Il libro di Totò Cuffaro in corsa per il premio Strega

Si intitola Il Candore delle Cornacchie. L'ex governatore lo ha scritto in carcere

La vita di un detenuto può offrire delle sorprese. Se poi il detenuto si chiama Totò Cuffaro, ex governatore della regione siciliana, e plenipotenziario degli eredi della Balena Bianca, la sorpresa è assicurata. Succede che “Vasa-Vasa”, detenuto dal febbraio del 2011 per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio, scrive un libro, Il Candore delle Cornacchie, con prefazione di Monsignor Rino Fisichella. Ed è un opera in lizza per il Premio Strega del 2013. Una candidatura che, certo, farà discutere ma mostra il mutamento e l’umanità di Totò Cuffaro.

Un libro che nasce nelle lunghe notti trascorse a Rebibbia. Quando i colleghi di cella chiudono gli occhi, e per Totò inizia il momento della riflessione e della scrittura. Come rivelato da Stefano Di Michele su il Foglio, «Totò scrive con un cilindro di cartone di un vecchio rotolo di carta igienica occulta e dirige la luce di una lampada perché non colpisca il sonno dei compagni di cella, sdraiato sulla branda, con lo sguardo che corre lungo quel sottile luminoso, scrive». Scrive con un matita, «la mia matita è sempre con me», «perché la biro, dopo un po’, in quella posizione smette di funzionare, la matita no». Un uomo, che ha vissuto nello sfarzo di Palazzo d’Orleans, e nell’amore dei suoi fedelissimi, che sono tanti, ma che ha commesso alcuni errori, e «per i tanti fatti meriterei di pagare». D’altronde, «come dice l’Alfieri nel Saul, sol chi non fa non fa uno sbaglio». Un uomo che ha rispettato la sentenza della magistratura e la rispetterà «fino all’ultimo giorno, perché qui mi faranno fare fino all’ultimo giorno».

Ma non è questo il punto. Nelle 416 pagine de Il Candore delle Cornacchie ci sono pochi accenni agli anni vissuti nel Palazzo siciliano, e al centro della politica italiana. Emerge, invece, un personaggio che vuol far conoscere il mondo delle carceri all’esterno, proprio perché sa che, essendo un “detenuto di lusso”, ci si renderà conto di cosa succede «lì dentro». «Mi lavo le mani venti volte al giorno».

«Una donna mi sta scrivendo una cartolina ogni giorno. La prima l’ho ricevuta qualche giorno dopo che sono entrato in carcere, mi scriveva: “Ti terrò compagnia ogni giorno con un pensiero, ti accompagnerò per tutti i giorni che starai in carcere”. Mi scrive e ricevo le sue cartoline da tutte le parti del mondo, ognuna reca con sé un pensiero sempre bellissimo, ne ho già collezionati 314, le sto conservando tutte. Non so chi sia, so soltanto il suo nome, Antonella».

E poi ci sono tutti gli amici della “politica” che si recano a Rebibbia per un saluto. «Oltre cento parlamentari sono venuti a farmi visita, deputati, senatori, parlamentari europei». Come Marco Follini, suo segretario ai tempi dell’Udc, che dal febbraio del 2011 non manca occasione per salutare e per chiacchierare con l’amico “Totò”.

“Mr centomila preferenze”, così lo chiamavano nell’isola, non potrà più votare: la nemesi per chi è stato da sempre una macchina da guerra elettorale. Ma, certamente, non si arrende: studia giurisprudenza dal carcere, «un modo per tenermi impegnato». E sogna la finale dello Strega. Dal carcere, da Rebibbia, e con Santino, «il compagno di cella che il primo giorno gli preparò la branda per fargli sapere che era il benvenuto».

@GiuseppeFalci
 

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