“Senza l’aiuto Ue salta la seconda banca di Cipro”

Le pressioni tedesche sul presidente Anastasiades

Bruxelles. Doveva essere una di quelle storie che finiscono in fondo a una pagina di giornale. Invece, grazie alle esose richieste della Germania, potrebbe diventare un problema serio per tutta l’eurozona, rischiando di far ripartire alla grande la crisi dell’euro. E già, perché quello che è successo nella notte tra venerdì e sabato a Bruxelles, nell’eurogruppo straordinario sul salvataggio di Cipro ha lasciato non pochi letteralmente di stucco, con l’accordo – è la cronaca di questi giorni –che impone ai correntisti un “contributo” di 5,8 miliardi di euro, con una pericolosissima violazione di un tabù, quella dell’assoluta tutela dei depositi bancari anche nei bailout degli Stati. 

Con il conseguente rischio di bank run, l’assalto alle banche non solo a Cipro, ma anche in altri paesi sotto aiuto. «Ci dicono – riferiva una fonte che segue da vicino il dossier Nicosia – che dalla Spagna ci siano segnali di possibili bank run nel timore che a questo punto si applichi lo stesso criterio anche per le banche iberiche». 

L’accordo sui 10 miliardi (contro i 17 precedentemente ipotizzati, ma giudicati eccessivi dal Fondo Monetario Internazionale) si era praticamente trovato, ci racconta una fonte presente al negoziato – già intorno alle 22 di venerdì sera – molto prima dunque, delle 3 del mattino di sabato dell’accordo finale. 

E dire che i ciprioti, sempre su pressing tedesco, avevano già dovuto ingoiare a fatica l’idea di un contributo dei titolari di depositi bancari, ma ancora contenuto (tra il 3% e il 7% a seconda delle dimensioni). Per Nicosia era già il massimo, e invece, a sorpresa, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, quando già si stavano preparando le penne per firmare l’accordo, ha sparigliato. Ad appoggiarlo la Finlandia (ancora più dura, se possibile) ma anche di altri “falchi” nordeuropei (in totale setto-otto paesi): senza un «contributo» sostanzioso dai depositi nelle banche cipriote Berlino non poteva dire di sì.

Il perché è noto: a settembre in Germania si vota, mentre si fa sempre più ossessivo il battage sui media locali sulla presenza di ricchi depositi di oligarchi russi nelle banche isolane (per un valore stimato di 12 miliardi di euro), cui si aggiunge il sospetto di operazioni di riciclaggio di denaro sporco. Schäuble chiedeva dunque che accanto ai 10 miliardi di euro messi a disposizione da Ue e Fmi, ne arrivassero altri 7 dai depositi ciprioti. Alla fine si è “riscesi” a 5,8 miliardi. 

A quanto si apprende, la prima reazione del neopresidente cipriota Nikos Anastasiades – rimasto dal summit Ue per partecipare alla discussione dei ministri delle Finanze – è stata quella di un no secco. A fargli cambiare idea sarebbe stato – secondo fonti presenti che sottolineano la furia dei cipriota – il negoziatore per conto della Bce, il tedesco Jörg Asmussen. 

Il messaggio di Asmussen sarebbe sostanzialmente questo: occhio che senza gli aiuti internazionali va a gambe all’aria Laiki Bank, il secondo istituto di credito del paese, e la Bce non potrà più fornire liquidità. E la banca se ne porterà dietro probabilmente anche molti altre. A quel punto, il presidente ha dovuto cedere.

«L’abbiamo visto parlare fitto fitto con Anastasiades», raccontano persone presenti all’incontro. «Ci siamo trovati di fronte a una decisione già presa. Siamo stati messi davanti a un fatto compiuto» ha denunciato poi il presidente di Nicosia, in un’intervista al quotidiano greco Kathimerini.

La Germania, ancora una volta, non ha colto la potenziale portata devastante del bagno di sangue imposto ai correntisti – nell’accordo di sabato il 9,9% per chi ha più di 100.000 euro in una banca cipriota, 6,75% per chi è al di sotto. Anzi, a caldo, la cancelliera Angela Merkel aveva esultato, «passo importante, così non pagano solo i contribuenti di altri stati, sarà più facile dire sì» nei parlamenti dei paesi creditori. Sono stati il crollo del borse di questa mattina e i commenti allarmati delle agenzie di rating a far capire la gravità dell’operazione che rompeva il famoso “tabù” sulla tutela dei correntisti.

«Quando la situazione si aggraverà in altri paesi in crisi (l’occhio è all’Italia, ndr) – ha avvertito Peter Bofinger, economista e uno dei consulenti del governo tedesco – i clienti delle banche si ricorderanno di Cipro e ritireranno i propri risparmi, aggravando la crisi». 

Stamane il portavoce della cancelliere Angela Merkel, Steffen Seibert, ha cercato di calmare le acque. «E’ un caso specifico – ha detto – e non ci sono dunque paralleli con altri paesi e nemmeno effetti su di essi». Ora bisgna vedere se i titolari di depositi in banche spagnole, italiane, portoghesi o greche ci crederanno.

«Ci verrebbe da tener chiuse tutte le nostre banche per una settimana e vedere che succede negli altri paesi in crisi, magari quelli capiscono,» sbottava una fonte cipriota di alto rango. L’unica cosa certa per ora è che il parlamento cipriota ha rinviato a domani il voto sul salvataggio, ed è già previsto il rinvio di almeno un giorno per la riapertura delle banche dopo la festività di oggi in occasione del Lunedì pulito, l’equivalente ortodosso del nostro Mercoledì delle ceneri. Mentre continua il negoziato per modificare le soglie del prelievo forzoso. E intanto, restiamo in attesa di vedere cosa succede anche dalle nostre parti. 

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