Tra Enrico Letta e Giuliano Amato. Tra i quarantenni della politica italiana e i saggi che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha nominato appena due settimana fa. Tra un governo «breve» nello stile di quello di Mario Monti – che potrebbe portare presto a elezioni – e un «governissimo» di larghe intese, con un premier del Pd e ministri anche del Pdl. È questo il bivio di fronte a cui si trova l’Italia dopo la rielezione del Capo dello Stato. È una matassa che non sarà facile sbrigliare nei prossimi giorni, ma su cui il centrodestra di Silvio Berlusconi e la Lega Nord dovranno iniziare presto a ragionare. E su cui diranno l’ultima parola, data la situazione di totale sbandamento nel Partito Democratico.
Se ne saprà di più questo lunedì, dopo che Napolitano avrà ottenuto l’incarico e metterà in agenda le nuove consultazioni. Berlusconi è apparso radioso in queste ore. In Transatlantico ha scherzato con i suoi. E si è messo a ridere quando qualcuno gli ha ricordato che sul web gira voce che sia stato «l’autore» della strage del Pd. Angelino Alfano, il segretario pidiellino, lo ha definito «uno statista», aggiungendo che secondo i sondaggi avrebbe guadagnato cinque punti in una settimana. Data la crisi dei democratici si tratta di una rilevazione credibile, sostengono a Montecitorio deputati di centrodestra e centrosinistra.
Il Cav vuole andare a elelzioni per scagliare il gancio finale contro gli avversari? Oppure terrà fede alle promesse di fare un governo con «un premier del Pd»? Per dirla come un deputato di Scelta Civica «pare evidente che l’elezione del presidente non lascia spazio alla possibilità di uno scioglimento delle camere, non si andrà a elezioni subito». Ma la possibilità che il gioco a incastri non trovi una soluzione a breve è alta. E il timore che Berlusconi voglia andare a elezioni e mangiarsi in un sol boccone un Partito Democratico allo sbando è molto forte.
Non è un caso che sia quello di Amato il nome che in queste ore circola con più insistenza a palazzo Grazioli e ai piani alti del Colle. Si tratta di una figura istituzionale, che potrebbe gestire l’emergenza delle riforme necessarie per conto di Napolitano. Ma sarebbe una riedizione «diversa» del governo Monti, provocherebbe diverse problematiche politiche, per questo motivo potrebbe durare molto poco. A palazzo Grazioli si mormora che al momento Berlusconi lo preferisca al giovane Letta, anche perché gli lascerebbe aperta l’ipotesi del voto entro un anno, o comunque in concomitanza con le europee del 2014.
Contro l’ipotesi Amato, però, rema la Lega Nord di Roberto Maroni. Il segretario leghista lo ha detto chiaro e tondo: «No ad un governo Amato. L’ho detto a Berlusconi e al presidente della Repubblica: la Lega vuole un governo politico, che duri per l’intera legislatura». Il Carroccio non vuole andare a elezioni anticipate, sta superando in questi giorni gli scontri interni delle scorse settimane dopo il raduno di Pontida e ha sofferto per la votazione per Napolitano.
«L’alternativa era a Rodotà e ricordo che è abbiamo schivato Prodi. Non siamo entusiasti anche perché Napolitano lo ricordiamo, ma andiamo avanti» spiega Gianni Fava, maroniano di ferro, respingendo le critiche che in queste ore piovono sulla Lega (soprattutto dalla base ndr) per aver votato un «comunista» al Colle. Il Carroccio quindi non ci sta. Preferirebbe, come già annunciato nelle scorse settimane, un governo di larghe intese, formato soprattutto da giovani, dove la Lega 2.0 potrebbe piazzare qualche suo uomo.
Qui il toto nomi è molto ampio. Giancarlo Giorgetti, uno dei saggi, sarebbe in pole position nel caso in cui Letta jr ottenesse l’incarico. Ma c’è pure Massimiliano Fedriga, esperto di diritto del lavoro. Poi ci sono i pidiellini. Alfano vorrebbe trovare spazio, così come Mara Carfagna o Maurizio Lupi. Poi ci sono pure gli esponenti di Scelta Civica di Mario Monti che premono per ottenere un incarico: i nomi sono quello di Pietro Ichino, Mario Mauro e anche Benedetto Della Vedova.
I nodi sul tappeto sono davvero difficili da sciogliere. E alla fine in queste ore, data pure la situazione di sbandamento del Pd, in tanti nel centrodestra sono convinti che alla fine si convergerà su un governo breve con Giuliano Amato, con qualche saggio attuale, da Luciano Violante a Enrico Giovannini. Non solo. C’è chi ricorda che Lett jr non vorrebbe l’incarico perché lo taglierebbe fuori dalla grande partita di riorganizzazione interna del Partito Democratico. Ma lo zio Gianni sta lavorando. E non è detto che alla fine tutti potrebbero uscire soddisfatti dalle trattative. Un po’ come dopo la (ri)elezione di Giorgio Napolitano.