L’Italia non spaccherà l’euro, parola di hedge fund

Roma nel mirino?

L’Italia sarà anche il malato d’Europa, ma non sarà il detonatore della zona euro. La crisi politica italiana potrebbe durare ancora a lungo e la maggior parte degli investitori ne è consapevole. Tuttavia, l’impressione comune è che il rischio di un’escalation debba essere rivisto al ribasso. Anche in caso di nuove elezioni. Due i motivi: la presenza della Banca centrale europea e la sicurezza che gli impegni su bilancio e riforme saranno supervisionati dall’Ue.

Può l’Italia far saltare l’euro? La risposta degli investitori, molto semplicemente, è no. Lo ha ripetuto ieri il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. «Non esiste un piano B per l’euro», ha detto rispondendo a una delle domande durante la consueta conferenza stampa di inizio mese. Questo perché senza l’euro verrebbe meno l’intero progetto europeo. Un concetto tanto chiaro quanto lapalissiano. Ed è proprio per tale ragione che il rischio di convertibilità emerso fra 2011 e 2012 sta rapidamente calando. Eppure, come ha raccontato Federico Fubini sul Corriere della Sera, c’è chi la pensa diversamente. È il caso di Ray Dalio, numero uno di Bridgewater, che durante la conferenza annuale dell’Institute for new economic thinking, quest’anno a Hong Kong, ha presentato un lungo rapporto sul Paese.

I timori di Bridgewater sono tanti. Dal populismo all’immobilismo della Bce, passando per il rallentamento nel processo di riforme strutturali che servono all’Italia per rilanciare l’economia, Dalio e i suoi analisti ritengono che il Paese possa essere uno dei prossimi focolai di crisi all’interno della zona euro. Un’idea che però è opposta a quanto va dicendo la maggioranza degli operatori.

Continua la cristallizzazione dei mercati finanziari provocata dalla nascita delle Outright monetary transaction (Omt), create dalla Bce per frenare la girandola di sfiducia sul futuro dell’euro. Tramite l’avvio del programma di acquisto di bond governativi, Mario Draghi ha dato una sorta di ancora di salvezza all’area euro, sottolineando però che sono i governi a dover fare il lavoro più duro: portare avanti le riforme strutturali che serviranno a creare la nuova Europa. Tanto è bastato per

A sottolineare il miglioramento delle aspettative degli investitori è Morgan Stanley. In una nota riservata ai clienti istituzionali, la banca statunitense ha analizzato l’andamento dei corsi azionari, e obbligazionari, negli ultimi mesi. Nonostante alcune tensioni ci siano state, Cipro l’ultima in ordine temporale, non sono avvenuti scossoni degni di nota, né sui mercati dei derivati di credito né sugli altri secondari. Anzi, il sentiment generale è più influenzato dalle prospettive macroeconomiche, che vedono il perdurare della recessione, piuttosto che dal rischio di un break-up dell’euro.

A credere che lo stallo politico italiano sia facile da assorbire dagli investitori è Lombard Street Research. La casa d’affari londinese, notoriamente con posizioni molto aggressive, ha inviato una nota ai clienti il giorno successivo la nomina dei 10 saggi da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «L’Italia è sempre stata instabile, anche quando ha avuto un governo con una larga maggioranza», scrivono gli analisti di Lombard Street. Il pericolo di una deragliamento delle riforme esiste, spiegano da Londra, ma è minimizzato dal ruolo della Commissione europea. Tramite il Fiscal compact il potere negoziale degli Stati in tema di bilancio, che tiene conto soprattutto dei singoli interessi nazionali, si è ridotto in modo considerevole. Tutto in virtù dell’obiettivo finale: una maggiore integrazione su scala comunitaria.

Contro le posizioni di Bridgewater sono anche altri due fondi hedge, Greylock e Brevan Howard. Il primo, guidato da Hans Humes, dopo essere rimasto scottato con la Grecia, complice un posizionamento troppo nichilista che aveva preconizzato l’uscita dall’eurozona di Atene, ha mutato la sua percezione sull’intera area euro. Sebbene Greylock consideri l’Italia un significativo rischio per la stabilità a breve termine dell’eurozona, non ci sono le condizioni per affermare che nel lungo termine Roma possa portare all’implosione dell’intera area monetaria.

Più radicale è invece Brevan Howard. Il maggiore hedge fund europeo, nel suo ultimo outlook sull’Italia, ha definito lo stallo politico un avvenimento «largamente atteso dalla maggior parte degli investitori». Nessuna sorpresa quindi. Anzi. Secondo l’opinione di Brevan Howard, anche nel caso di nuove elezioni, il pericolo che l’Italia diventi il Paese capace di distruggere l’eurozona è risibile. «Beppe Grillo rappresenta un segnale di rabbia sociale che non deve essere sottovalutato, ma è improbabile ritenerlo tale da essere il preludio al collasso dell’euro», spiega il fondo hedge. Per la fine dell’euro ci vuole ben altro.  

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