Con Bonino agli Esteri Frattini verso la Nato

Una radicale alla Farnesina

È una Farnesina molto particolare quella che il premier incaricato Enrico Letta ha deciso di affidare a Emma Bonino. Le due agende più importanti sul fronte internazionale – la crisi europea e i rapporti con Washington – sembrano competere ad altri uffici. Se la questione euro è rimessa ai dicasteri delle finanze e alla presidenza del Consiglio, per Washington lo stesso Enrico Letta può fare affidamento su una rete propria di contatti sviluppata a ogni livello con un accorto lavoro di frequentazione di gruppi d’interesse transatlantico.

Ma non meno urgenti sono le sfide che Emma Bonino dovrà affrontare in casa. Come “casa” intendiamo prima di tutto la Farnesina stessa. La gestione deficitaria del caso marò impone una riorganizzazione vigorosa degli aspetti tecnici e di competenze del ministero. In tema di riforme, ci sarebbe poi ancora da sciogliere il nodo della rete “ICE”, che fa capo allo Sviluppo Economico, ma un cui (da molti sospirato) scioglimento prevedrebbe un accorpamento con la rete diplomatica italiana. Da questo punto di vista, un vecchio compagno di partito sostiene che ci sono molte speranze di successo: «La Bonino è percepita da tutti come un tecnico, e ora è stata messa nelle condizioni di poter svolgere il lavoro che ha sempre sognato». Conta, quindi, l’esperienza internazionale che la politica radicale ha maturato in Europa e in varie organizzazioni internazionali.

Sul fronte politico, la maggior concentrazione sarà probabilmente verso il Medio Oriente. Emma Bonino ha svolto un periodo di studi al Cairo, maturando convinzioni molto forti e critiche sul ruolo della donna nel paesi islamici. Per quanto riguarda Israele e il processo di pace, dalla sede radicale di Roma un’esponente sostiene che «la Bonino è filo-israeliana e filo-sionista come molti radicali, ma il problema in questo caso è rappresentato dal premier Bibi Netanyahu, del Likud. Emma Bonino è più legata ai laburisti e al presidente Shimon Peres. C’è da sperare che la nuova apertura del governo di Gerusalemme al partito moderato di Yair Lapid ‘yesh atid’ possa offrire nuovi spunti di collaborazione». Al punto che – si sostiene – «potrebbe riaprirsi il discorso di un ingresso d’Israele nell’Ue, un’idea storica della Bonino, motivata anche dal fatto che se si ammette la Turchia, anche Israele dovrebbe essere accettato». Appoggerebbe Emma Bonino un intervento militare in Siria, se le circostanze lo richiedessero? Sempre da Roma, si sostiene che la Bonino sarebbe «gandhiana per le lotte politiche in Italia, ma militarista e realista all’estero» – e si ricorda qui il sostegno all’intervento militare in Kosovo.

Per Dennis Redmont, per venticinque anni direttore dell’Associated Press per l’Italia e il Mediterraneo (e finalista del premio Pulitzer nel 1978), l’agenda politica di Emma Bonino sarà «senza dubbio molto più robusta rispetto al passato». Alla componente realista si dovrebbe legare una spinta etica «dovuta anche al rinnovamento rappresentato dalla presenza di Emma Bonino insieme a un’altra donna, Laura Boldrini, come Presidente della Camera. Insieme lavoreranno non solo alla questione mediorientale, ma affronteranno per davvero l’emergenza dei rifugiati. L’acronimo della nuova politica sarà quello di “B&B”, Bonino e Boldrini». Peraltro, il governo Letta «godrà di maggiore appoggio da parte di Washington, perché rappresenta un cambio generazionale auspicato apertamente».

Si rincorrono poi le voci sulle manovre che avrebbero portato alla nomina. Emma Bonino è interpretata come figura tecnica dagli stessi compagni di partito, consci del naufragio ordinato da Achab Marco Pannella. Lo stesso Achab, secondo un radicale recentemente fuoriuscito dal partito, «è la ragione per la quale è stato impedito l’accesso di Emma Bonino al Quirinale: si aveva timore che la luce riflessa su Pannella gli avrebbe dato troppo rilievo». Da questo punto di vista, «la nomina di Emma Bonino avrebbe anche la funzione di compensazione per aver dovuto rinunciare alla Presidenza della Repubblica». Si parla poi anche di un accordo trasversale, che prevedrebbe il ritorno in pista di un ministro storico del Tardo Berlusconismo: Franco Frattini. Nella sua ottima strategia del silenzio, non ha mai rinunciato all’idea di una nomina come Segretario Generale della Nato. Assegnare gli Esteri a Emma Bonino implicherebbe un sostegno bipartisan alla candidatura di Frattini.

Se si riuscisse anche in questo, l’Italia si troverebbe con un bravo “tecnico” alla Farnesina a con un connazionale alla guida di un’organizzazione importantissima per i problemi contemporanei del quadrante eurasiatico. Unendo a questo la fiducia di cui Letta gode a Washington, potremmo finalmente avere un’Italia completamente rinnovata sul fronte estero – ed era ora.