«Ora, di fronte al giudicato penale, è chiaramente il momento delle scuse. Ai cittadini che hanno subito danni ed anche a quelli che, avendo fiducia nell’istituzione-polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza». Sono queste le parole pronunciate da Antonio Manganelli, scomparso oggi, quando lo scorso luglio quando la Corte di Cassazione confermò la condanna di 25 persone per il blitz alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001.
Dopo la lettura della sentenza, il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri spiegò che per la parte che impone l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni di alti dirigenti come Franco Gratteri, capo della Direzione centrale anticrimine, Gilberto Caldarozzi, capo dello Servizio centrale operativo, Giovanni Luperi, capo del dipartimento analisi dell’Aisi, l’ex Sisde, tutti condannati. Sempre in quell’occasione, la Cancellieri raccontò che Manganelli aveva scritto una lettera alla madre di Federico Aldrovandi, il 18enne ferrarese morto nel 2005 a causa delle percosse di Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, poliziotti condannati in via definitiva a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo lo scorso 21 giugno.