Enrico Letta non ha fatto in tempo a ottenere la fiducia in Senato, che immediatamente è partito per Berlino, accolto con gli onori militari da Angela Merkel al cancellierato, sotto il tipico cielo grigio della primavera tedesca. «Chiederò consulenza alla signora Merkel su come si guida una grande coalizione», con questo proposito, pronunciato con ironia circa mezz’ora dopo l’inizio della visita, Letta ha inaugurato i suoi rapporti bilaterali con la Germania. Maggiore integrazione europea e uno sforzo più deciso per stimolare la crescita sono i temi dell’agenda che porterà in giro per l’Europa nei prossimi giorni, con appuntamenti a Parigi, Bruxelles e Madrid.
Una fretta simile nel correre a Ciampino e salire sull’aereo di Stato per incontrare i premier europei ricorda molti il Mario Monti prima maniera, quando si trattava di tranquillizzare il prima possibile i politici stranieri e gli stranieri mercati sulla stabilità finanziaria dell’Italia. Monti nel 2011 ha dovuto garantire che, entro poche settimane sarebbero state intraprese tutte le misure necessarie per tappare le falle nei conti pubblici, con uno spread tra Btp e Bund tedeschi ancora in esplosione. Ma il nuovo primo ministro italiano ha tenuto subito a rimarcare le differenze con il suo predecessore Mario Monti: pur ringraziandolo formalmente per l’operato, ha ricordato che quello attuale «è un governo politico».
Ed è con tono pacato, quasi “da tedesco”, che Enrico Letta ha lasciato intendere che la relazione con Berlino deve cambiare. Ha dichiarato: «Se l’Europa è vista solo come quella dell’austerità e il risanamento, prolifereranno i movimenti politici contrari all’Europa». In questo senso, ha aggiunto, «il messaggio arrivato dall’elettorato Italiano, non può essere sottovalutato».
Questo non significa solo che l’Italia deve mantenere l’impegno per il rigore e il risanamento, ma anche che il nuovo governo “politico” pretende un cambiamento – e la minaccia ai tedeschi è: se non cercate di lavorare in questo senso, vi ritrovate i populisti in Parlamento. Il prezzo da pagare per la Germania per avere un governo stabile in Italia è la rinuncia al dogma assoluto dell’austerity. Si aggiunge a questo anche il particolare che Letta si recherà a stretto giro anche a Parigi, Bruxelles e Madrid: un esecutivo forte in Italia, prima tra le economie in crisi, ha la capacità potenziale di radunare una coalizione “anti-austerity” che darebbe non poco fastidio alla Germania.
Anche per questo, Letta ha speso più di una parola per ricordare che il suo governo è “fortemente europeista”, e l’Italia, quando avrà la presidenza di turno dell’Ue nel 2014, vuole fare in modo che siano raggiunti gli obiettivi di Unione economica, bancaria, fiscale e politica.
Internamente, il governo vuole usare tutta la forza politica che il Parlamento gli ha dato per lavorare in due direzioni, «ristabilire la fiducia nella politica e le istituzioni e dare fiducia agli italiani che hanno perso il lavoro e hanno visto aumentare le difficoltà soprattutto nel mondo dell’impresa». Tutto questo, secondo Letta si ricongiunge in un unico grande obiettivo europeo. La crisi che l’Europa sta vivendo non ha trovato soluzioni sufficienti «perché non c’è stata abbastanza Europa».
Merkel è poi passata ad attaccare la polemica sull’austerity, una parola che, a detta sua, fino a ora era sconosciuta anche in Germania, dove si preferiva piuttosto parlare di “rigore”. «Ci dobbiamo liberare di una cosa», ha detto il Cancelliere (o, come la chiamavano tutti i giornalisti in sala, “la cancelliera”), che per l’occasione sfoggiava una giacca rosa shocking, «finanze solide e crescita non sono in contraddizione». La Merkel ha poi ricordato che la situazione “pre-fiscal compact” era drammatica e che la convergenza sul consolidamento dei conti pubblici è stato il primo passo importante. Dal punto di vista di Berlino solo con rigore e stimoli alla crescita insieme, si può raggiungere maggiore competitività che è l’obiettivo ultimo.
In Europa sembra quindi che il viaggio di Enrico Letta sia iniziato con auspici assai diversi rispetto a quello di Mario Monti. L’ex premier fu costretto a un “apology tour” nello stile di Obama e Hillary Clinton tra Medio Oriente e Russia alla prima elezione. Il peregrinare di Monti era accompagnato da litanie da anno Mille su crisi finale dell’euro, salvataggi, disastri in corso, e sigle immemorizzabili tipo “ESM” e i due diabolici fratelli “EFSM” ed “EFSF”. Il nuovo esecutivo è un messaggio in sé: l’amministrazione di Monti è stata una soluzione costretta da soluzioni di emergenza, mentre Enrico Letta simboleggia il fatto che il sistema politico e di potere italiano ha raggiunto un accordo, ha espresso un governo funzionante, ed è in grado di negoziare. Con le elezioni tedesche che arrivano in settembre, c’è molto che si può chiedere ad Angela Merkel.
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