Costruiremo mai l’autostrada per bici Venezia-Torino?

Con i suoi 679 chilometri sarebbe tra le ciclovie più lunghe d’Europa

C’è un po’ di vento, abbaia la campagna e c’è una luna in fondo al blu. La campagna, qui, è quella della Val Padana, il blu (o almeno immaginiamolo tale) è quello del grande fiume, il Po. VenTo è, invece, il nome di un progetto di una pista ciclabile tra Venezia e Torino (con una bretella verso Milano, Expo 2015), promosso dal Politecnico di Milano, Dipartimento Architettura e Studi urbani. Non solo un miraggio. Perché se Bartali e il suo naso triste come una salita sono diventati poesia, le biciclette resistono, anzi rimontano le automobili. Nel 2011 per la prima volta dal dopoguerra la vendita delle due ruote ha superato quella delle vetture.

Restano però i pericoli per i ciclisti e mancano le infrastrutture per muoversi a bassa velocità. VenTo è un tracciato di 679 chilometri per una ciclovia (la più lunga d’Italia e una delle più lunghe d’Europa) apripista di una visione di ciclabilità che ancora in Italia non c’è (a parte esempi più piccoli in Trentino). Questa dorsale costerebbe 80 milioni di euro – ovvero lo 0,01% della spesa pubblica annuale – tanto quanto due chilometri di autostrada, 118 euro al metro. «Con l’obiettivo – spiega Paolo Pileri, professore di pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico e responsabile scientifico del progetto – di creare uno sviluppo duraturo e a impatto zero, sostenibile. Green economy, in altre parole. Gli esempi a cui ci ispiriamo sono le ciclabili Passau-Vienna sul Danubio (300 mila passaggi l’anno), o quelle sulla Elba o sulla Drava che generano un indotto turistico ed economico tra i 70 e i 100 milioni di euro l’anno. Qui, in Italia, dove in bici si può andare da marzo a ottobre, VenTo potrebbe creare due mila posti di lavoro e un indotto intorno ai 90-100 milioni di euro l’anno». Come? Lo vedremo pedalando.

Pileri dal 26 maggio sta, infatti, percorrendo su due ruote, insieme al suo team di ricerca, il tracciato da Torino a Venezia, dove arriverà il 2 giugno. Con i ricercatori Diana Giudici e Alessandro Giacomel e la studentessa Chiara Catarozzolo, il team è partito dal capoluogo piemontese nel giorno del Bike Pride, proseguendo, poi, per quindici tappe. In questi giorni sta incontrando amministratori locali, cittadini, associazioni e imprese, per costruire una «lobby positiva che porti alla realizzazione della ciclovia». Ogni giorno il gruppo di VenTo è accompagnato da cicloturisti. Lo abbiamo incontrato tra le risaie allagate e le colline del Monferrato. 

Il professor Pileri ripercorre i primordi: «VenTo nasce a fine 2009 all’università, intendendo l’accademia come un servizio al Paese. Per me è, inoltre, un mix di passioni e saperi. Arrivavo da esperienze di cicloturismo e da studi nel Nord Europa sulla mobilità dolce, slow. Nel 2010, Giacomel ha partecipato a un bando per una borsa di studio e l’ha vinta, così nel 2011 è iniziato il vero e proprio cammino di VenTo. L’idea di costruire una lunga pista in rete con quelle europee e, soprattutto, sicura. Che consenta a un bambino di arrivare in tranquillità, senza il rischio di essere investito, da Torino a Venezia e viceversa. Abbiamo disegnato un tracciato che attraversa quattro regioni e dodici province. Un percorso che in buona parte sulla carta esiste già, basterebbero un paio di accordi politici e tecnici per utilizzare gli argini e, poi, mettere in sicurezza un’altra piccola parte». Solo il 15% del tracciato corre già su ciclabili sicure e utilizzate. «Non sarà un percorso per esperti ma cicloturistico, rivolto ai grandi numeri, centinaia di migliaia l’anno. Una via veloce e semplice – non distante dalla linea del ferro (in qualsiasi punto si potrà raggiungere facilmente una stazione) e i punti navigabili – lungo una dorsale ciclistica che metterà, per esempio, in connessione cibo e paesaggio». E Viaggio lungo la Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini realizzato, nel 1956, dallo scrittore e regista Mario Soldati per la Rai, potrà essere un richiamo non solo evocativo, quando si passerà dalle campagne di grano e riso a città come Cremona o Ferrara. O Sabbioneta, la città ideale del Rinascimento. 

