Nella sfida tra Enrico Letta e Giuliano Amato per la Presidenza del Consiglio spunta Corrado Passera. Il nome del ministro per lo Sviluppo Economico è circolato con insistenza in Transatlantico prima e dopo il giuramento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il motivo sta tutto nelle difficoltà di Popolo della Libertà e Partito Democratico di trovare una sintesi sul futuro esecutivo. Silvio Berlusconi chiede un governo politico, tra i democratici il dibattito resta aperto.
Nel Pd, ormai in crisi di identità, le posizioni sono tante. Forse troppe. C’è persino chi si spinge a chiedere le urne, come il giovane turco Matteo Orfini. Della posizione dei democratici si saprà di più dopo la direzione di martedì 23 aprile, ma il tempo stringe. Napolitano vuole conferire l’incarico al nuovo premier entro la settimana. A seguire la nomina dei ministri e al massimo entro lunedì il voto di fiducia del Parlamento.
La variante Passera è entrata nel toto-governo solo nelle ultime ore. Il nome del ministro circola in ambienti berlusconiani per un motivo molto semplice: al contrario di Amato – se a Palazzo Chigi finisse il dottor Sottile la Lega Nord è pronta a passare all’opposizione – l’ex amministratore delegato di Banca Intesa garantirebbe l’unità del centrodestra. Il primo nome gradito al Carroccio resta però Letta jr, il vicesegretario del Pd. L’indicazione andrebbe bene anche al Pdl, che al presidente Napolitano ha già chiesto un governo pienamente politico.
Eppure Letta deve confrontarsi con le difficoltà del Nazareno: nel Pd sono tante le voci autorevoli che vorrebbero il vicesegretario fuori dai giochi di governo. Contro Letta si è già espressa Rosy Bindi. Più in generale la linea dei democratici sembra orientata verso un esecutivo misto: tecnico-politico. Da questo punto di vista il nome forte è sempre quello di Amato, ex presidente del Consiglio nel 1992, area centrosinistra, ben visto all’estero, molto gradito soprattutto a Napolitano.
«Per ragioni svariate il mio nome viene fuori molte più volte di quanto venga fuori io», ha risposto l’ex Psi durante un convegno di Livorno a chi gli domandava novità sul suo possibile incarico di governo. Eppure il dottor Sottile, oltre a non essere gradito dalla Lega, non sembra entusiasmare troppo neppure il Popolo della Libertà di Berlusconi. Il Cavaliere – convinto di essere in forte vantaggio nei sondaggi – teme l’idea di sostenere un esecutivo impopolare. Il rischio è quello di smarrire i consensi guadagnati nelle ultime settimane.
E poi c’è Corrado Passera. Il ministro trova consensi tra Pdl, Pd, Lega e anche Scelta Civica. Lo stesso Napolitano, durante il discorso di stasera al Parlamento, ha pubblicamente apprezzato il lavoro del governo Monti. Eppure sul titolare dello Sviluppo potrebbe pesare l’indecisione di Berlusconi, con cui i rapporti si sono piuttosto raffreddati. Non è un caso, fanno notare i più attenti, che al termine dell’intervento del presidente della Repubblica, il Cavaliere abbia escluso nuovi esecutivi tecnici.
L’ultima parola spetta a Giorgio Napolitano, di fatto nuovo commissario dei partiti. Dopo il nome del prossimo presidente del Consiglio, restano da chiarire alcune incognite. Sulla squadra di governo non sembrano esserci troppi dubbi. Dato che il programma del nuovo esecutivo dovrà ricalcare il lavoro dei dieci saggi scelti dal Quirinale a fine marzo, perché non coinvolgere proprio loro?
In Parlamento girano i nomi del Pdl Gaetano Quagliariello, del centrista Mario Mauro, dell’ex deputato democrat Luciano Violante, del leghista e “saggio” Giancarlo Giorgetti. Molto dipenderà dal tasso di “politicità” del nuovo governo. Senza dimenticare che alcune poltrone dovrebbero essere conservate per alcuni ministri dell’attuale esecutivo (SI parla di Mario Monti alla Farnesina).
Più difficile fare ipotesi sulla durata del nuovo governo. Dato il lungo elenco di riforme indicate da Giorgio Napolitano, sembra impossibile raggiungere anche i primi risultati in tempi brevi. In Parlamento c’è chi spera di tornare alle urne entro il prossimo anno, magari in concomitanza con le Europee 2014. Più facile, a questo punto, che si arrivi al voto un anno più tardi, in contemporanea con le Regionali 2015. Dopo tutto le revisioni costituzionali che entreranno in agenda – dalla modifica del bicameralismo perfetto all’ormai probabile semipresidenzialismo – necessitano di almeno un biennio.