SIENA – C’era già stato il lancio di monetine a Giuseppe Mussari, ma fino a quel momento pareva che la storia si fosse ripetuta sotto forma di farsa, con quindici persone a dare di “ladro” all’ex presidente di Mps e Abi sotto il Palazzo di Giustizia. Ora però c’è un suicidio, la farsa diventa tragedia. Il “groviglio armonioso”, come da esatta definizione dello scrittore Stefano Bisi, ha perso tutta la sua armonia. David Rossi, capo della comunicazione di Mps, s’è gettato dal suo ufficio di Rocca Salimbeni, ha lasciato un biglietto alla moglie, ha detto “ho fatto una cavolata” e aperto un nuovo capitolo del romanzo senese.
Siena, il giorno dopo, è un campo di battaglia. Gli amici ricostruiscono le ansie degli ultimi mesi – era stato perquisito a febbraio, ma non era indagato – l’addio del padre Giorgio, morto qualche mese fa, le pressioni ricevute dai blogger senesi, spesso anonimi, spesso giacobini, che si sono autonominati fustigatori del sistema. I contradaioli della Lupa, cui Rossi apparteneva, sono sconvolti. «David era preoccupato per quello che stava accadendo alla Banca, dopo l’inizio dell’inchiesta non era più lo stesso, anche se all’apparenza non lo dava a vedere», dicono mentre listano a lutto la bandiera della Lupa sulla facciata dell’oratorio di San Rocco, la chiesa della contrada. Gli amici non se l’aspettavano un gesto così, anche se era preoccupato, sì.
Fra di loro c’è chi mette sotto accusa il “clima d’odio” dei blogger: da Fratello Illuminato a quello di Raffaele Ascheri, l’Eretico di Siena, autore di alcuni libri sulla “Casta di Siena”. E ne parla apertamente il presidente della Provincia di Siena Simone Bezzini, Pd, che dice: «Mi auguro anche che questa vicenda faccia riflettere seriamente sul clima di odio che è stato coltivato in questa città, anche attraverso il vergognoso utilizzo dell’anonimato».
Non che vada meglio con i blogger “riconoscibili”. Basta vedere cosa scrive Gad Lerner sul suo: «Quando si toglie la vita un uomo che, sia pure non di prima fila, apparteneva alla classe dirigente investita dal discredito, a me succede di provare, insieme al disagio e alla pietà, anche il bisogno di esprimere una domanda quasi indicibile: come mai così in pochi? Come mai il povero David Rossi, certo addentro ma solo da comprimario uomo di fiducia dei vertici del Monte dei Paschi di Siena, e non invece altri?».
Ascheri, che firma il suo blog con nome e cognome, dice di non aver cambiato idea, ma certo «a cinquant’anni – aggiunge – nessuno dovrebbe morire così».
Distrutto chi lo conosceva bene: «Ero amico di David Rossi. È una tragedia, una cosa drammatica, che lascia il segno», dice l’ex fantino Andrea Degortes, in arte Aceto. «Tutto sta cambiando velocemente. I senesi, però, hanno grande personalità e carattere: ci vorrà qualche anno, ma poi riusciranno a ricominciare e ad andare avanti». Rossi, ricorda l’ex sindaco Franco Ceccuzzi, Pd, aveva «un amore vero» per Siena, «coltivato nella riservatezza e nell’equilibrio che lo contraddistinguevano».
Il sindaco di Monteriggioni, Bruno Valentini, Pd, si augura «che tutti sappiano provare l’umana pietà che occorre davanti alla morte. È come se si fossero spalancate le porte dell’inferno. Quanto dovremo penare per ritrovare la retta via! Mi piacerebbe che pur ricercando e punendo le responsabilità, si mettesse da parte l’odio che sento e vedo circolare. Certo siamo stati il crocevia di intrighi più grandi di noi, dai quali potremo uscire solo con un grande sussulto di coscienza».
Siena è colpita al cuore: il suicidio di Rossi è un infarto che sorprende una comunità da mesi sotto torchio per il caso Mps, un gigantesco romanzo in cui finanza e politica si mischiano come nel frullatore, dove l’interdipendenza fra potere bancario e potere politico è così stretta che non capisci dove finisce il primo e dove inizia il secondo. Tutto si tiene a Siena, perché l’armonia sarà pure finita, scappata veloce come un cavallo del Palio, ma il groviglio resta, nell’assenza della dirigenza nazionale dei partiti, che da queste parti non si fanno più vedere, come se si fossero dimenticati – specie a sinistra – che Siena è la metafora della rendita di posizione dei partiti ora entrata in crisi.
A maggio si vota, il sistema politico, accanto a quello finanziario, è nel caos più totale. Il Pd si ritrova senza candidato (Ceccuzzi è stato costretto a ritirarsi dopo l’accusa di “concorso in dissipazione” nell’inchiesta sul crac del pastificio Amato), sta pensando a nuove primarie (ma alla fine potrebbe spuntare il nome “super partes”, magari della società civile) e il Movimento 5 Stelle incalza. Nel 2011 il candidato sindaco Michele Pinassi prese il 3,54 per cento (1.154 voti), mentre il suo Movimento prese il 2,73 (833 voti). Non un granché in effetti, ma già si vedeva in quei risultati un accenno di voto disgiunto fra liste e candidati sindaci. A questo giro però le cose potrebbero andare diversamente e Grillo potrebbe fare l’exploit.