Berlusconi sceglie Casini per spaccare il Pd sul Colle

Viaggio nei corridoi del Transatlantico dove si fa il nome dell’ex presidente della Camera

A tarda sera, in un Transatlantico praticamente deserto, un deputato pidiellino la butta lì: «È Berlusconi il vero vincitore della partita. Le carte sono ancora coperte e la sorpresa potrebbe presto arrivare». E la sorpresa non sarà certamente Pier Luigi Bersani. «Quella è stata una boutade del Cavaliere per sparigliare il Partito democratico».

Silvio Berlusconi fa sul serio. L’intervista rilasciata stamane al quotidiano La Repubblica poneva una clausola: «Nessuna contrarietà per un esponente Pd come Presidente della Repubblica a patto che si dia vita ad un governo di larghe intese». Ma è una condizione alla quale Pier Luigi Bersani continua a rispondere picche, anche perché il Cavaliere di Arcore punta ad un governissimo con un ministro della Giustizia del Pdl. «Una condizione irricevibile» tuonano dal Nazareno, la sede dei democratici.

Una condizione che potrebbe far saltare il tappo, e riaprire i giochi in vista della partita per il Quirinale. Perché è vero che l’Italia ha «bisogno di un governo subito perché ci sono troppe cose che si devono fare per uscire da questa crisi recessiva che sta diventando troppo grande» come ha ribadito l’inquilino di Palazzo Grazioli. «Avete visto tutte le aziende che chiudono e i licenziamenti?» ha spiegato sconfortato prima di entrare all’Hotel Palace di Bari, dove domani si terrà «una grande manifestazione dell’orgoglio» in Piazza Libertà.

Perché se è vero che la prossima settimana Berlusconi incontrerà un’altra volta il leader del centrosinistra Pier Luigi Bersani, si sottolinea come il segretario Pd continui a fare «l’irresponsabile, ci deve dire cosa vuole fare sul governo, non abbiamo ancora avuto una proposta». Tutto vero. Ma gli sherpa del Cavaliere lavorano anche in altre direzioni, e sono convinti di avere fra le mani «la carta vincente». Una carta della quale nessuna parla, semmai sussurra qualcuno nei divanetti del Transatlantico, «ma che sarà la mossa del cavallo che guasterà i piani di Bersani». La carta vincente, spiega un ex democristiano a Linkiesta, «si chiama Pierferdinando Casini. È lui l’uomo del Cavaliere». Il leader degli eredi della Balena Bianca «avrebbe il profilo giusto: moderato, ex presidente della Camera, uomo delle istituzioni. E si è pentito di aver caldeggiato il governo di Monti». Tutti requisiti che corrispondono al profilo ricercato a via dell’Umiltà.

Del resto domenica scorsa dalle colonne del Corriere della Sera l’ex presidente della Camera ha fatto mea culpa sul recente passato: «Non sono deluso da Monti, sono deluso da una scelta cui anche io ho concorso e che si è rivelata sbagliata. Io ne porto parte di responsabilità: non vado ad emendare gli altri, emendo me stesso». E poi la perla che ha fatto ricredere il Cavaliere su quel «giovanotto democristiano che mi tradì»: «Io non sono mai stato tenero con Berlusconi negli ultimi anni. Ma dobbiamo prendere atto che una fetta di italiani crede in lui». Un endorsement nei confronti dell’ex presidente del Consiglio che ha reso possibile l’apertura di un dialogo con una parte dei berlusconiani, quella più moderata.

E oggi si è rivisto a Montecitorio proprio Pierferdinando Casini. «Non lo vedevamo tempo» confidano alla buvette. Un po’ scuro in viso, ha preferito scansare i cronisti che lo incalzavano, ma ha trovato il tempo per incontrare Bersani, D’Alema, e poi alcuni esponenti del Pdl. «Ma non faceva le veci della delegazione montiana» sbotta un membro dell’Udc. Perché con l’ex preside della Bocconi «Pierferdinando ha rotto, ormai si vuole ricollocare a destra», spiega un deputato. Del resto da buon democristiano sa benissimo che il suo nome non è fra quelli che circolano sui giornali. Sa benissimo che «entrare Papa, ed uscire Cardinale» è nelle cose della storia per la corsa al Quirinale. E allora si muove nell’ombra, consapevole che potrebbe essere la volta buona.

E la candidatura di Casini sarebbe condivisa anche dai popolari del Pd, allo stato attuale insofferenti all’interno del partito di Largo del Nazareno. Beppe Fioroni, leader degli ex popolari del Pd, nei prossimi giorni riunirà il drappello di deputati e senatori, all’incirca una cinquantina, decisi che la partita del Colle sarà quella «dell’alfa o dell’omega per il Pd». Un modo come un altro per dire che proprio in occasione del match del Quirinale i popolari potrebbe trovare la sintesi su un altro nome. Del resto, mormorano, «se Barca prende in mano il partito, vira a sinistra, e Renzi diventerà il leader, noi che ci stiamo a fare nel Pd?» 

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