Pressato dai processi, Silvio Berlusconi teme di fare la fine di Bettino Craxi. D’altronde, così accusano in tanti, il Cavaliere sarebbe vittima di un accanimento giudiziario simile a quello subito dal leader socialista. Era da almeno vent’anni che le cronache politiche non tornavano a occuparsi con tale frequenza del Palazzo di Giustizia milanese. Intanto si scopre che craxiano è anche Beppe Grillo. Almeno così dice Bersani. E craxiano è il leader democrat, stando al blog dell’ex comico genovese. L’ennesimo capitolo di uno stucchevole gioco delle parti che sta monopolizzando la fase post elettorale. Ma craxiane sono persino le monetine che qualche settimana fa sono piovute in testa all’ex presidente Mps Giuseppe Mussari.
Con buona pace dei suoi detrattori, il segretario socialista Bettino Craxi è tornato di grande attualità. Omaggio postumo o semplici coincidenze? Nel dubbio, a dodici anni dalla morte l’ex presidente del Consiglio sembra scandire le vicende politiche più attuali. Tra citazioni, tributi e dileggi. Paradossi della politica contemporanea: così moderna, eppure costretta a ricorrere alla continua metafora con una delle principali figure della prima Repubblica.
L’ultimo a chiamare in causa il leader socialista è stato Silvio Berlusconi. È proprio quando più forte si fa lo scontro con la magistratura milanese che il Cavaliere torna a citare il vecchio amico. Sabato pomeriggio, bloccato all’ospedale San Raffaele del capoluogo lombardo, vittima di una grave forme di congiuntivite che non è riuscita a bloccare l’ennesima udienza. «Vogliono farmi finire come Craxi», si sfoga l’ex premier. Certo, allora c’era lo scandalo Mani Pulite. Sotto le inchieste dei pm si sgretolava un intero sistema. Oggi si parla delle presunte prestazioni sessuali di Ruby. Eppure, come una nemesi, il paragone torna quasi automatico a Bettino.
E alla vicenda di Craxi – morto in esilio sulle coste tunisine – si aggrappano tanti politici. Non tutti fedelissimi del Cavaliere. «Non permetteremo che dopo Craxi si cancelli per via giudiziaria anche Berlusconi», tuonava pochi giorni fa il parlamentare pidiellino Lucio Barani. Medico toscano con un passato socialista, passeggiando nei corridoi di Montecitorio ostenta ancora il garofano rosso all’occhiello della giacca. Paragone ardito, certo. Che ha recentemente ricevuto il placet di Bobo: l’ex sottosegretario che di Bettino è il figlio. «L’eliminazione politica per via giudiziaria dei leader democratici, purtroppo, è una prerogativa italiana che non trova molti esempi nelle società occidentali» ha spiegato. Ricordando che pur in assenza delle stesse «ragioni da far valere», oggi con il Cavaliere si registra «un medesimo accanimento» toccato in sorte all’illustre predecessore.
Bettino Craxi, ancora lui. Per l’ennesima volta. Chissà se è una involontaria forma di riconoscimento. Un tributo inconsapevole all’attualità del suo pensiero. A colpi di craxismo si sono recentemente affrontati Grillo e Bersani. Quando la settimana scorsa il blogger genovese ha proposto un governo a cinque stelle, il segretario Pd ha ironizzato: «Chi arriva terzo fa il governo? Non mi ricordo una cosa del genere dai tempi di Craxi. Cerchiamo di rispettare gli elettori». Qualche giorno prima era stato Grillo ad attaccare l’avversario ricorrendo alla metafora craxiana. Parlando della vicenda Monte dei Paschi, il leader M5S aveva scritto sul suo blog: «Bersani non replica mai nel merito delle responsabilità sue e del Pd, ma le spara sempre più grosse: “Si vede la voglia di mandare in galera, come facevano i fascisti. Attenzione, che noi non ci impressioniamo”. Il M5S non manda in galera nessuno, questo compito appartiene ai giudici. Forse è a loro che Gargamella si sta rivolgendo. Craxi aveva più stile».
Del resto all’epopea craxiana Grillo è sempre stato, forse inconsapevolmente, legato. Non è necessario tornare a quella puntata di “Fantastico” del 1986. Quella satira sui socialisti in prima serata che costò al comico l’allontanamento dalla tv pubblica. È sufficiente ricordare lo slogan più apprezzato della sua recente campagna elettorale. «Arrendetevi, siete circondati». Così gridava Grillo ai partiti italiani, riempiendo le piazze del suo Tsunami tour. Chissà se il blogger genovese sapeva che uno slogan identico era stato stampato sulle magliette dei giovani militanti del Fronte della Gioventù, quando nel 1993 accerchiarono simbolicamente Palazzo Montecitorio. All’interno, quel giorno, i deputati stavano votando l’autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi.
Tributi spesso involontari. A un politico che, nel bene e nel male, ha segnato la sua epoca. Forse per questo quando a metà febbraio l’ex presidente Mps Giuseppe Mussari è stato accolto al Palazzo di Giustizia di Siena da un fitto lancio di monetine, il pensiero di tutti è andato all’Hotel Raphael. Quella pioggia di cento lire tirate a Bettino Craxi all’uscita dall’albergo vicino Piazza Navona, suo domicilio romano. Una scena entrata nei libri di storia – tra poco più di un mese ricorrerà il ventennale – ma ancora così attuale.