Chi sarà il prossimo segretario non lo sa neanche il Pd

Speranza, Finocchiaro, i nomi si rincorrono. Nel partito ennesima giornata di caos

Alla fine dell’ennesima giornata che avrebbe dovuto segnare il cambio di passo della famigerata «ditta», la continuano a chiamare così, il Partito democratico, o se preferite quello che è rimasto dei democratici, decide di non decidere. Perché la riunione a cui avrebbero dovuto partecipare tutti i segretari regionali insieme allo stato maggiore dei democratici, il cosiddetto «caminetto», c’è stato ma non è stato risolutivo. Perché il nome da portare in assemblea che avrebbe dovuta segnare la pax fra le svariate anime dei democratici ancora non c’è. E allora il pallone si ricolloca al centro, e si cerca di ripartire in vista dell’appuntamento clou della settimana da un gruppo ristretto che verrà incaricato di sondare gli umori del partito prima di sabato. Insomma le carte restano ancora coperte. «Meglio prendere tempo» spiega un democratico di rito democristiano poco prima dell’ora di cena.

Una fra le giornate più lunghe di Largo del Nazareno, la sede del Partito democratico, inizia molto presto. Il segretario uscente Pier Luigi Bersani incontra Matteo Renzi. «Un incontro lampo», mormorano i renziani a Montecitorio. «Ma comunque risolutivo» spiegano «perché Matteo non ha posto alcun veto sui nomi. A noi del segretario, sia esso Finocchiaro o Speranza, non ci interessa. Quella è roba loro». Ecco perché per tutta la mattinata e per gran parte del pomeriggio il nome forte che circola in Transatlantico è quello dell’ex capogruppo al Senato dei democratici, Anna Finocchiaro. Un nome sul quale Matteo Renzi non avrebbe posto alcun veto, come sarebbe emerso dal faccia a faccia fra il sindaco di Firenze e l’ex segretario di Bettola. Ma sembra strano. Perché, come fa notare a Linkiesta un parlamentare vicino a Rosy Bindi, «Finocchiaro è la stessa che ha definito miserabile Renzi. È indubbio che sia un nome indigeribile per il giovanotto». Ma tant’è.

In Transatlantico i democratici si muovono per correnti. Marina Sereni, fresca vice Presidente della Camera, s’aggira per la sala fumatori insieme al ministro per le Relazioni con il Parlamento Dario Franceschini. Un parlamentare vicino all’ex-segretario fa sapere che ad Areadem, la corrente di riferimento di Franceschini, «il nome di Anna può andare». Sergio D’Antoni, rappresentante di punta della corrente cislina del Pd, è seduto nel cortile di Montecitorio. Mentre sfoglia un quotidiano dice a Linkiesta: «Qui non è un problema di nomi. L’obiettivo è quello di eleggere un segretario con il più largo consenso possibile. Ad ogni modo se lei mi chiede un parere su Finocchiaro, le rispondo che ha tutta l’autorevolezza e le caratteristiche per adempiere a quel ruolo. Poi è anche siciliana…». I renziani parlottano in Trasatlantico e svelano, dopo un pranzo con il sindaco di Firenze, che «i nomi forti sono due: Anna Finocchiaro e Roberto Speranza». Due nomi completamente differenti che lasciano intendere che la soluzione all’interno dei democratici è ancora lontana. Del resto, sottolinea un bindiano, «Epifani è saltato perché eletto Presidente di una commissione. La stessa cosa è avvenuta per la Finocchiaro, che oltretutto con la fine della Convenzione, sederà nella più importante. Perché il primo non è spendibile per la segreteria, mentre la seconda sì?».

Insomma regna il caos. Alle 18 inizia il fuggi fuggi da Montecitorio. Direzione? Ovviamente via Sant’Andrea delle Fratte, a Largo del Nazareno, dove è stato convocato il «caminetto» dei democratici esteso ai segretari regionali. Ad attendere i big del Pd una ressa di fotografi e giornalisti. Tutti pronti a domandare: chi sarà il segretario, e se in serata si troverà una soluzione. Sfilano Marco Minniti, Cesare Damiano, Enrico Morando, Stefano Fassina, Luigi Zanda, Piero Fassino, Gianni Cuperlo. Altri sono dentro, come Beppe Fioroni e Walter Veltroni. E altri non varcheranno mai l’ingresso, come Massimo D’Alema e Matteo Renzi. In realtà Renzi e D’Alema si sarebbero dovuti incontrare in quel di Firenze. Il lìder maximo in trasferta nella città rinascimentale per un convegno della fondazione Italianieuropei avrebbe annunciato l’incontro con il sindaco, ma l’incontro sarebbe poi stato smentito dal portavoce dell’ex-rottamatore.

Prima di entrare, i dirigenti si astengono dal rilasciare dichiarazioni. La situazione incerta e la «sintesi» sul famigerato «nome condiviso», reggente o segretario che sia, non è stata affatto trovata. Ecco perché i molteplici interventi che si susseguono, al netto di qualcuno che resta nell’ombra (ad esempio, Gianni Cuperlo, prodotto della scuola dalemiana, si dichiara «a disposizione»), sembrano tutti di stampo di democristiano. Da Franceschini a Fioroni, l’idea è quello «di un segretario già sabato» ma «non vogliamo uno scontro sulla sua scelta politica». Perché «ci vuole senso di responsabilità» spiega Bersani. A quel punto, quando ci sarà un segretario «potremo pensare al congresso». Che non sarà a luglio, come sembrava, ma in autunno e dovrà «essere essere vero, serio», rincara l’ex segretario Pd.

Si deve trovare una soluzione entro sabato. Una soluzione che passerà da un gruppo ristretto che dovrà svolgere una serie di consultazioni con i dirigenti del partito. C’è già chi scherza sù: «Aridajé con le consultazioni, non ci sono bastate quelle del Presidente della Repubblica». Il gruppo ristretto sarà composto da Marina Sereni, Ivan Scalfarotto, e dai capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda. Da stamattina inizierà consultazioni riservate. Il nome sul quale si starebbe puntando sarebbe quello di uno dei componenti del gruppo ristretto: Roberto Speranza. Il quale avrebbe ricevuto il «sì» anche da parte sindaco Firenze. Ma questo scenario lo costringerebbe a dimettersi da capogruppo alla Camera. Così si liberebbe una casella e «finalmente potrebbe scegliere un capogruppo autorevole» mormora la vecchia guardia della nomenclatura. 

@GiuseppeFalci