BERLINO – La Corte Costituzionale tedesca ha respinto questa mattina una richiesta del partito di estrema destra Nationaldemokratische Partei Deutschlands (Npd) che chiedeva al tribunale di certificare la propria “lealtà alla Costituzione”. La mossa era un tentativo di neutralizzare il processo iniziato dal Bundesrat, il senato, di fronte allo stesso tribunale per chiedere la proibizione della formazione politica neonazista. Il processo quindi si farà, ma secondo gli esperti lo Stato rischia di perdere ancora una volta la partita.
La Corte con sede nella città di Karlsruhe ha stabilito nella sentenza di oggi che non rientra nelle sue competenze quella di certificare la “purezza costituzionale” di un partito, e ha aggiunto che l’iniziativa dell’Npd non deve in alcun modo essere tenuta in considerazione nel futuro processo che vede scontrarsi neonazisti e Bundesrat.
Esattamente dieci anni dopo il fallimento di un tentativo analogo del governo, una nuova iniziativa giudiziaria proverà a dimostrare che il partito rappresenta una vera minaccia contro la Legge Fondamentale. I governatori dei 16 Länder tedeschi che occupano gli scranni del Bundesrat, si sono messi d’accordo, indipendentemente dai loro colori politici, e hanno raccolto documenti definiti “esplosivi”. Lo scorso mese di dicembre hanno ufficialmente iniziato a percorrere la strada che porterà la principale formazione dell’estrema destra di fronte al tribunale.
La questione è tutt’altro che semplice: i legislatori sono divisi, il Governo di centro destra che fa capo a Angela Merkel è titubante. Nell’anno elettorale, il tema polarizza le opinioni. La proibizione di un partito è un tema delicato in una avanzata democrazia occidentale. Nonostante il paese in questione sia la Germania, e il partito manifesti nostalgia nei confronti del Reich di Adolf Hitler.
È stato un fatto di cronaca a rilanciare il dibattito. Il passato novembre 2011 la polizia tedesca seguiva da vicino due criminali considerati responsabili di una rapina in una banca, Quando raggiunse il loro nascondiglio, un camper vicino alla località di Eisenach, entrambi erano morti. Uwe Mundlos aveva sparato in testa al suo socio Uwe Böhnhardt, prima di suicidarsi. A circa 200 km di distanza, nella località di Zwickau, la casa dei due criminali veniva fatta esplodere da una terza complice, Beate Zschäpe, la quale non trovò il coraggio di suicidarsi e più tardi si consegnò alla polizia.
I tre formavano parte di una cellula terrorista di estrema destra, Nationalistischer Untergrund, clandestinità nazionalista (NSU). La pistola Ceska 83, rinvenuta nel camper del gruppo ha offerto la chiave per la soluzione a una serie di omicidi irrisolti e mai collegati, perpetrati su tutto il territorio della Repubblica Federale: otto cittadini di origine turca, un greco e una poliziotta, morti sotto i proiettili tra il 2000 e 2006, senza che mai si trovasse chi aveva premuto il grilletto.
Da allora, quattro diverse commissioni di inchiesta hanno scandalizzato il paese nel portare alla luce dettagli ogni volta più agghiaccianti e imbarazzanti per il Governo del paese. La cellula aveva potuto agire indisturbata per dieci anni grazie alla corruzione e complicità di vari membri del Servizio di Protezione della Costituzione, il Verfassungschutz (BfV), l’intelligence interna. Quattro alti funzionari del BfV si sono dimessi, incluso il capo del servizio Heinz Fromm. La cancelliera è stata costretta a scusarsi di fronte ai famigliari delle vittime e nel Bundestag.
Dall’inchiesta sono emersi anche i collegamenti con il partito NPD. Il nodo chiave è che i servizi segreti tedeschi si servono di informatori infiltrati nella scena dell’estrema destra per monitorarne i movimenti. Sono i cosiddetti “V-Leute”, e hanno l’incarico di osservare tanto le manifestazioni legali dell’Npd, come il sottobosco estremista violento. Due mondi, secondo quanto emerso, in comunicazione continua.
Non sempre questi informatori sono persone fidate e per bene. L’inchiesta ha portato alla luce per esempio, che un V-Leute aveva collaborato con la cellula Nsu procurando armi. Allo stesso tempo è emerso che la stessa Beate Zschäpe era stata avvicinata dai servizi segreti per lavorare come spia infiltrata. Altri agenti corrotti hanno distrutto faldoni di documenti decisivi riguardo alla cellula il giorno stesso dell’arresto di quest’ultima. E si potrebbe continuare…
Parallelamente si è saputo che i tre membri della cellula frequentavano la manifestazioni dell’Npd, come quella di ieri, e conoscevano i leader della formazione politica tanto a livello federale come quelli eletti nei parlamenti locali di stati federati come Meclemburgo Ponerania-Anteriore e Sassonia Anhalt. Sono state tracciate anche donazioni di denaro, quantità significative, passate direttamente dal braccio armato al partito legale.
Bernd Wagner, un ex poliziotto che si è occupato a lungo di estrema destra e ha pubblicato vari libri sul tema, assicura in un’intervista con Linkiesta, che la proibizione del Npd è necessaria proprio per questo: non esiste una separazione netta tra le attività legali del partito e quelle illegali e violente dei suoi militanti che si muovono nella clandestinità.
