Quasi un viatico per l’idea caldeggiata da oltre un anno da Mario Monti, finora invano. Significativamente, ieri anche dall’entourage del presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy arrivavano toni quasi identici: «Sappiamo che le regole del Patto – dicevano – sono intelligenti, dovremo utilizzare in modo intelligente e pragmatico», non senza ricordare che il Patto «consente di tener conto di periodi prolungati di difficoltà economica».
L’Europa, verrebbe da dire ricorrendo ai sani proverbi di una volta, rischia di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati. Quanto questa improvvisa scoperta dell’urgenza di moderare l’austerity per far ripartire la crescita aiuterà a superare la palude italiana, è difficile saperlo. Una cosa è comunque probabile: all’Eurosummit (e cioè la riunione dei leader della zona euro) in programma per questa sera, non si parlerà della questione Cipro – demandata ai ministri delle Finanze domani – ma del caso Italia sì (anche se ufficialmente i servizi di Van Rompuy smentiscono), alla presenza di Mario Draghi. Anche perché, commentano molti diplomatici, il presidente Bce potrebbe trovarsi a spiegare cosa fare se dovesse scattare una vera emergenza sui titoli di Stato italiani in assenza di un governo. E cioè nell’impossibilità di un interlocutore per un memorandum d’intesa indispensabile per l’attivazione dello scudo anti-spread (Omt, Outright monetary Transactions) delineato dallo stesso Draghi.