Romano Prodi, ovvero l’ultimo rifugio di Pier Luigi Bersani, l’unica mossa rimasta al segretario ormai sconfitto per riannodare i fili al vento del suo partito mezzo sbandato. Il Pd rinuncia così a un’elezione condivisa del presidente della Repubblica e rinuncia pure, evidentemente, a ogni ipotesi di larghe intese in un futuro governo. Non è detto che Prodi venga eletto al Quirinale, ma il fondatore dell’Ulivo adesso, al quarto scrutinio, ha parecchie chance di farcela con i voti compatti del Pd, di Sel e (è quasi certo) anche di Beppe Grillo. La scelta di Prodi è l’effetto della sconfitta di quella parte del gruppo dirigente che era rimasta attorno a Bersani e che, assieme al segretario, aveva difeso fino all’ultimo la candidatura di Franco Marini alla presidenza della Repubblica, ovvero l’idea di una candidatura ampia e sostenuta anche dal nemico di sempre Silvio Berlusconi.
La sconfitta durissima di Marini in aula, ieri, assieme agli attacchi piovuti da tutte le parti sul segretario hanno contribuito nella notte – e poi questa mattina – a modificare gli equilibri interni al periclitante gruppo dirigente del Pd. Anche gli uomini come Enrico Letta, che fino all’ultimo sono rimasti attorno a Bersani, tra ieri e oggi hanno visto scalfite le loro certezze. Il segretario, assieme alla sua strategia di elezione condivisa del capo dello stato, si sono trovati schiacciati in una tenaglia: a sinistra la contrarietà di Nichi Vendola e persino di una parte dei giovani turchi; al centro l’opposizione serratissima di Matteo Renzi e anche di metà del gruppo che fa riferimento a Mario Monti; a destra la rozzezza di una parte del Pdl. E infatti il partito di Berlusconi, che pure avrebbe avuto interesse a non veder mai sorgere la candidatura di Prodi, è sembrato in realtà lavorare per indebolire Bersani e la sua idea di una elezione condivisa. Mentre Marini veniva impallinato dai franchi tiratori del centrosinistra, ieri il capogruppo del Pdl Renato Brunetta attaccava con violenza il segretario Bersani e il Pd: «E’ un partito finito, dovrebbe sciogliersi». Parole e toni che hanno ulteriormente messo Bersani, circondato da ogni parte, in difficoltà. Al Partito democratico non è restata che la via più ovvia delle scelte per evitare una fragorosa esplosione: avvicinarsi al grillissimo, ma con un proprio candidato, cioè Romano Prodi.