«L’NPD cerca di presentarsi all’esterno come qualcosa di separato dalle forze illegali ed estraneo alla violenza. Però non è vero. Ci sono contatti molto stretti con questi gruppi. C’è tutto un elenco di leader dei movimenti violenti che fanno politica dalla piattaforma dell’Npd, e che addirittura si siedono tra i dirigenti a livello federale. Essi mantengono una duplicità: politica e militante», secondo quanto denuncia Wagner, che è anche co-fondatore dell’iniziativa Exit-Deutschland che offre assistenza agli ex neonazisti che vogliono uscire dalla loro affiliazione.
Nel suo programma elettorale consultabile sulla pagina web, l’NPD include ideali razzisti, xenofobi, antisemiti e sovversivi. Sotto lo slogan “Lavoro. Famiglia. Patria.”, l’agenda approvata nel 2010 annovera tutta una serie di proposte per escludere gli stranieri dal sistema previdenziale tedesco, così come la separazione tra tedeschi e immigrati nelle scuole. Il partito si dichiara antieuropeista, difende l’autonomia economica e chiede la reintroduzione di una moneta tedesca, oltre a tutta una serie di proposte ultra nazionaliste.
Ma niente di tutto ciò può essere usato per far dichiarare la formazione come anticostituzionale. I criteri per arrivare alla proibizione di un partito in Germania sono volutamente molto esigenti, stando a quanto spiega il politologo Oskar Niedermeyer: «Non è sufficiente che il partito in questione abbia un programma antidemocratico, Perché questo viene coperto dalla libertà di opinione. E non è nemmeno sufficiente dimostrare che i membri del partito si esprimano in modo antidemocratico nei loro discorsi: anche questo è permesso. L’unica cosa che conta per il Tribunale Costituzionale è che la formazione lavori attivamente alla sovversione del sistema democratico, e questo è molto difficile da dimostrare».
Fino ad ora, i documenti raccolti dai Länder contro l’Npd rimangono segreti. Si vuole evitare che il partito inquini le prove prima di arrivare al processo. Però tra gli esperti regna lo scetticismo: «È molto difficile provare che i dieci attentati della cellula terrorista Nsu sono stati incaricati dall’Npd. Questo non sarà mai dimostrato. Ma nemmeno si riuscirà a dimostrare che membri attivi del partito sono stati corresponsabili degli omicidi», assicura Gero Neugebauer professore di Scienze Politiche alla Freie Universität, che aggiunge che questo processo parte male per la mancanza di una posizione comune tra Senato, Parlamento e governo.
Di fatto, il governo conservatore ha preso da subito le distanze dall’iniziativa. Il ministro degli interni, il socialcristiano bavarese Hans-Peter Friedrich, ha detto in dichiarazioni recenti che «l’Npd è un partito che sta morendo da solo. Non abbiamo bisogno di un processo per proibirlo».
È vero. Nelle ultime elezioni regionali, celebrate lo scorso 20 di gennaio nel Land settentrionale della Bassa Sassonia, il partito ha raccolto solo lo 0,8% delle preferenze. A livello federale attualmente gode di un’intenzione di voto dell’1,8%. Sono cioè lontani i tardi anni ’90, tempi in cui raggiungeva il 4,8% a livello federale, appena sotto allo sbarramento per entrare nel Parlamento. Però la formazione mantiene deputati eletti in due parlamenti regionali e vari consigli comunali, ragione per cui riceve, così come gli altri partiti, i finanziamenti pubblici, denaro che proviene direttamente dalle tasche dei cittadini attraverso le tasse.
È precisamente quest’ultimo dettaglio che causa indignazione nel paese in cui la ferita dell’Olocausto e della seconda guerra mondiale (e di tutto il resto) rimane aperta. «È insopportabile che l’Npd possa diffondere il suo veleno fascista grazie al denaro dei contribuenti», commenta in un messaggio email il presidente del Consiglio Centrale degli ebrei in Germania Dieter Graumann, «la libertà di opinione non può essere usata come paravento per razzismo, antisemitismo e odio contro gli stranieri».
Un altro ostacolo enorme per la proibizione del partito continua ad essere il ruolo degli informatori infiltrati e pagati dallo Stato. Nel 2003, la Corte Costituzionale sottolineò la questione quando respinse la richiesta di proibire il partito. Il Tribunale disse allora che non si poteva escludere che i “V-Leute” avessero contribuito attivamente a formulare i programmi elettorali dell’Npd, o addirittura contribuito alla sua estremizzazione.
Molti inoltre denunciano che il problema del razzismo e la xenofobia in Germania, va ben oltre alla sola questione dell’Npd. Lo stato tedesco non può chiamarsene fuori: la complicità dei servizi segreti con i terroristi lo ha dimostrato. Ma nemmeno la popolazione può farlo: uno studio recente incaricato dal Governo ha denunciato che un tedesco su cinque è “antisemita latente”.
La questione dell’Npd è, secondo queste persone, marginale. «Ora sembra che tutti si siano concentrati nella proibizione del partito. Però non vanno dimenticate nè ignorate le condizioni che provocano nella società tendenze misantrope», secondo Bekir Alboga, rappresentante dell’Unione dei Turchi Musulmani in Germania (Ditib), una comunità che è stata vittima esplicita della violenza dell’Nsu, «l’estremismo non si trova in stanze senz’aria, ma è immerso nella società. Tutti membri della società si devono chiedere come fu possibile arrivare a una simile radicalizzazione dell’estremismo di destra, tale da produrre attacchi terroristi». Ed è esattamente questa la sfida del paese nell’anno elettorale marcato anche da due appuntamenti: la sentenza della Corte Costituzionale e il processo contro Beate Zschäpe e altri collaboratori dell’Nsu, che inizia a Monaco il prossimo aprile.