Stavolta a mettere a rischio la tenuta del governo è la mancata elezione di Francesco Nitto Palma alla presidenza della commissione Giustizia del Senato. L’accordo tra Pd e Pdl sembrava chiuso. L’intesa sull’ex Guardasigilli era stata siglata nella serata di ieri, anche per bilanciare la nomina del magistrato Donatella Ferranti alla guida della commissione Giustizia a Montecitorio. E invece all’ultimo momento l’incarico di Nitto Palma salta. I senatori del Partito democratico contravvengono agli ordini dei vertici del gruppo e votano scheda bianca. Per due volte. Costringendo la commissione a riaggiornarsi domani (la terza votazione è in programma per le 15).
Tanto basta per aprire un nuovo fronte di scontro all’interno della maggioranza. Le larghe intese scricchiolano. Il Popolo della Libertà, che nel pomeriggio ha continuato a votare gli altri presidenti delle commissioni secondo gli accordi, va all’attacco degli alleati. «Ognuno si assumerà le proprie responsabilità» alza la voce il capogruppo Renato Schifani. «Quanto accaduto in commissione Giustizia è inaccettabile – tuona Maurizio Gasparri – Adesso è chiaro a tutti chi viola i patti e chi li rispetta. Il Pdl è un partito serio, il Pd è il regno del caos».
Nel Partito democratico c’è chi se la prende con i propri dirigenti. Il problema, raccontano, risale all’accordo trovato ieri con il Popolo della Libertà. «Nessuno ha fatto i salti di gioia a votare gente come Cicchitto e Capezzone (rispettivamente neopresidenti della commissione Esteri e Finanze della Camera, ndr) – racconta un senatore democrat – Ma quello di Nitto Palma era un profilo assolutamente indigeribile». Era necessario trovare figure più condivise.
La senatrice Rosaria Capacchione lo dice apertamente: «Non abbiamo nessuna pregiudiziale sul fatto che sia una personalità del Pdl a presiedere la commissione Giustizia. Soltanto ci aspettavamo, dal momento che si tratta di una commissione importante, che il Pdl ci facesse un nome che potesse essere condiviso». A dirla tutta tra i parlamentari Pd c’è anche chi si mostra tutt’altro che sorpreso. «Lo sapevamo da ieri, e lo sapevano anche i vertici, che i nostri senatori Nitto Palma non l’avrebbero mai votato».
Ovviamente il problema non riguarda la commissione Giustizia. Non solo quella, almeno. A ballare adesso è la tenuta del governo. Dopotutto la scelta di Nitto Palma era il frutto di un accordo all’interno della maggioranza. Per alcune ore, nel pomeriggio, in Parlamento si era ipotizzato che per disinnescare la mina domani i berlusconiani avrebbero presentato un altro candidato. Ipotesi difficile, dato che per avere un uomo di fiducia alla Giustizia, il Cavaliere aveva già rinunciato a indicare Paolo Romani alla presidenza della commissione Lavori Pubblici.
In serata è lo stesso Nitto Palma ad assicurare che non ci sarà alcun passo indietro. «Sono sereno: quello che è successo, 8 schede bianche su 8 da parte del Partito democratico con cui avevamo un accordo, indica che non è un problema interno al Pd, ma è un problema del Pd». Domani il candidato di centrodestra alla presidenza sarà ancora lui. «E perché mai dovrei fare un passo indietro? C’era stato un accordo fatto con il mio partito e che il mio partito ha rispettato anche dopo che il Pd lo aveva violato. E poi di cosa sarei accusato? Di essere berlusconiano? Di non essere tecnicamente preparato? Di essere divisivo?».
A questo punto è probabile che in serata il premier Enrico Letta faccia pressing sui suoi per superare le resistenze. Il rischio è alto. E non è ancora certo cosa potrebbe accadere domani. «Se il Pd non garantisce che voterà Nitto Palma, allora non lo voterà nemmeno Scelta Civica», spiega il senatore montiano Gianluca Susta. Assieme a lui siede in commissione Giustizia il senatore Andrea Olivero. I numeri ballano. Dalla terza votazione per essere eletto presidente della commissione sarà sufficiente raggiungere la maggioranza semplice.
E così se i democrat continueranno a opporsi all’ex Guardasigilli, alla fine potrebbe spuntarla il Pd Felice Casson. «Noi siamo per un candidato condiviso» getta acqua sul fuoco il diretto interessato. Ma chi era presente in commissione racconta che a fine seduta i rappresentanti del Pd hanno parlato a lungo con i colleghi a Cinque Stelle. «È chiaro – spiega ancora un senatore democrat – che se non si trova un accordo, domani M5S e Sel potrebbero anche decidere di votare per Casson. Un modo come un altro per spaccare la maggioranza di governo».