Racconto dall’Aula, lo psicodramma sul Quirinale nel Pd

Chi vota scheda bianca, chi Rodotà. E c’è anche chi «ubbidisce» al nome di Marini

Avanti in ordine sparso. Accalcati a Montecitorio, in attesa del proprio turno per votare, i parlamentari del Pd si dividono su Franco Marini. Il candidato presidente della Repubblica scelto da Pier Luigi Bersani ha già spaccato il partito. La riunione di ieri sera al Teatro Capranica aveva evidenziato i primi problemi all’interno del gruppo. Oggi le crepe si fanno più marcate. C’è chi sceglie di votare scheda bianca, chi punta su un altro profilo. In molti si sono allineati con Sinistra Ecologia e Libertà: nell’urna hanno depositato il nome del presidente “grillino” Stefano Rodotà

I circa cinquanta renziani si sono già smarcati. Nessun franco tiratore, spiegano da ieri. «Voteremo contro Marini alla luce del sole». Molti parlamentari vicini al sindaco rottamatore hanno optato per la scheda bianca. C’è chi punta deciso su Rodotà, chi preferisce votare Sergio Chiamparino. Libertà di coscienza anche nel dissenso. «Io voterò Emma Bonino» spiega il vicepresidente di Montecitorio Roberto Giachetti.

Del fronte anti-mariniano fanno ovviamente parte i sostenitori di Romano Prodi. «Vuole sapere la verità? – racconta Sandro Gozi in Transatlantico – Dopo ieri sera il Pd di Bersani è morto». Il paradosso è che stamattina a compattarsi sul nome di Marini è stato il centrodestra, Pdl e Lega. «È la dimostrazione che non è il nostro candidato» taglia corto Gozi. La portavoce di Prodi Sandra Zampa ammette candidamente di aver votato scheda bianca. «Marini non lo voto». La speranza è che il professore di Bologna possa tornare in gioco dal quarto scrutinio.

E i giovani turchi? Loro si sono allineati al partito, assicurano in tanti. Forse no. Nei capannelli che si formano a Montecitorio qualcuno sottolinea la vicinanza, fisica, con tanti renziani. Matteo Orfini non nega la posizione critica nei confronti di Franco Marini. «Ma siamo vincolati dalla regole del Pd e quindi voteremo sulla base dell’indicazione arrivata» ammette.

Ognuno per conto proprio, o quasi. Il leader di Centro democratico Bruno Tabacci vota scheda bianca, criticando la scelta di Bersani. Il sindaco di Bari e presidente del Pd pugliese Michele Emiliano invita pubblicamente i parlamentari ad allinearsi con Sel e M5s, attorno a Rodotà. Più o meno negli stessi minuti l’ex premier Massimo D’Alema rilascia una dichiarazione di sostegno a Marini.

«Ho appena votato per Rodotà, convintamente» racconta Ignazio Marino appena uscito dall’Aula. Zainetto in spalla lascia la Camera. «Nel Pd in molti hanno fatto la mia stessa scelta, altri hanno preferito la scheda bianca». Quanti voti contrari alla linea del segretario? Tanti. Qualcuno ipotizza che circa il 50 per cento dei gruppi parlamentari democrat potrebbe evitare di scegliere Marini.

Pippo Civati è un altro deputato che voterà contro. Anche lui ha scelto Rodotà. Renziani, prodiani, veltroniani. «Ma per favore, non parlate di correnti» spiegano in tanti. Il dissenso nei confronti di Franco Marini è trasversale. «Un mal di pancia generalizzato» ammette il deputato Daniele Marantelli. Sono in molti a pensarla così. «Stavolta eviterei le categorie» spiega Marino. «E questo significa che la spaccatura è molto più profonda di quello che si crede» ammette una giovane parlamentare romana.

Ad aver colpito tanti esponenti democrat non è stato lo scontro di ieri sera al Capranica, ma quello che è successo dopo. «Una nottata allucinante – racconta un senatore – dalla base è arrivata una pressione fortissima. Ci hanno contattato elettori, militanti, segretari di sezione». Non tutti hanno capito la scelta di Marini, né la decisione di cercare un accordo con Silvio Berlusconi.

Diversi parlamentari mostrano il telefono con le mail e gli sms arrivati in mattinata. Poco fa il segretario del Pd bolognese Raffaele Donini lancia un appello su facebook al gruppo dirigente democrat: «Vi prego, fermatevi. La nostra gente non capisce». «Vuole sapere la mia impressione? – confida il senatore di prima – Questo non è un partito spaccato, ma un partito che non è mai nato. Molto peggio».
 

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