«Evidente incapacità del management di prevedere con sufficiente anticipo le necessità finanziarie della Società, e, in conseguenza, di governare l’azienda, comprendendone il posizionamento competitivo e il mercato di riferimento». Non le ha mandate a dire Giorgio Mercogliano, rappresentante di Equinox, fondo guidato da Salvatore Mancuso, azionista al 3,8% di Alitalia tramite il veicolo Equinocse. Dai verbali dell’assemblea del 22 febbraio scorso, che ha deliberato il prestito ponte da 150 milioni di euro, emergono critiche senza appello alla gestione di Andrea Ragnetti, dimessosi il 25 febbraio dopo appena un anno alla cloche della nuova Alitalia. Parole che tradiscono il contesto in cui è nata la decisione – da parte del presidente Colaninno, di Mancuso e del vicepresidente Elio Catania – di nominare amministratore delegato Gabriele Del Torchio, ex presidente e amministratore delegato di Ducati, che sarà cooptato nel cda di domani.
Oggetto degli strali di Equinox anche la gestione mediatica dell’incidente all’Atr 72 della compagnia romena Carpatair, che volava per conto di Alitalia, uscito di pista in fase di atterraggio il 2 febbraio scorso causando due feriti gravi. Secondo quanto si legge sui verbali, che Linkiesta ha potuto visionare, «anche in questa circostanza la reazione del management di Alitalia non ci è apparsa all’altezza della situazione. La sensazione è che Alitalia abbia subito un danno d’immagine che forse se non evitato avrebbe potuto essere almeno contenuto da una reazione più incisiva». Un contesto, denuncia il fondo lussemburghese, in cui i soci sono chiamati ad approvare un’operazione finanziaria da 150 milioni «senza […] una rappresentazione chiara sullo stato delle cose, ma soprattutto senza una rappresentazione della situazione nel breve e medio periodo, nemmeno per quanto attiene alla previsione dei fabbisogni finanziari nell’arco temporale dei prossimi 12 mesi». «Se questa è la situazione», osservano ancora i rappresentanti di Equinox, «sarebbe stata forse più logica la richiesta agli azionisti di un’operazione di aumento di capitale».
Impossibilità di calcolare i ritorni sul capitale investito e, da parte del management, di «ricorrere al credito bancario per il finanziamento dell’operatività aziendale», poca trasparenza nella rappresentazione dei rischi di liquidità e fiscali. Sono questi, in estrema sintesi, i nodi che i vertici della compagnia di bandiera non sono stati in grado di sciogliere. Guardando ai numeri, Alitalia ha chiuso il 2012 in perdita per 280 milioni di euro, ricavi per 3,5 miliardi (+3,3% sul 2011) e un margine netto in peggioramento a quota -119 milioni (-6 milioni nel 2011), a fronte di svalutazioni per 91 milioni sul valore della flotta. In salita, invece, il debito, a quota 1,028 miliardi rispetto agli 854 milioni di fine 2011, e casse in pericoloso prosciugamento, da 326 a 75 milioni di euro nell’arco di dodici mesi.
Del Torchio, in ogni caso, avrà ben poco tempo a disposizione per mettere in sesto la compagnia: lo scorso 12 gennaio è scaduto il lock up che teneva assieme i capitani coraggiosi riuniti nel 2008 da Berlusconi per preservare l’italianità della compagnia, mentre è ancora valido, fino al 28 ottobre prossimo, il diritto di prelazione degli altri soci sulle quote di cui ci si vuole liberare. Sfumato il matrimonio con gli arabi di Etihad, da qualche settimana si è palesato Richard Branson, patron di Virgin Atlantic che sembra stia cercando alleanze con Air France e Alitalia per una partnership allo scopo di rafforzare i voli in Asia e Medio Oriente. Sul tavolo, come anticipato da La Stampa, ci sarebbe inoltre un piano di fusione proprio con Air France, messo nero su bianco dai consulenti di Lazard.
Nello strano condominio che riunisce Intesa Sanpaolo, Francesco Bellavista Caltagirone, i Riva (Ilva di Taranto), Toto e Unipol post fusione con Fondiaria Sai, c’è anche chi, come i Benetton – terzo azionista via Atlantia – ha ottenuto l’innalzamento delle tariffe aeroportuali nello scalo di Fiumicino, sempre di proprietà della famiglia. Un conflitto d’interessi che avrà un impatto sui margini del vettore italiano. Secondo alcuni osservatori, il prestito ponte sarebbe finalizzato ad arrivare in relativa tranquillità al periodo estivo, quando il load factor degli aerei aumenta per via delle partenze per le ferie. Sempre a proposito di margini, un peso non indifferente lo sta avendo la decisione dell’Antitrust, lo scorso ottobre, di mettere la parola fine al monopolio di Alitalia negli slot dello scalo di Linate.
«La sensazione è che la rotta intrapresa sia sbagliata, e che, soprattutto, si navighi a vista e senza strumenti, in assenza di una lucida visione sul futuro della Compagnia e quindi dei processi di creazione di valore per gli azionisti della stessa», lamenta ancora Equinox. Ammesso che non sia già troppo tardi per fare ordine.