«Vi presentiamo i dodici eletti per i quali probabilmente non avete votato», esordisce oggi, sardonicamente, il quotidiano Večernji List, commentando l’esito della giornata elettorale di ieri. I “dodici” sono gli eletti al Parlamento Europeo, i primi cittadini croati che siederanno nell’assemblea come deputati a tutti gli effetti.
Una domenica storica per Zagabria. Che però sarebbe potuta passare agli annali, soprattutto, per l’elevatissimo livello di astensione: solo il 20,67% degli aventi diritto ieri ha deciso infatti di recarsi alle urne. Una percentuale tra le più misere di sempre nella storia delle consultazioni popolari per l’Unione Europea (anche se c’è chi ha fatto peggio, come la Slovacchia nel 2004, quando ai seggi si presentò solo il 16% degli elettori); e che segna invece il minimo storico di partecipazione per l’elettorato croato.
Non è sicuramente il migliore dei biglietti da visita per la Croazia, che dal primo luglio diventerà il ventottesimo stato membro dell’Unione Europea. Già in occasione del referendum sull’integrazione, organizzato nel febbraio dello scorso anno, l’affluenza era stata molto bassa, attestandosi intorno al 44%. Aveva vinto il «sì», ma le cifre non erano state sicuramente plebiscitarie per Bruxelles.
Al contrario, la cittadinanza aveva denotato un certo scetticismo e il rischio di una diserzione di massa, nella giornata di ieri, era quindi molto alto. Il sentimento della maggior parte dell’opinione pubblica, in effetti, è stato di sostanziale disinteresse. I partiti politici hanno invitato i propri concittadini a votare, ma lo hanno fatto assai timidamente: di fatto, nei media croati pochissimo spazio è stato dedicato a queste votazioni, ai 336 candidati e ai loro programmi.
Disamore croato. Zagabria non è più attratta dall’Ue? Come interpretare un’astensione così alta, solo pochi mesi prima dell’ingresso in Europa? In primo luogo, occorre dire che difficilmente questo appuntamento era avvertito come importante dall’elettorato. Chi ieri ha vinto un seggio, infatti, lo terrà per poco tempo: solamente un anno, in modo da fornire al Paese una rappresentanza parlamentare temporanea fino alle prossime elezioni europee, previste in tutti gli stati membri per il 2014. Tra dodici mesi, quindi, gli elettori dovranno rendersi di nuovo alle urne per rieleggere i propri europarlamentari. In un certo senso, non sono certamente queste le elezioni che cambieranno il destino di Zagabria.
Ma il sostanziale disinteresse dei Croati di fronte a queste elezioni si spiega, anche, attraverso l’accresciuta frustrazione nei confronti della classe politica e della sua incapacità di trovare un rimedio alla crisi che attanaglia il Paese. Chi si è candidato non è stato visto come un rappresentante del popolo ma piuttosto come un avventuriero politico, pronto a fare le valigie per Bruxelles e a rimpinguare il proprio conto corrente: “ecco chi vuole 8.000 euro”, intitolava senza troppi mezzi termini il popolare portale di informazione 24sata per presentare i candidati, riferendosi con ciò allo stipendio di un europarlamentare (quello di un lavoratore medio in Croazia è poco più di 700 €).
Come a voler ribadire, una volta di più, che l’integrazione in Europa conviene soltanto ai politici che l’hanno votata. A migliorare l’immagine della classe politica non ha certo contribuito la decisione, presa dal premier Milanović, di non accorpare in un unico election day queste votazioni e le amministrative, che si terranno a breve (il 19 maggio). Eppure da mesi la Croazia è costretta a obbedire alle regole dell’austerità e, così facendo, si sarebbero contenuti i costi.
Inoltre, proprio il 21 marzo scorso il Parlamento croato ha votato una nuova legge sui rimborsi elettorali, al fine di garantire ai partiti entrate più consistenti dopo queste elezioni: «I rimborsi sono totalmente sproporzionati rispetto ai costi effettivamente sostenuti durante questa campagna elettorale», denunciava l’Ong croata Gong, che ha come scopo quello di migliorare la partecipazione politica della cittadinanza: «comunque vada, la politica trarrà comunque il proprio guadagno da queste consultazioni. A rimetterci, ancora una volta, saranno esclusivamente i cittadini».
Vincitori e vinti. Le elezioni, oltre a essere una novità assoluta per la Croazia, costituivano anche un banco di prova importante per il governo. La consultazione popolare di ieri, infatti, è la prima dopo quella che portò al potere, nell’autunno del 2011, la coalizione di centrosinistra Kukuriku, dominata dalla Sdp, i socialdemocratici di Milanović.
In quest’ottica, la maggioranza ha raccolto un risultato negativo, perdendo voti a favore della destra e della sua principale formazione, la Hdz che fu di Franjo Tudjman, e del giovane Partito Laburista, raggruppamento di estrema sinistra che già aveva fatto bene nelle politiche del 2011, e che ieri è riuscito nella piccola impresa di conquistare un seggio sui dodici disponibili. Milanović paga agli occhi dell’elettorato le scelte effettuate in campo economico, i tagli alla spesa pubblica e l’incapacità di trovare rimedio alla crisi, con un Paese per il quarto anno consecutivo in recessione e con la disoccupazione al 22%, il massimo valore da un decennio a questa parte.
Nella serata di ieri il volto della vittoria è stato invece quello di Ruža Tomašić, candidata più votata della coalizione di destra e presidente del partito Hrvatska Stranka Prava dr. Ante Starčević (Partito croato dei diritti dr. Ante Starčević , che prende il nome dal «padre della patria» croato). Nata nel 1958 in Bosnia Erzegovina, Tomašić è emigrata, ancora adolescente, in Canada.
Tomašić in questi anni è riuscita a diventare un simbolo per la destra croata. «Il Canada non è stato per me la terra promessa che in molti credono», ha ricordato qualche tempo fa in un’intervista concessa al quotidiano croato Nacional, «spesso passavo la domenica in Chiesa pregando perché qualche Croato mi invitasse per pranzo». Quando ha lavorato, Ruža lo ha fatto come poliziotta nell’unità anti-narcotici e come guardia del corpo personale di Tudjman, durante la guerra.
L’ultima volta che aveva fatto parlare di sé, qualche settimana fa, era per una dichiarazione che aveva fatto parecchio discutere («la Croazia è per i Croati. Gli altri sono ospiti»). Il successo di ieri, apparentemente, l’ha colta di sorpresa. Tanto che i giornalisti l’hanno dovuta rintracciare a casa sua, dove era tornata per festeggiare il compleanno del figlio: «rispetto alle elezioni», ha commentato, «mi sembrava un impegno molto più importante».