Brescia, un’ex Leonessa fra crisi e bonifiche mancate

La città ha un buco di bilancio da 36 milioni di euro

Affittasi, vendesi, affittasi. È questo la cifra della campagna elettorale nelle città più importanti del Nord, lambite dall’autostrada A4. A cominciare da Brescia, la Leonessa, trasformata in una lupa ferita. Dove la moria di negozi ed esercizi commerciali nel centro storico è stata accolta da una croce di cartone, appesa per protesta ai muri nel centro storico dagli esponenti di Forza Nuova, che hanno approfittato dell’agonia del salotto della città per attirare l’attenzione. Con questa epigrafe: «Dopo una lunga agonia, si è spenta Brescia, una città morta, una morta città».

Provocazioni a parte, i dati della recessione sono piuttosto seri: 140 attività commerciali chiuse dall’inizio della crisi che alcuni negozianti hanno cercato di trasformare in garage, prima di essere fermati dall’amministrazione cittadina, 20mila appartamenti sfitti in tutta la provincia. Fontane chiuse e luci che si affievoliscono alla sera lasciando la città quasi al buio. Brescia è assetata, affamata e spenta dunque. Con un calo della produzione industriale del 25% dall’inizio della crisi e 50mila posti di lavoro persi in cinque anni, soprattutto nel settore metalmeccanico e siderurgico. E un tasso di disoccupazione mai raggiunto prima a Brescia: 6,8 per cento. Con una moria di negozi che, secondo gli studi comparativi della Camera di Commercio di Brescia, è quasi il doppio di quella di Milano, dove ormai chiude un negozio ogni 4 giorni.

È questo il panorama che si trovano davanti, i candidati in una campagna elettorale in balia di una febbre iper-politica: confronti, incontri quotidiani con i cittadini quotidiani che però non sembrano, come è sempre successo in passato, suscitare molta partecipazione. E chissà se questo sia anche un segnale della crisi d’identità di una città laboratorio, politico, culturale, sindacale e sociale. Col cuore in mano e una nota capacità di inclusione, visto che le cooperative di sostegno a chi rimane indietro, detenuti, disabili, anziani, numerose ed efficienti, sono oggetto di studio anche da delegazioni di paesi stranieri.

Tutti i giorni i candidati si incontrano, confrontandosi in modo pacato, pragmatico, senza mai alzare la voce, sui programmi che si assomigliano, al cui centro ci sono soprattutto il lavoro e l’ambiente. Peccato che agli incontri, siano pochi i cittadini che partecipano, come se dessero per scontato non tanto l’esito delle elezioni amministrative, quanto l’impossibilità di ottenere un cambiamento. E forse non hanno tutti i torti, visto che a sfidarsi sono più o meno sempre gli stessi, ad eccezione della candidata del M5s, Laura Gamba, avvocato penalista, che potrebbe raccogliere il consenso grillino più basso di questa tornata amministrativa nel Nord, molto inferiore alla media nazionale ottenuta dal movimento di Beppe Grillo. E spera di riuscire a sottolineare la diversità del suo programma sottraendosi ai confronti, con Beppe Grillo in arrivo.

A sfidare il sindaco uscente, Adriano Paroli, ciellino, che si presenta con la sua lista civica “X Brescia”, sostenuto dallo schieramento del centrodestra, Pdl, Lega, Fratelli d’Italia, Partito liberale italiano, i Pensionati, Udc, e altre due liste civiche, ci sono 9 candidati. I principali però sono aspiranti sindaci, che ci riprovano per la seconda o la terza volta. «Si tratta di una gara fra eccellenti trombati» osservano moti cittadini incontrati ai dibattiti, che si lamentano di un campagna elettorale, che cerca di glissare sulla recessione. Il principale competitor di Adriano Paroli è il democrat Emilio del Bono, sinistra democristiana, cattolico, ex parlamentare con l’Ulivo, che lo aveva già sfidato 5 anni fa, perdendo al primo turno. E poi la ex-socialista Laura Castelletti, anche lei alla seconda prova, e Francesco Onofri con la lista di Piattaforma civica, che nel 2008 non era riuscito ad entrare neanche in consiglio comunale. Avvocato, come quasi tutti contendenti, in nome del liberalismo cerca, come Del Bono, di attirare il sindaco uscente sul ring del bilancio zoppicante del Comune e della recessione, che sta spegnendo la città.

