Se la Germania non vuole dare soldi nemmeno ai tedeschi

Assia e Baviera spingono per tagliare i trasferimenti ai territori in deficit

La Germania è coinvolta in un dibattito etico fondamentale per l’anima nazionale del paese: il futuro della legge sui trasferimenti fiscali permanenti per aiutare le aree in difficoltà. Attenzione, però: non si tratta qui di “aiutare” Grecia o Spagna. Quel problema non viene praticamente neanche posto. Qui si tratta della Baviera e dell’Assia che stanno pensando di ridurre, se non di eliminare addirittura, gli aiuti economici prestati ogni anno ai Laender in deficit – e in particolare a Berlino.

Ciò dovrebbe essere indicativo di quanta disponibilità potranno mai avere i tedeschi a sborsare euro per Atene, Madrid e, se continua così, magari anche per Roma e Parigi. L’altro ieri Baviera e Assia hanno intrapreso un’azione presso la Corte Costituzionale di Karlsruhe per rivedere la legge. Si sarebbe potuto unire all’operazione anche l’altro grande “paese pagatore”, il Baden–Württemberg, ma lì comanda un governo SPD–verde che ha troppe poche affinità con i leader conservatori della compagine. Inoltre, la “grande accusata” è la rossa Berlino, e una lotta domestica per questioni di soldi metterebbe in imbarazzo partito ed elettori. Verso la capitale confluiscono aiuti annui per circa 1.000 euro a testa per abitante, succhiando attorno al 40% del totale dei trasferimenti fiscali tedeschi.

Il problema è che le incertezze economiche a livello locale hanno ridotto il numero dei Land in attivo fiscale. I virtuosi sono solo i tre citati. Altri Land nobili sono ormai decaduti: anche il Nord Reno–Vestfalia e – new entry del 2012 – Amburgo chiedono denaro. Per Amburgo, che è una città industriale assai benestante, questo cambio di schieramento da pagante a pagata sarebbe “grottesco”, secondo il premier bavarese Horst Seehofer (CSU). Da qui, il motivo ufficiale del ricorso a Karlsruhe è la «protezione delle minoranze» – in questo caso, delle minoranze ben abbienti.

Nel 2012 hanno cambiato tasca 7,9 miliardi di euro tramite i trasferimenti fiscali; la Baviera ha tirato fuori circa la metà dei fondi stanziati – peraltro neanche granché, se si considera che il residuo fiscale della Lombardia tocca quasi i quaranta miliardi. Sembra però che i bavaresi avranno poche speranze a Karlsruhe: i trasferimenti dipendono da una legge che rimarrà in vigore fino al 2019. Forse sarà quindi solo una mossa elettorale, ma per Seehofer la mancanza di vero sviluppo economico in posti come Berlino (a parte, ahinoi, l’immobiliare) trasformerebbe la solidarietà in mero sfruttamento – le parole esatte sono state «siamo solidali, mica scemi». Ancora bruciano le parole dell’edonista sindaco di Berlino Klaus Wowereit, quando dichiarò che «Berlino è povera, ma sexy» (anno 2003), parole che per conservatori e liberali e tutti quelli che pagano per Berlino (ivi compresi alcuni residenti benestanti) è valso come uno schiaffo.

Si vorrebbero introdurre idee come la possibilità di una maggiore competizione fiscale: se il surplus fiscale va verso i Laender, in deficit, è chiaro che si hanno pochi incentivi a diventare efficienti, o a rimanerlo. La Baviera stessa risente in alcune aree di problemi di sviluppo economico – come le zone rurali della Franconia, dove il reddito pro-capite non arriva neanche al 60% rispetto alla media bavarese.

Questa feroce discussione per nemmeno otto miliardi di euro fa pensare quale possa quindi essere l’atteggiamento tedesco verso i paesi europei in difficoltà. Si ritiene che distribuire soldi non aiuti le riforme – e un esponente del partito liberale tedesco ha anche dichiarato che interrompere il flusso di denaro potrebbe finalmente spingere Berlino a «riformarsi». Non ci si fida dei concittadini – per quante poche somiglianze possano esserci tra un bavarese e un berlinese. Sembra ancor più difficile che i tedeschi si potranno mai fidare di un italiano, uno spagnolo o un greco.

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