Non è un bel periodo per il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda. Tra una gaffe, uno scivolone e una rettifica – a se stesso, beninteso – al capogruppo democrat non ne va bene una. Una settimana fa hanno fatto scalpore le dure accuse al leader Pdl Silvio Berlusconi, considerato ineleggibile e poco meritevole di una nomina a senatore a vita. Accuse più che legittime, sia chiaro. Ma riviste frettolosamente dallo stesso Zanda, dopo l’ovvia esplosione del caso politico. È di pochi giorni la presentazione di un disegno di legge che vieterebbe al Movimento Cinque Stelle di partecipare alle elezioni. Il più clamoroso autogol democrat degli ultimi tempi (e dire che la lista è lunga). Adesso il Corriere della Sera pubblica una sua vecchia lettera di raccomandazioni all’Ama – la municipalizzata romana che si occupa di raccolta rifiuti – diligentemente protocollata negli uffici dell’azienda.
Intanto tra i 109 senatori dem qualcuno ha iniziato a farsi qualche domanda. Nessun ripensamento, ci mancherebbe. Luigi Zanda è stato nominato capogruppo per acclamazione solo pochi mesi fa. Scelto direttamente da Pier Luigi Bersani e votato da tutti i componenti del gruppo tranne uno, astenuto. «Ma come è possibile – racconta un senatore democrat – che una persona con la sua esperienza e sensibilità diplomatica in questa difficile fase politica invece di vestire i panni del pompiere giochi a fare l’incendiario?».
Non è solo una questione di gaffe. Zanda è politico esperto. Piuttosto sembra essere in difficoltà con il ruolo che gli è stato affidato. Dopotutto il capogruppo è stato indicato direttamente dall’ex segretario Pierluigi Bersani pochi mesi e un’era politica fa. All’epoca il Partito democratico puntava ancora a un governo sostenuto con i voti del Movimento Cinque Stelle. Zanda era stato scelto proprio per questo, ambasciatore democrat con i grillini, poteva vantare ottimi rapporti anche con la Lega Nord. Con Roberto Calderoli, in particolare.
I più maliziosi lo dipingono come l’uomo di Repubblica nel Pd. Il portavoce non ufficiale di Ezio Mauro a Largo del Nazareno. Caduto Bersani, insediato il governo di larghe intese, Zanda è rimasto al suo posto. Forse non troppo a suo agio con la nuova stagione politica e l’alleanza con il Cavaliere.
Una settimana fa ha fatto molto discutere una sua intervista ad Avvenire. «Ho detto più volte che Berlusconi per me è ineleggibile», il pensiero di Zanda, neppure troppo in sintesi. Un attacco diretto al Cavaliere. Più che legittimo, politicamente parlando. Seppure poco funzionale ai delicati equilibri di Palazzo Chigi. E così quasi istantaneamente è arrivata la rettifica. Le frasi su Berlusconi? «Una posizione personale». Come se Zanda non fosse il capogruppo del Partito democratico. E quando la giunta voterà l’ineleggibilità del Cavaliere? «Il Pd non ha mai dato indicazioni di voto ai componenti della giunta. I componenti della giunta hanno funzioni simili a quelle dei giudici e decidono caso per caso con la propria coscienza e con la propria testa». Una retromarcia così estrema da risultare quasi inspiegabile.
A Luigi Zanda viene addebitato il lungo – e imbarazzante – braccio di ferro sulla nomina di Francesco Nitto Palma alla presidenza della commissione Giustizia del Senato. Il Partito democratico aveva trovato un accordo con il Pdl sull’ex Guardasigilli. Ma una volta in commissione, i senatori democrat si sono rifiutati di eleggerlo, votando scheda bianca. Anche qui, ben venga la presa di distanza dai berlusconiani. Ma allora perché siglare quell’intesa?
Il vero autogol è però il disegno di legge presentato cinque giorni fa a Palazzo Madama sull’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Un documento che escludendo i movimenti politici dalle elezioni, farebbe fuori i grillini. Nessuna novità, il ddl è un vecchio cavallo di battaglia del Pd. Ma l’errore politico è evidente. Così come l’assist offerto proprio al M5S. La giustificazione di Zanda è riuscita nell’impresa di peggiorare ulteriormente la situazione. Parlando di polemiche «strumentali», il capogruppo Pd si è difeso spiegando che il disegno di legge era stato già depositato nella scorsa legislatura, quando in Parlamento dei grillini non c’era ancora traccia, e «riproposto quasi automaticamente, come di prassi, visto che non era stato affrontato prima delle elezioni». Ma come? Lo scenario politico viene rivoluzionato dall’avvento dei Cinque Stelle e il capogruppo Pd nemmeno se ne accorge? Risultato, ennesima retromarcia. Poche ore fa Zanda ha assicurato di essere disponibile a ritirare la norma. Anche se il partito nega l’ipotesi.
Stamattina sul Corriere della Sera l’ultima vicenda. Il quotidiano milanese ha pubblicato una lettera di raccomandazioni, inviata nel 2007 da Zanda all’allora presidente dell’Ama Giovanni Hermanin. Un documento su carta intestata del Senato – regolarmente protocollato dall’azienda – in cui il parlamentare segnala una persona in vista di una possibile assunzione. Raccomandazione in conto terzi. «Non lo conosco personalmente – scrive Zanda – ma mi vengono garantite le sue capacità professionali e la sua correttezza professionale».
Non è il caso di scandalizzarsi. La raccomandazione è pratica fin troppo diffusa, per quanto antipatica, nel nostro Paese. L’aspetto imbarazzante della vicenda è un altro. Pochi anni dopo – racconta sempre il Corriere – Zanda sarebbe diventato il paladino della lotta alle assunzioni di amici nelle municipalizzate della Capitale. «Lo stesso che – a dicembre 2010, in pieno caso assunzioni targate Pdl nelle municipalizzate – tuonava: «Ho presentato un’interrogazione urgente. Alemanno si deve dimettere: ha una responsabilità diretta per gli interventi con i quali ha fatto assumere i suoi protetti».