Gli ultimi mesi sono stati drammatici. A novembre il movimento ribelle M23 aveva preso Goma senza che gli uomini della Monusco, la gigantesca missione di caschi blu impegnata da anni nel paese, potessero fare nulla. La recente storia in Kivu ha inquietanti tratti di ripetitività.
Il “giallo” della resa del generale ribelle Bosco Ntaganda si è svelato nelle scorse ore: la faida interna al movimento ribelle M23 gli sarebbe stata fatale. I fedeli del suo rivale Sultani Makenga erano pronti a eliminarlo. Lui “Terminator”, sarebbe stato terminato dai suoi colleghi di ribellione. Peraltro egli stesso aveva tradito solo 3 anni fa il generale Laurent Nkunda. La Storia si ripete in Kivu. A suon di ribellioni, miniere controllate da gruppi armati e civili nel mezzo di una guerra infinita.
Ma ora un nuovo inatteso capitolo, un vero coup de theatre nel complesso canovaccio delle vicende congolesi. Una risoluzione del consiglio di sicurezza dell’Onu ha creato una brigata di intervento di circa 2500 uomini ( tre battaglioni di fanteria, uno di artiglieria e uno di forze speciali, con missione estesa fino all’anno prossimo) che sarà di base a Goma, capitale del Nord Kivu e che ha come obbiettivo, fra gli altri, proprio l’M23.
La base operativa della brigata sarà a Goma e a disposizione vi saranno anche alcuni droni, velivoli senza pilota, che dovranno monitorare i porosi confini tra Congo Uganda e Rwanda. I velivoli senza pilota dovrebbero essere almeno 3, secondo fonti Onu, riferite alcuni mesi fa da Radio Okapi. La “ricetta” dei droni era in realtà accarezzata da anni, ma solo a gennaio scorso il Rwanda ha sciolto le sue riserve.
Tra i compiti monitorare l’embargo sulle armi, più volte violato secondo rapporti Onu dai paesi vicini, che alimenterebbero e rifornirebbero periodicamente i tanti gruppi ribelli. Stati Uniti e Francia sono tra i paesi che potrebbero fornire i droni stessi. Fin qui le dichiarazioni di intenti. Ora si attende la prova del “terreno”. Le postazioni di ciò che resta dei ribelli M23 sono vicine a Goma. Ma tanti altri gruppi armati ora anti governativi ora filo governativi presidiano e controllano ampie zone del Nord (e sud) Kivu. Date un’occhiata alla mappa redatta da Jeune Afrique per farvi un’idea.
Vi sono già dure prese di posizione da parte di numerose organizzazioni internazionali, come Fidh che esprimono perplessità e anzi temono escalation di violenza. Fino ad ora la Monusco poteva solo fornire supporto logistico a Fardc, lo sgangherato esercito congolese. Ora, col nuovo mandato, la brigata potrà agire da sola o insieme con i soldati congolesi. E in futuro è previsto l’addestramento di una brigata simile forata da congolesi. Ma con quali risultati pratici?
La Monusco, già Monuc, è presente in Repubblica Democratica del Congo dal 2000. È probabilmente la missione più corposa al mondo. Più di 19mila uomini in un territorio vastissimo e di difficile controllo. Fitte foreste, strade che sono poco più di mulattiere, basi avanzata in territori inaccessibili. Non è un teatro facile, per nulla. La forza di deferenza contro le violenze e le azioni dei gruppi armati funziona solo vicino alle basi dei caschi blu. Un villaggio che dista 5 km può essere attaccato senza che i caschi blu riescano a intervenire. Insomma non si può presidiare tutto il Kivu, km per km.
Difficile anche stabilire quali paesi invieranno i loro uomini per questa task force. Sud Africa, Tanzania e Malawi sarebbero, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, i pesi disponibili ad inviare soldati per la nuova brigata. L’utilizzo dei già presenti indiani o uruguaiani per esempio è stato probabilmente escluso per privilegiare militari africani, più avvezzi a quei territori.
Si opta quindi, almeno sulla carta, per azioni più offensive e risolutive. Ma dobbiamo ricordare che il territorio congolese offre mille nascondigli al “nemico”, che soldati ribelli e governativi si confondono assai spesso, che la popolazione spesso mal tollera la presenza sia delle milizie che dei governativi, accusati entrambi di violenze sulla popolazione. E che andare a caccia di “forze negative” come le definiscono i protocolli Monusco non sarà facile.
A meno di non procedere armi in pugno di villaggio in villaggio, e di capanna in capanna. E poi ancora di albero in albero, nel fitto della foresta. E sempre che i droni che volteggeranno sui cieli del Kivu saranno capaci di trovare quei ribelli che da anni e regolarmente passano impunemente tra Congo, Uganda Rwanda. Con armi e minerali preziosi.