A Paroli viene infatti rimproverato un buco di bilancio di 36 milioni di euro, che ha impedito, anche per ragioni elettorali, di fare il bilancio di previsione del 2013, dovuto anche ai costi di gestione della linea metropolitana e ai minori utili di A2a, 22 milioni di euro contro i 67 previsti, dopo la controversa unione con la partecipata milanese, oltre agli scarsi oneri di urbanizzazione, provocati invece dalla paralisi edilizia. Sebbene i candidati, che vogliono impedire al sindaco di essere riconfermato, lancino l’allarme commissariamento del Comune, è chiaro che la posta in gioco di queste elezioni è il tesoretto della partecipate, società controllate e fondazioni. Così numerose che la Corte dei Conti ha bacchettato la Loggia per la moltitudine di società in cui il Comune è presente: 103. Con 144 nomine fatte da Adriano Paroli durante i suoi 5 anni di mandato, di cui molte in scadenza. E allora si capisce perché a un dibattito su giovani e Terzo settore, davanti a una ristretta platea di cittadini, fra cui pochi giovani, si parla di tutto tranne dei veri problemi della città.

Il sindaco uscente disserta su spazi di aggregazione, gli oratori, (sic) , ma chissà perché a nessuno viene in mente di citare quel dato che fa tremare i polsi ai cittadini sulla disoccupazione giovanile in Italia, che non ha risparmiato Brescia; 5,9. Anche se poi non è la crisi l’unico incubo del sindaco uscente, dato per favorito, ma solo con un punto di vantaggio rispetto al competitor del Pd. A Brescia è scattato anche l’allarme ambientale per un annoso e vecchio problema della Caffaro, la fabbrica nata nel 1906 nel centro della città per produrre soda caustica e – dagli anni Trenta – cloroderivati con il Pcb interrato in un’area estesa della città di 7 chilometri, che comprende scuole e anche un campo sportivo, dopo che venne bandito dall’Unione europea, che rischia di inquinare le falde acquifere.

La bonifica avviata è inciampata su diverse vicende giudiziarie e nonostante il tamponamento fatto con pompe idrovore per impedire che le sostanze tossiche vengano a contatto con la rete idrica della città, ora si è costituito un comitato di genitori per difendere la scuola comunale Deledda dalla contaminazione per via della mancata bonifica «ai quali il Comune ha consigliato di impedire ai propri bambini di mangiare l’erba» osserva con sarcasmo uno dei candidati del M5s al consiglio comunale, Nicola Gussago.

In ogni caso l’emergenza ecologica è tale che ormai i cittadini si sono scordati di essere stati presentati come un esempio virtuoso nazionale ed internazionale per il termovalorizzatore che brucia 808mila tonnellate di rifiuti ogni anno, e si sentono più simili a quelli di Taranto, visto che hanno la loro Ilva e Brescia, ex capitale dell’industria, si sta trasformando in una delle aree più inquinate d’Italia.

In questa campagna elettorale la Leonessa ferita sembra sempre più ripiegata su se stessa. E allora potrebbe finire così. Che il testa a testa fra il sindaco uscente Adriano Paroli e il suo competitor del Pd, Emilio del Bono, entrambi ex parlamentari, porterà al ballottaggio visto che le previsioni delle percentuali di voto ipotizzate superano la soglia del 50%, solo se si sommano le preferenze previste per entrambi i principali candidati degli schieramenti di centrosinistra e di centrodestra. E allora il centrosinistra, complice l’astensionismo e l’apparentamento delle liste affini, potrebbe vincere, ma più per inerzia che per la forza della proposta, che non è all’insegna di alcun cambiamento.