Sono le ore di Enrico Letta. Il vicesegretario del Pd avrà l’arduo compito di consegnare un governo al Capo dello Stato e al Paese, sciogliendo o meno la riserva. A Pisa “il nipote dello zio Gianni” l’hanno visto correre con i calzoni corti. Del resto Letta junior è pisano di nascita, ha vissuto ai piedi della Torre, e ha famiglia in quel di Pisa. Federico Gelli, neo parlamentare del Pd, ed ex vice presidente della Regione Toscana, conosce “Enrico” da diversi anni. «Siamo cresciuti insieme: stessa città, stessa formazione politica, e carriera parallela nella cosa pubblica». Poi Letta spicca il volo: «Fin da ragazzo ha sempre avuto una marcia in più rispetto a noi impegnati in politica e nel sociale».
On. Gelli, lei conosce Enrico Letta da moltissimi anni. Siete entrambi pisani, entrambi avete una formazione cattolica, ed entrambi militate nel partito democratico. Il suo compagno di viaggio ha appena ricevuto l’incarico di costituire un governo dal Capo dello Stato. Ci racconti chi è davvero Enrico Letta…
Enrico è una persona che ha dedicato tutta la sua vita alla politica. Fin da giovane si è impegnato nel movimento giovanile della Dc insieme ad altri amici comuni come Simone Guerrini, che è stato il responsabile nazionale dei giovani democristiani. Enrico subentrò nel ruolo di leader del movimento giovanile della Dc insieme a Lapo Pistelli, già candidato sindaco di Firenze, e anche lui oggi nel Pd. Ed entrambi, Enrico e Pistelli, ebbero un ruolo fondamentale nella costruzione del Ppi.
Ci dica quali sono i pregi e difetti dell’attuale vice segretario del Pd.
Enrico è un uomo che ha fiuto politico e grandi capacità di mediazione. Il suo principale difetto è che deve ancora dimostrare le sue capacità di tenuta in una sfida importante. Ad esempio, a differenza di Matteo Renzi che spopola su internet e sui social network, il sentimento della rete è molto negativo nei suoi confronti.
Da giovani prima di incrociarvi nei partiti di centro, ci sono stati altri incontri?
Ci conosciamo da ragazzini. Io sono leggermente più grande di Enrico, ma entrambi da ragazzini eravamo iscritti al Guc (Giovani universitari cattolici), ed avevamo un padre spirituale in comune, monsignore Antonio Bianchin, che poi divenne vescovo e qualche anno dopo assistente generale dell’azione cattolica. Poi io feci tutta la gavetta all’interno delle Acli, mentre Enrico oltre ad essere impegnato nelle Acli fece un passo in avanti entrando a far parte dei giovani della Democrazia Cristiana. Ma il nostro maestro resta il prof. Carlo Ciucci, docente al liceo classico Galileo Galilei di Pisa.
E adesso si accinge a diventare Presidente del Consiglio…
Diciamo che Enrico fin da ragazzo ha sempre avuto una marcia in più rispetto a noi impegnati in politica e nel sociale.
Quando fece il salto di qualità?
Di certo il suo impegno all’interno del centro Studi diretto da Beniamino Andreatta è stata il trampolino di lancio della sua carriera politica. È evidente che la sua fortuna sia legata all’amicizia e conoscenza profonda di Andreatta del quale Enrico mi ha sempre raccontato che “era una delle pochissime persone al quale Romano Prodi dava del lei”. Una grande figura che ha permesso ad Enrico di diventare uno dei più giovani Ministri della storia della Repubblica Italiana quando Andreatta si ammalò, e lui andò a ricoprire il ruolo di Ministro.
Torniamo alla carriera politica di entrambi. Dopo l’associazionismo cattolico, c’è il salto nel mondo della politica vera…
Ci incrociamo nel 2000. Io esco dalle Acli e mi candido per il Consiglio regionale della Toscana. In quell’occasione io ed Enrico abbiamo il primo elemento di frizione. Perché lui avrebbe preferito che mi candidassi con il Ppi, mentre io, animatore del centrosinistra e dei comitati referendari di Mario Segni, scelsi l’Asinello. Devo dire che un po’ si arrabbiò ma finì lì…
Poi cosa successe?
Nel giro di pochissimo tempo io e lui cominciammo a gettare le basi per la costruzione della Margherita in provincia di Pisa ed in Toscana. E lì abbiamo avuto la responsabilità di questo progetto politico al punto di scegliere di comune accordo il segretario provinciale della Margherita. E poco dopo insieme candidammo Andrea Pieroni alla Presidenza della provincia di Pisa.
Tra lei e Letta non ci furono altri scontri politici?
Sì, ad esempio in occasione del congresso del 2009 del Pd. Io scelsi Dario Franceschini, mentre lui Pier Luigi Bersani. Anche per le ultime primarie, io scelsi Matteo Renzi, mentre lui Pier Luigi Bersani.
In tanti descrivono Letta come una persona molta ambiziosa. Un suo concittadino pisano racconta che «Enrico fin da piccolo diceva che avrebbe voluto fare il Presidente del Consiglio». Adesso che è lì per varcare l’ingresso di Palazzo Chigi, non crede che potrà ostacolare il leader del futuro centrosinistra Matteo Renzi?
Non lo so. È chiaro che con questo risultato rafforzerà notevolmente il suo posizionamento. Se la domanda è se le due figure potranno convivere, la risposta è la seguente: Enrico è un uomo con grandi capacità di governo e mediazione. Mentre Matteo è un leader nazionale in grado di interpretare il consenso del popolo. In sostanza sono due figure complementari.
In questi giorni l’ha sentito?
Ci siamo messaggiati ieri l’altro.
Il contenuto?
Ci siamo scambiati opinioni sull’attualità politica.
Nient’altro?
No, le assicuro.