Italia e Cipro sono le maggiori cause di incertezza per l’eurozona. A confermarlo è il Fondo monetario internazionale che, nel consueto aggiornamento del World economic outlook (Weo), ha rivisto al ribasso le stime di crescita per l’economia mondiale. E il rischio maggiore per il continente europeo è la stagnazione. Se è vero che lo stress finanziario è diminuito in modo significativo, è altrettanto vero che c’è il crescente pericolo che si perda il momento per le riforme strutturali di cui ha bisogno l’area euro. Allo stesso tempo, ha sottolineato l’istituzione condotta da Christine Lagarde, l’Europa non può permettersi di non aiutare le piccole e medie imprese. Parole simili a quelle scandite con forza dalla Banca centrale europea negli ultimi mesi.
I rischi nel breve termine, dice il Fmi, sono quelli di sempre. È l’eurozona il principale anello debole. Fino a quando persisteranno squilibri macroeconomici all’interno della zona euro, spiega l’aggiornamento del Weo, non ci sarà stabilità nell’economia globale. La scarsa domanda di beni, il lento ribilanciamento dei conti pubblici in molti Paesi, fra cui Italia e Francia, e le tensioni in Grecia e Cipro possono quindi contagiare il resto del mondo. Va da sé che le prospettiva di crescita per l’economia globale sono state abbassate dello 0,2% per l’anno in corso, fino a toccare quota 3,3 per cento. Il Fmi conferma che l’eurozona sarà in moderata recessione nel 2013, registrando una flessione dello 0,3%, meno 0,2% rispetto alle stime di gennaio. La Germania si conferma il Paese più in vigore, con una crescita del Pil di 0,6 punti percentuali (+0,1% verso gennaio), mentre l’espansione della Francia è stata rivista al ribasso, da una crescita dello 0,3% a una contrazione dello 0,1 per cento. Peggiora la situazione dell’Italia: la recessione colpirà il Paese in maniera rilevante, facendo flettere il Pil di 1,5 punti percentuali nel 2013, meno 0,4% rispetto alle stime dello scorso gennaio. La maglia nera dei grandi Paesi europei spetta però alla Spagna, che si contrarrà di 1,6 punti percentuali.
Nonostante l’area euro rappresenti la più grande minaccia per l’economia globale, l’istituzione guidata dalla Lagarde ha specificato che i tail risk sono diminuti, mentre sono invece presenti upside risk, che prima non erano presenti. Persistono i rischi al ribasso, che sono la maggior parte, e continua a essere presente il timore che l’Europa entri un lungo periodo di stagnazione economica. Del resto, osservando i grafici del Fmi non si può non cogliere la differenza fra i Paesi periferici e il cuore. È questa forse la fotografia più allarmante dell’ultimo rapporto dell’istituzione della Lagarde: l’esistenza di un’eurozona a due velocità. Anche per questo bisogna agire in fretta per limitare gli squilibri e le diseguaglianze. A peggiorare la situazione ci ha pensato l’incertezza politica italiana e l’emergenza finanziaria di Cipro, che ha riportato in auge il rischio di convertibilità della moneta unica.
L’Europa non può perdere il momento per le riforme. È questo il principale monito del Fmi. Non bisogna dimenticare il consolidamento fiscale, che deve essere bilanciato con misure per la crescita economia. L’obiettivo dei leader europei nel breve termine dovrebbe essere quello di sostenere le piccole e medie imprese. Come ha ripetuto ieri il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, si sono interrotti diversi canali di liquidità fra banche e imprese. Sia Fmi sia Bce quindi ricordano che il percorso per uscire dalla peggiore crisi che l’eurozona ricordi passa attraverso le imprese. Senza investimenti il timore, lo spiega in modo implicito l’istituzione di Washington, è che la recessione dell’area euro possa peggiorare nel corso dell’anno.
La situazione dell’eurozona è grave e il contagio sta arrivando al cuore. Lo dicono i dati del Weo, ma lo ha detto soprattutto il capoeconomista del Fmi, Olivier Blanchard. «Ci sono abbastanza elementi per affermare con sicurezza che ci sono segnali di debolezza anche nel cuore dell’area euro», ha detto Blanchard. Un riferimento rivolto a Francia e Germania, che non sono immuni a una crisi che sta assumendo sempre più i contorni di un lungo dramma: quello della stagnazione economica. In altre parole, quello che ha vissuto il Giappone negli anni Novanta. Quello che ha preso il nome di decennio perduto.