I mobili insieme ai rivestimenti per pavimenti e pareti sono fonte emissiva di sostanze tossiche che avvelenano l’aria indoor. Di contro, arredare in modo ecologico non è semplice, massima attenzione al luogo di provenienza dei materiali e alle sigle di certificazione.
Negli ambienti chiusi come case e uffici è presente una miscela di inquinanti. Mobili e suppellettili che arredano le stanze contribuiscono al pericoloso cocktail per via delle sostanze chimico-nocive assorbite durante la fase produttiva e rilasciate quotidianamente nel corso degli anni. Tutto torna. Mobili in legno truciolato, in compensato o in pannelli di fibre di legno assemblati con colle e adesivi, oppure soggetti a indurenti e lucidanti durante il processo produttivo, non sono innocui. Queste sostanze contengono componenti tossici, in particolar modo i Voc (composti organici volatili) quali la formaldeide, il toluene, il benzaldeide, il butanale, l’acetone, l’acetonitrile che negli anni tendono a volatilizzarsi nell’ambiente circostante.
Come spiega l’architetto Viviana Deruto dell’associazione Architettura&Geobiologia-Studi integrati, «tutte le finiture non naturali ma di origine sintetica rilasciano voc durante l’intero arco di vita. Tra un vecchio mobile in truciolato degli anni ’60/’70 e uno nuovo, meglio il vecchio perché con il passare dei decenni ha rilasciato buona parte degli inquinanti risultando meno pericoloso al presente». Ci sono però in commercio mobili realizzati con legno massello «senza utilizzo di colle aggressive e con finiture naturali, che non emettono sostanza nocive e rispondono alle esigenze di chi desidera un prodotto naturale».
I voc possono essere causa di svariati effetti che vanno dalla sensibilizzazione con conseguenti forme di allergia e irritazione di occhi, naso, gola, passando per mal di testa, nausea e stanchezza. Tra gli effetti cronici l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale) menziona i danni ai reni, al fegato, al sistema nervoso centrale e in casi estremi forme tumorali.
In Italia, sottolinea l’architetto Deruto, non c’è una normativa specifica per il controllo della qualità dell’aria negli ambienti chiusi, che è affidata solo al buon senso comune. «I materiali da costruzione e arredamento rappresentano circa il 50% degli agenti inquinanti presenti all’interno di un’abitazione. Inoltre, gran parte dei materiali di origine sintetica (ad esempio pitture, vernici, isolanti, impermeabilizzanti e così via) sono pellicolanti con conseguente diminuzione della corretta traspirazione delle pareti e formazione di zone di condensa» che diventano terreno ideale per muffe, acari della polvere e allergeni.
Non va meglio con i materiali impiegati per la costruzione e la rifinitura dei pavimenti, del soffitto e delle pareti. Quelli di legno compresso rivestiti di laminato possono essere causa di emissione di formaldeide soprattutto per le sostanze utilizzate per la finitura. Allo stesso modo i rivestimenti resilienti cioè costituiti da materiali flessibili principalmente a base di Pvc, gomma e linoleum mescolati necessariamente a plastificanti, pigmenti per la colorazione, lubrificanti, agenti ritardanti di fiamma, resine viniliche e adesivi per la messa in posa, sono fonti di emissione di voc.
Un mare magnum quello della cattiva qualità da interni in cui è difficile rimanere a galla. Marco Capellini architetto e designer sottolinea come nonostante siano piccole quantità comunque contribuiscono all’inquinamento indoor. «Negli ultimi anni, però, grazie a una regolamentazione ambientale sempre più restrittiva, molte di queste sostanze sono state messe al bando con conseguente riduzione del pericolo di inquinamento. Resta il fatto che ad oggi ci sono prodotti provenienti da alcuni Paesi extra Unione Europea sulla cui composizione si hanno poche informazioni». Secondo uno studio dell’Ispra, il rischio più che alla bassa concentrazione di inquinanti è legato all’esposizione nel tempo, non a caso la media delle ore di permanenza in ambiente chiuso raggiunge l’80-90% di quelle giornaliere.
Arredare in modo non nocivo per la salute è una strada possibile, anche se non proprio in discesa. I materiali edili e d’arredamento dovrebbero essere prevalentemente di origine naturale e non di sintesi chimica. «Senza emissione di sostanze nocive né in fase di produzione, né in fase di posa in opera, né in fase di smaltimento», specifica l’architetto Deruto, «e rientrare nel ciclo chiuso, che porta al riciclo delle materie prime impiegate o al loro smaltimento per non arrecare danno all’ambiente». Infine, ma solo in ordine di elenco, essere permeabili al vapore. Prosegue commentando che i materiali di origine naturale non emettono sostanze nocive, sono permeabili, piacevoli al tatto, all’olfatto, alla vista e, soprattutto, sono recuperabili anche da un punto di vista edilizio. «Durante le ristrutturazioni i pavimenti in legno o in graniglia, ad esempio, se ritrattati o lucidati tornano in ottime condizioni. Oppure il legno o il vetro dopo la demolizione possono rientrare nel ciclo produttivo in svariati modi».
Attenzione non è tutto green quello che viene spacciato per ecologico. Secondo Viviana Deruto, le finiture naturali per essere poco impattanti devono riportare la dicitura bio (prodotto con materiali naturali) e non eco. Quest’ultimo «è solamente un suffisso dato ai materiali che potrebbero avere anche un unico processo produttivo di origine ecologica, ad esempio avere dei filtri per l’aria a livello di produzione ma le componenti non sono bio. Il suffisso bio, invece, è garanzia di produzione con materiali naturali».
Cosa fare in concreto? Le sigle di certificazione non sono da sottovalutare. L’Associazione nazionale per l’architettura bioecologica (Anab), in collaborazione con l’Istituto di Certificazione Etica e Ambientale (Icea), ha ideato il certificato per il Mobile Bio-Ecologico, rilasciato dopo aver valutato l’intero ciclo di vita del prodotto. L’architetto Alessandro Vanotti dell’Istituto nazionale di bioarchitettura (Inbar) spiega che con la certificazione in questione «si acquista un mobile o un accessorio d’arredamento la cui produzione è controllata e certificata. Il materiale deve essere naturale e sostenibile ovvero di provenienza sicura e certificata. Per la trasformazione non devono essere utilizzate colle o sostanze tossiche (ad esempio con rilascio di formaldeide), e la ditta che effettua la trasformazione, deve a sua volta essere sostenibile e utilizzare metodi bio-compatibili».
Scegliere un arredamento esente da tossicità non sempre è solo questione di buona volontà. Marco Capellini sottolinea: «La cosa più importante è trasmettere al consumatore come scegliere il giusto prodotto e spiegare alle imprese come interagire con il consumatore. Sono molti i casi di aziende Made in Italy che sono andate e stanno andando in questa direzione. È un continuo miglioramento del prodotto dettato da una domanda di mercato sempre più attenta». Mentre l’architetto Deruto a coloro che vogliono affidarsi a un professionista del settore consiglia di rivolgersi agli elenchi di esperti in bioarchitettura e bioedilizia.