Papa Francesco batte un secondo colpo sulla crisi economica, e non lo fa, stavolta, davanti ad un gruppo ristretto di ambasciatori, ma durante l’incontro con i movimenti religiosi in occasione della veglia di pentecoste svoltosi in piazza San Pietro oggi pomeriggio. Circa 200mila persone hanno ascoltato il Pontefice che ha svolto una sorta di question time rispondendo a domande sulla fede, la chiesa, la politica e l’economia. Bergoglio ha scelto dunque un momento pubblico di grande rilievo, forse l’appuntamento con la presenza di folla e fedeli più numerosa dall’inizio del pontificato, per tornare su una serie di questioni che si annunciano come centrali nel suo magistero.
Nelle nostre società, ha spiegato, quando si parla di crisi economica si pensa alle banche e non alle famiglie che non ce la fanno, è in questo contesto, all’interno di un mondo che ragiona con questa mentalità, che una Chiesa povera per i poveri dovrà provare a lanciare un messaggio completamente diverso mettendo al centro della crisi le persone prima di tutto. Quello esposto dal Papa è una sorta di programma di governo per la Chiesa universale che, almeno in parte, era già insito nel nome scelto da Bergoglio il giorno della sua elezione – Francesco, appunto – e poi confermato in diversi interventi con i quali in queste settimane ha delineato il modello che ha in testa: una Chiesa che si spoglia degli artifici del potere, della ‘corte’ papale, delle ricchezze, per tornare a fare il suo mestiere. «Se cadono gli investimenti, le banche – ha detto di fronte a una folla che aveva riempito anche tutta via della Conciliazione – questa è una tragedia, se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente: questa è la nostra crisi di oggi. La Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità».
Paradossalmente, ma forse nemmeno troppo, le parole del Papa sono state pronunciate nel giorno in cui la manifestazione promossa dalla Fiom a Roma ha raccolto un’ampia adesione e ha avuto al centro temi di carattere sociale, sia pure declinati in termini strettamente politici. Se i linguaggi e i messaggi sono differenti, il tema della crisi e delle sue ricadute sulla vita della collettività resta il medesimo, da piazza San Pietro a piazza della Repubblica, segno che la questione è ormai ineludibile.
Con Francesco l’opzione preferenziale per i poveri scelta dalla Chiesa latinoamericana alla fine degli anni ’60, prova infine a diventare una realtà. E’ in questo senso che viene recuperata la teologia della liberazione, non tanto nei suoi aspetti ideologici relegati in un’epoca storica conclusa da tempo, ma in una scelta di campo e in una visione profetica che ricolloca l’evangelizzazione dentro i segni dei tempi e quindi in relazione ai grandi problemi contemporanei. Giovedì scorso, ad esempio, il Papa aveva denunciato le diseguaglianze crescenti a livello globale e lo strapotere di una finanza che finiva con lo schiacciare la politica e i governi.
Non solo: c’era, nelle parole di Papa Francesco, anche l’allarme per un degrado dell’uomo ormai governato dal denaro, mentre le politiche che nascevano da una simile sudditanza finivano solo con il “derubare i poveri”. Affermazioni nette che erano state annunciate anche dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi il quale spiegava da subito il fatto che si trattava di un messaggio voluto in modo particolare dal Papa. Oggi è arrivata la conferma che il Pontefice “venuto dalla fine del mondo” ha intenzione di fare i conti non solo con le cose che non vanno all’interno della Curia romana ma anche con il mondo e la contemporaneità.
E poi, per Francesco le due cose sono in realtà ben collegate: infatti per parlare in nome dei poveri, e per proporre una nuova etica fondata sulla solidarietà, la chiesa dovrà tornare ad essere povera, non potrà insomma continuare a mostrarsi come fonte di scandalo finanziario e di potere o rappresentare sé stessa attraverso lo sperpero, la ricchezza, il lusso. Si annuncia una rivoluzione? E’ ancora presto per dirlo, ma certo questi primi due mesi di Bergoglio mostrano una volontà di cambiamento radicale che necessariamente incontrerà anche delle resistenze.
Per altro il discorso del Pontefice di oggi pomeriggio, ha toccato anche un altro tema: quello dell’etica pubblica, con riferimento trasparente a una vita politica segnata da una serie infinita di scandali e malversazioni. In generale, quando un pontefice parla, non si riferisce solo all’Italia, il suo messaggio è universale, ma certo il tema toccato è particolarmente sentito nel nostro Paese. Anche in questo caso, del resto, un’anticipazione c’era stata qualche giorno fa quando ancora davanti a un gruppo di ambasciatori, Bergoglio aveva toccato il tema di una corruzione e di una evasione fiscale quali mali drammatici che avevano ormai assunto una dimensione globale. E oggi, Francesco, analizzando il passaggio storico che stiamo vivendo, ha affermato: «Questa è una crisi dell’uomo, che distrugge l’uomo. Nella vita pubblica, politica se non c’è l’etica tutto è possibile, tutto si può fare. Allora vediamo, leggiamo i giornali come la mancanza di etica nella vita pubblica fa tanto male all’umanità intera».