“Invitami a cena, assaggerò i tuoi libri sulla mensola”

Oggi è la Giornata mondiale del libro. La magia immutata della carta (reale e digitale)

Invitami per pranzo o per cena, se ti va, e vedrai che accetto senz’altro. Soprattutto se tra i fornelli sai il fatto tuo. Vedrai, se m’inviti, che il mio naso per prima cosa fiuterà l’aria, per cercare di intuire il menù, ma in realtà alla ricerca dell’odore della carta. E i miei occhi sbirceranno qua e là per accendersi, golosi, alla vista dei tuoi libri.

Se è vero, per dirla con l’Artusi di turno, che un libro è cibo per la mente, allora come aperitivo assaggio volentieri la tua libreria. Posso?
Ognuno li apparecchia come gli va, i propri scaffali: io rasento il maniacale e da bravo Geppetto me li son fatti da me, gli scaffali, in cui tengo i volumi in ordine di casa editrice, in sott’ordine di collana, in sotto-sott’ordine di data di pubblicazione e se ci fosse un sotto-sotto-sott’ordine applicherei pure quello. E i bicchieri, sulla tavola, li metto in fila dal più alto al più basso, da sinistra verso destra.

Ma se sei tu che inviti e apparecchi, fa’ un po’ come preferisci. L’importante è che ci sia un libro su qualche mensola, altrimenti che gusto c’è? E senza gusto che mi metti nel piatto?

L’amico Roberto Denti*, libraio di tutti i librai, dall’alto dei suoi millenni di letture e di avventura, sommati ai decenni di vita vissuta, borbotta che in Italia si legge assai poco per il medesimo motivo per cui in Svezia non si mangiano spaghetti. Lo guardi perplesso e pensi che siccome lui è lui e tu no, sei tu a non aver capito e non lui a non essersi spiegato. Però se ti invitano in Svezia, per pranzo o per cena, dopo aver sbirciato tra un ghigno della Lindgren e un intrigo del Larsson, butti il naso in cucina e scopri che nella loro dispensa gli spaghetti non ci sono. E se non ci sono come fai a mangiarli? C’è il salmone, l’aringa e probabilmente qualche libro sparso qua e là.

Ecco, troppe case nel nostro paese non hanno una libreria o una mensola ad accogliere la tua curiosità di ospite, quella dei tuoi figli e persino la tua. Ma se non c’è un libro, cosa leggi? La ricetta per gli spaghetti, scritta sulla scatola, non è male, ma temo non sia sufficiente per la tua fame di racconti e la mia sete di storie.
E sì che un libro nemmeno fa ingrassare…

Non sono mai stato a casa di Roberto e della sua Gianna. Nemmeno so se sanno fare il caffè, ma mi son fatto l’idea che a casa loro i libri non manchino nemmeno nei pertugi più nascosti. Magari persino in dispensa, tra spaghetti, fusilli e, chissà, qualche aringa sparsa qua e là. Ripensandoci, però, in realtà ci sono stato un sacco di volte a casa loro, nella loro libreria, che più casa di così non si può. Ed era impossibile, lì dentro, non fiutare l’aria e sbirciare alla ricerca di una copertina intrigante. Sei a casa tua, quando sei a casa loro, come ci si sente a casa in qualsiasi libreria.

Quando sarò io, invece, a invitarti, se ti andrà di sbirciare la mia libreria mi farai felice: so già che la serata andrà bene e, se la pasta sarà scarsa di sale, lo stesso non sarà per le storie là dentro. Che poi mica li ho letti tutti, i libri che ho: lo so che te lo chiedi. Alcuni li ho sfogliati appena, o annusati; alcuni chissà se li leggerò mai, me li tengo come scialuppa di salvataggio, per quando sarò vecchio e il mare mi porterà lontano. Altri, però, li ho letti più volte e vale doppio, almeno per me.

Mi disse un giorno Pinin Carpi, che le righe più belle in una pagina sono quelle bianche tra una e l’altra, perché le scrive chi legge e in quell’istante l’autore sei tu. Come sei tu, aggiungo io, che sugli spaghetti preferisci il formaggio o il peperoncino e il tuo spaghetto è diverso dal mio. Nell’odore della carta, che il tuo naso va fiutando oggidì, ci metti qualche pensiero o ricordo che più non se ne va; nel tatto dei polpastrelli sulla pagina ci lasci una carezza o l’impronta di un’idea, macchia indelebile di sugo sulla camicia che indossa la tua immaginazione.

Tutte cose più parte del tempo che fu che di quello che sarà; tutte cose, in vero, un po’ ardue da adattare al tecnologico mondo moderno dove, se la carta e gli spaghetti un po’ di profumo ancora ce l’hanno, meno aromatico è l’odore di un chip, di un monitor, un tablet o di un lettore. E se lì dentro ci stanno miliardi di parole grandi e piccole come ti va, il Geppetto che è in me ha difficoltà a infilarci gli scaffali e tenere tutto in ordine e sott’ordine. Lo so, Geppetto non avrebbe capito Star Trek ed è lì che si va…

Vorrà dire che all’aperitivo, se mi inviti, mi darai la tua password e io sbircerò tra i tuoi libri virtuali, ma tra i fornelli dovrai sapere il fatto tuo più che mai e non sognarti di servire cibi precotti alla Nasa, che saranno anche galattici e spaziali, ma volano meno della mia fantasia.
Per dirla con l’Artusi del Duemila, un libro elettronico pare non abbia bisogno di carta, così come un libro di carta non ha bisogno di elettricità, cambia poco e cambia tutto, ma non cambia per nulla, nel nostro menù, il bisogno che abbiamo dei libri e di qualcuno che ci inviti, ogni tanto, per cena o per pranzo.

*Roberto Denti, libraio, è stato il fondatore della prima libreria specializzata per ragazzi in Europa, che ha gestito fino a pochi mesi fa. 

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