Mancano ancora molte pedalate alla laguna di Venezia. Il dislivello è leggero: Chivasso, Crescentino, la grangia di Pobbieto, Morano sul Po, Casale Monferrato. Poi ci sarà la via Francigena. E tramonta questo giorno in arancione e si gonfia di ricordi che non sai, canta Paolo Conte. Il Po a volte è vicino, altre più lontano. Stare a contatto col fiume significa riappropriarsi di uno spazio spesso trascurato oppure troppo costruito o spettro solitario di alluvioni. Nel Nord-Est il corso è più vissuto, qui ormai molto meno. Il fiume, il Po, invece ha una storia appassionante ancora da raccontare. VenTo, quando sarà completato, realizzerà una parte della rete EuroVelo, all’interno dell’itinerario numero 8, da Cadice ad Atene. Il 18 dicembre del 2012 la commissione Trasporti e Turismo del Parlamento europeo ha, infatti, espresso voto favorevole per l’inserimento della rete di ciclovie europee nella più articolata Rete transeuropea dei trasporti Ten-T, corridoi stradali, ferroviari, aeroportuali, navali e ora anche ciclistici. I più lenti ma sicuramente meno impattanti (oltre sei mila chilometri previsti in Italia). «Una dorsale ciclistica è un’infrastruttura a tutti gli effetti, così la chiama l’Ue ma non l’Italia, dove l’argomento viene affrontato per lo più come “tempo libero”. Un’opera grande a basso costo. Il tracciato sarà quasi tutto su asfalto, da ambientalista mi spiace, ma è più sicuro. Per il 21% del tracciato bisognerà fare interventi di una certa rilevanza. Come nel caso di alcuni ponti molto stretti. Pensiamo alla realizzazione di mensole a sbalzo di due metri e mezzo, già sperimentate in Svizzera. Uguali nello stile e riconoscibili dall’inizio alla fine del percorso».

Ma chi gestirà VenTo, chi lo finanzierà? Quali tempi avete previsto? «Credo nel valore dell’opera pubblica – spiega Pileri – i finanziamenti devono arrivare da Stato e Regioni, il 12 maggio abbiamo firmato un protocollo sottoscritto in primis dai comuni di Milano, Torino e Venezia. Chiediamo alle amministrazioni locali di creare sinergia attorno al progetto per promuoverne il finanziamento e la realizzazione, fare pressione nei confronti del governo centrale affinché l’opera venga finanziata e promossa come d’interesse strategico nazionale». VenTo, secondo il team di ricerca, «dovrà essere gestito da un’Agenzia unica, perché la dorsale non deve essere concepita come sommatoria di piste ma come entità unica». I tempi di realizzazione, se rispettati, sono di tre anni. «Sarebbe bello, nel 2015, aprire l’Expo insieme a VenTo, la più lunga ciclabile del sud Europa».

È un progetto ambizioso. «È ora di investire sul paesaggio, è stato generoso e poi deturpato, molto, ma ha resistito. Diciamolo una volta per tutte – sottolinea il responsabile scientifico – ha vinto lui, basta disprezzarlo. L’articolo 9 della Costituzione promuove la tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». VenTo punta a costruire duemila posti di lavoro in vari settori: ricettività, musei, ristoranti, bed and breakfast, agriturismi, markenting turistico, guide cicloturistiche. Un’economia diffusa. Un esempio sono i 40 mila chilometri di ciclabili tedesche che producono 8 miliardi di indotto all’anno. «I nuovi flussi di turisti lungo VenTo potrebbero raggiungere le centinaia di migliaia, che diverrebbero il motore di nuove iniziative economiche in un territorio che esprime una potenzialità non del tutto espressa. Una miriade di aziende agricole, 14 mila sono quelle attraversate dal progetto; trecento attività ricettive; duemila attività commerciali e tanti cittadini, oltre 1,5 milioni». Dati recenti sulla ciclabile «Destra Po», in provincia di Ferrara, dicono che ogni cicloturista spende mediamente 100 euro al giorno usufruendo delle attività ricettive, di servizio e commerciali che trova lungo la ciclovia. 

Durante la terza tappa, la sosta al castello di Casale Monferrato è stata occasione, insieme al Parco del Po e dell’Orba, di fare il punto su come si possa fare impresa con la bicicletta. Una delle proposte, già in cantiere, è quella di Maurizio Vellano, che insieme a un gruppo di imprenditori ha costruito il progetto Outdoor nel cuore del Piemonte. Ecoturismo in chiave tecnologica. «Abbiamo già pronte – spiega Vellano – le lische di pesce di VenTo nel Monferrato, dove è ancora scarsa la proposta di maketing turistico. Abbiamo ideato itinerari e piste mappate e colorate a seconda della difficoltà, rivolte sia a camminatori che cicloturisti (o da percorrere a cavallo). Le mappe, Eguides, possono scaricare su smartphone (Android e iPhone). Si tratta di un’app sviluppata da noi, che integra audio e video e segue percorsi allo stesso tempo naturalistici, enogastronomici e culturali. Le guide specifiche sono scaricabili sul proprio dispositivo preventivamente. Non servirà più la connessione dati al momento dell’escursione, ma solamente il segnale gps. Un vantaggio per la clientela straniera, che può evitare una costosa connessione dati in roaming».

Tra i francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano e tu mi fai – dobbiamo andare al cine – e vai al cine, vacci tu! Perché VenTo è anche un film di tre documentaristi, Paolo Casalis, Pino Pace e Stefano Scarafia, che stanno seguendo il tour in bici: l’avventura di professori e ricercatori, i loro incontri, i paesaggi, gioie e dolori di un’impresa sportiva che «racconta una nuova visione del futuro».

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