Si fa presto a dire elettrodomestici super efficienti dai consumi contenuti. In realtà, non sempre paga far affidamento sui modelli al top. Perché spesso il ciclo di vita del prodotto è inferiore al numero di anni necessari per recuperare il plus sborsato al momento dell’acquisto.
Risparmio abbinato ai tagli, è questo il mantra nazionale che si ripercuote anche nelle famiglie italiane. Il nuovo sistema europeo di etichettatura energetica permette ai consumatori di individuare le caratteristiche principali degli apparecchi domestici, consumi di energia in primis. Dal 30 novembre 2011, con il recepimento della direttiva 2010/30/Ue, sono obbligatorie in tutta Europa le nuove etichette per gli elettrodomestici. Si caratterizzano per l’introduzione di tre classi energetiche (A+, A++, A+++), che si sono aggiunte allo schema di classificazione tradizionale che arrivava fino ad A, in una scala da G (peggiore) ad A (migliore). Di fianco alle lettere una barra colorata suggerisce un’idea visiva dei consumi. Si va dal verde acceso per A+++, indice di un consumo minore, fino a una lunga barra rossa per il prodotto meno efficiente.
Le energy labels devono indicare il quantitativo di consumo energetico annuale, il livello di rumore, il numero di riferimento della normativa, e il nome o il marchio del produttore. Uguali in tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea – grazie alla sostituzione delle parole con i pittogrammi, ossia piccoli simboli grafici – si differenziano solo per le informazioni specifiche relative alle varie tipologie di elettrodomestici. Attualmente, inoltre, a seguito del decreto legislativo 104/2012, sono soggetti a nuova etichettatura tutti i prodotti connessi all’energia inclusi quelli che hanno un notevole impatto diretto o indiretto sul consumo di energia (ad esempio porte, materiali isolanti e così via). L’obbligo sussiste anche quando il possibile acquirente non possa prendere visione del prodotto personalmente, come nel caso delle vendite online o delle televendite.
Meglio un uovo oggi o un gallina domani? Scegliere un elettrodomestico con classe A+++ potrebbe non essere la scelta migliore in assoluto, almeno per il portafoglio. Da un punto di vista energetico un apparecchio in classe A + equivale a un consumo inferiore del 10% alla classe A, un A ++ del 20% e un A +++ del 30% per cento. A parità di utilizzo il consumo elettrico è quindi minore negli elettrodomestici di ultima generazione.
Tuttavia, la convenienza economica è in dubbio. Qualsiasi apparecchio in tripla classe A ha un prezzo maggiore ad esempio rispetto a uno in classe A+. Moltiplicando il costo unitario del kilowattora (per una famiglia tipo che ha la tariffa bioraria oscilla da 0,18 a 0,22 centesimi, in funzione della fascia oraria in cui avviene il prelievo) per il consumo medio annuo d’energia dichiarato dalla casa produttrice, si ha la spesa energetica annuale dovuta all’utilizzo dell’elettrodomestico. Confrontando il prodotto di classe A+++ con quello in classe A+, il risparmio per la componete energetica è limitato.
A questo bisogna aggiungere la variabile di vita utile dell’elettrodomestico, che varia in base alla tipologia di macchina presa in considerazione. Secondo i dati emersi da un’indagine condotta da Research International ed eBay.it, la durata media degli apparecchi a “vita lunga” (come forno a gas, lavatrice, aspirapolvere o videoregistratore e così via) è di 8 anni. Fermo restando un effettivo risparmio energetico con la classe A+++, il costo complessivo dell’elettrodomestico si ripaga soltanto nel lungo periodo. Se la sostituzione di un pezzo, magari costoso, costringe a comprarne uno nuovo prima di essere riusciti ad ammortizzare completamente la spesa del vecchio, il discorso cambia.
Questione di classe e non solo. L’ingegner Stefano Basso sottolinea che «gli elettrodomestici in classe A o superiore permettono effettivamente di risparmiare di più se si utilizzano abbinandoli alle fasce orarie in cui il costo dell’energia è più basso (dipende dal tipo di contratto ma normalmente prima delle 8 di mattina e dopo le 20 di sera, nel fine settimana o nei festivi) e seguendo determinati criteri». Concretamente, per fare degli esempi, nel caso della lavatrice a uso domestico, collegarla direttamente all’acqua calda, non ricorrere al mezzo carico sfruttando la massima capienza del cestello, lavare a basse temperature, evitare il pre-lavaggio e l’uso del programma di asciugatura particolarmente energivoro, infine, utilizzare dei prodotti anticalcare per evitare che i depositi di calcare compromettano il funzionamento della lavatrice. Per il frigorifero è bene posizionarlo a 10 centimetri dal muro e nella zona più fresca della stanza che lo ospita, lontano da forni o termosifoni, non mettere cibi caldi all’interno, evitare di riempirlo troppo addossando il cibo alle pareti, tenerlo aperto il meno possibile ed effettuare una manutenzione periodica. Piccole azioni dettate dal buon senso possono essere messe in pratica per tutti gli altri grandi e piccoli elettrodomestici.
Il benessere sembra essere sostenibile. Se da un lato l’Associazione italiana retailer elettrodomestici specializzati (Aires) evidenzia nel 2011 un decisa flessione nelle vendite (un calo dell’8,3%) rispetto all’anno precedente, dall’altro gli italiani preferiscono acquistare apparecchi a risparmio energetico. Secondo una recente indagine flash condotta dall’Aires, la maggior parte dei grandi elettrodomestici presenti in casa sono già di classe A o superiore. Inoltre oltre il 40% del campione dichiara che quando verrà il momento di sostituire gli elettrodomestici è orientato a scegliere tra quelli ancora più efficienti dal punto di vista dei consumi di energia. Albino Sonato, presidente Aires, sottolinea che «questa sensibilità cresce di giorno in giorno in giorno accelerata dalla crisi economica e da una nuova consapevolezza verso l’ambiente. Le etichette energetiche sono uno strumento importante ma sono ancora molte le idee sbagliate o le informazioni imprecise che circolano sui consumi effettivi delle dotazioni domestiche».