E dire che proprio nella domenica del voto il blog di Grillo era aperto da un corsivo sarcastico e irrisorio di Lello Ciampolillo, senatore del M5S, che si intitolava così: «Giannini ridens». Ce l’avevano, i Grillini, con Sabrina Giannini, la caporedattrice di Report, che ha da poco firmato la sua inchiesta sul blog del comico genovese, e sul suo rapporto con le entrate pubblicitarie. E mal gliene incolse.
E dire che ieri anche Gianni Alemanno cesellava parole di fuoco contro la Gabanelli, la Giannini e la loro redazione: «La puntata di Report “Romanzo capitale” – ha detto il sindaco di Roma – è stato il punto culminante della campagna di diffamazione nei nostri confronti, da analizzare quasi sul piano psichiatrico». E mal gliene incolse.
E dire che anche Antonio Di Pietro si era imbufalito, pure lui, contro la Giannini: «La querelerò e con i proventi della causa mi comprerò un’altra casa». Era solo lo scorso inverno, e per mesi si discusse delle particelle e delle proprietà dell’ex Pm fino alla nausea. E mal gliene incolse, anche a Di Pietro.
Il problema vero è che nessuno ha ancora unito con un unico filo queste tre storie, e tirato l’unica conclusione possibile: e cioè che Report muove consensi, voti, credibilità in maniera determinante, crea e disfa fortune. Il programma di Raitre è diventato un marchio di qualità che può cambiare in meglio, ma soprattutto in peggio, la percezione di un movimento o di un partito. Si potrebbe chiamare, forse, «la maledizione di Report». E per Grillo non c’è stata eccezione. Questo effetto è stato amplificato da un paradosso che tutti ricordano: la Gabanelli era stata solo un mese fa incensata dal M5S come la «migliore giornalista italiana» e candidata dal movimento addirittura alla presidenza della Repubblica.
In politica tutto si paga: la stessa credibilità attribuita alla Gabanelli ha amplificato l’effetto delle sue critiche e delle sue domande sui conti della Casaleggio e associati. Scrive oggi Travaglio che si trattava dei «deliri della cronista di Report». Ma d’ora in poi con il fattore Gabanelli bisognerà fare i conti: «Tre coincidenze – diceva Conan Doyle – fanno un indizio».
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