«Napolitano vuole Amato, Verdini preferisce D’Alema, Letta punta su Marini». Alla buvette un dirigente del Pd ragiona così con alcuni parlamentari di Largo del Nazareno. Ormai mancano poche ore al calcio di inizio. In casa di democrat non si scoprono le carte. Bocche cucite. O comunque si preferisce depistare per non bruciare il “favorito”.
Oggi dovrebbe tenersi l’assemblea dei deputati e senatori del Pd, in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica, ma sarà una riunione nella quale verranno date soltanto «indicazioni per le prime votazioni». Tradotto i giochi sono ancora tutti aperti, e, come spiega un parlamentare Pd, «la vera riunione si terrà nella notte di giovedì, quando sapremo su quale cavallo vincente puntare». Ieri la giornata è filata liscia. «Ormai sembra tutto rientrato», sussurra un renziano in Transatlantico. «Non ci sarà alcuna scissione – assicura -, Matteo ha voluto far valere il peso che gli stato tolto dopo la scelta dei grandi elettori. E poi il vero motivo per cui affossa Marini e Finocchiaro è perché entrambi avrebbero dato un incarico pieno a Bersani». Nei divanetti del Transatlantico, mentre in Aula si vota per il segretario d’aula, drappelli di parlamentari discutono sul prossimo inquilino del Quirinale. Dario Franceschini parla sottovoce con la presidente del Pd Rosi Bindi. Gianni Cuperlo, dalemiano di ferro, origlia qualcosa all’orecchio del vendoliano Franco Giordano. Enrico Letta, il pontiere dei democrat con il Pdl, evita i cronisti ed entra dritto dritto in Aula.
Nel frattempo c’è un vecchio arnese della politica nazionale l’ex segretario del Ppi Gerardo Bianco, che sorseggia un caffè, e la butta lì: «Il Presidente della Repubblica deve essere un politico e per dare un segnale va eletto con una maggioranza dei due terzi». Annuiscono i parlamentari di stretta osservanza dalemiana alle parole del “vecchio Gerardo”. «La linea è propria questa», spiegano. Del resto «se si vuole dare un segnale al Paese bisogna eleggere un presidente condiviso al primo scrutinio» E il modello “Boldrini” non può funzionare per l’elezione del Capo dello Stato, assicurano. Su questa linea converge il lettiano Francesco Boccia: «Il capo dello Stato si elegge con i 2/3 e noi auspichiamo che venga eletto alla prima votazione». E converge anche la vice presidente della Camera Marina Sereni, franceschiniana di ferro: «Per la prima volta da quando sono in Parlamento sento che la scelta che stiamo per compiere, con l’elezione del nuovo Capo dello Stato, peserà moltissimo sul destino dell’Italia nel breve e nel medio periodo. Avverto quindi la responsabilità enorme che grava su ciascun grande elettore sul Pd».
In sostanza l’idea che starebbe prendendo forma in queste ore in casa Pd sarebbe quella di puntare tutto su Giuliano Amato, un nome che avrebbe i requisiti minimi per rassicurare i mercati internazionali e chetare lo spirito ribelle del Cavaliere. Oltretutto in questa direzione starebbe lavorando anche l’uscente Giorgio Napolitano, che però guarda come carta di riserva all’outsider Sabino Cassese: «È proprio così. È sempre stato un suo pallino». Raccontano che in occasione della caduta del governo Berlusconi «il vecchio migliorista prima di puntare su Monti fece pressioni su Amato, ma una parte del Pd si oppose».
Ma oggi lo scenario è cambiato. È vero che ci sono delle resistenze da parte dei “giovani turchi” sul nome del “dottor sottile”. Ma sono resistenze facilmente rientrabile. Del resto «per salvare sé stessi i turchi sono disposti a votare pure il diavolo. Purché non si chiami Berlusconi». Così l’ex sottosegretario di Craxi, a meno di sorprese, appare il favorito. E proprio ieri Angelino Alfano avrebbe incontrato il coordinatore di Scelta Civica per discutere sul nome del “dottor sottile”. «Se il Pd proponesse il nome di Amato e il Pdl fosse concorde, credo che, a fronte di una convergenza, non faremmo mancare l’appoggio», dice Olivero a fine incontro. «Forse è l’unico che potrebbe farcela in prima o in seconda battuta. Se il Pd sarà compatto su Amato lo voteremo in seconda battuta», rincara un pidiellino prima di uscire da Montecitorio. In realtà la segreteria del Pdl avrebbe dato il via libera sul nome di Amato, non nascondendo i suoi timori sulla compattezza del Pd. Per questo non si esclude che alla fine possa spuntarla un altro nome gradito al Cavaliere. Quel Massimo D’Alema che nei giorni precedenti avrebbe fatto da “pontiere” con Matteo Renzi, e che sotto traccia avrebbe intavolato una trattativa con il Pdl per un accordo, o, come riferiscono i maligni del Pd, «per sé stesso».
Nell’attesa Pier Luigi Bersani prova a depistare i giornalisti incontrando Finocchiaro, Marini e Violante. Tre nomi che insieme a quello di Amato il segretario Pd inserirà nella lista che presenterà al Cavaliere di Arcore. Sempre se lo incontrerà anche se i contatti telefonici tra i due, pure senza intemediari, proseguono già da parecchie ore, con discrezione e al riparo da occhi indiscreti. In questo modo “Pier Luigi” non spaccherà il partito e potrà dire: «Io c’ho provato, se poi gli altri me l’hanno impedito…».
@GiuseppeFalci