TRIESTE – Mario Greco esce dal salotto buono e continua l’analisi sugli investimenti del Leone nelle società dei grandi azionisti. Ieri è filata liscia e senza intoppi, in una Trieste afosa e uggiosa, la prima assemblea da amministratore delegato di Generali. Approvati tutti i punti all’ordine del giorno, nonostante le critiche di alcuni azionisti – cassettisti da una vita, età media 70 anni – uno dei quali ha addirittura minacciato di fondare «un partito politico di centro destra contro Mario Greco» nel timore che l’amministratore delegato svuoti Trieste, «città del tricolore», dalla storica centralità nelle decisioni societarie.
Oltre a fornire ampia rassicurazione sulla triestinità del gruppo, Greco ne ha delineato lo stato dell’arte e il piano per cambiare passo. L’andamento borsistico del titolo, che è ritornato sopra la soglia dei 14 euro, è dalla sua, spinto anche dal restringimento dei tassi sui circa 50 miliardi di titoli di Stato detenuti dalla società. E infatti i titoli governativi, ha detto Greco, si sono rivalutati di 13 miliardi lordi nel 2012 con un netto di 2,5 miliardi, tutti a vantaggio della solvibilità (il rapporto tra asset e premi sottoscritti, ndr). Sullo stato di salute del gruppo, tuttavia, la diagnosi di Greco è chiara e non fa sconti: debolezza patrimoniale, scarsa capacità di generare capitale in via organica, mancanza di una strategia, niente priorità sul business, e soprattutto una «governance interna opaca».
Elementi ereditati dalla precedente gestione, sulla quale ha puntato il dito: «Oggi la società non ha capitale sufficiente, perché negli anni è stato utilizzato per comprare asset che non danno la redditività», ha detto in assemblea, sottolineando: «Vogliamo uscire nelle migliori condizioni possibili dalle partecipazioni strategiche». E con un debito di dodici miliardi sui quali pende la scure delle agenzie di rating l’unica strada è vendere – diluendosi in Rcs e non rinnovando il patto di sindacato di Prelios – e ridurre i costi, esattamente per 600 milioni in tre anni.
Indicativa, in questo senso, la recente vendita del 12% di Banca Generali, con una plusvalenza di 135 milioni di euro. Per Greco l’istituto di credito «è un asset difficile da mantenere, ci costa moltissimo capitale e in termini di solvency è estremamente caro, non siamo in condizioni in questo momento di gestire diversificazioni di business». Non solo. Come ha come ha svelato nell’assise «Banca Generali ha in corso un’ispezione (della Banca d’Italia, ndr) per l’anno 2010, ma non abbiamo motivo di credere ci siano irregolarità».
Per quanto riguarda, invece, i rapporti con le parti correlate, l’ex Zurich si è limitato a osservare: «Stiamo continuando ad analizzare se le operazioni con parti correlate potrebbero aver creato un vantaggio occulto ad alcuni soci, allo stato non abbiamo evidenza di ciò». A quanto risulta, la ricognizione non è ancora conclusa e lo stesso Greco non ha fornito a Linkiesta una tempistica precisa in merito. Oltre a contratti assicurativi sottoscritti con i vicepresidenti Vincent Bollorè e Francesco Gaetano Caltagirone, e con Diego Della Valle, il Leone detiene l’1,88% di Mediobanca per un valore di 90 milioni – quota oggetto di patto di sindacato – e ha in essere finanziamenti per 566 milioni sui quali sono maturati interessi per 24 milioni. Al contrario, Piazzetta Cuccia ha finanziato il gruppo con 500 milioni sui quali sono stati pagati 25 milioni di interessi passivi.
Generali ha poi finanziato il gruppo De Agostini – azionista al 2,4% tramite la B&D Holding, di proprietà del consigliere Lorenzo Pellicioli – con 26 milioni che hanno reso 1,5 milioni di interessi, mentre la partecipazione nei fondi della controllata Dea Capital è di 400mila euro, pari allo 0,01 per cento del capitale. Oltre allo storico 2,9% di Lottomatica (controllata sempre da B&D Holding) che vale 132 milioni e ne ha pagati 3,5 di dividendi, il Leone ha sottoscritto azioni di Intesa Sanpaolo per 525 milioni e obbligazioni per 1,3 miliardi, oltre a 141 milioni in units di fondi d’investimento, incasssando 25 milioni di dividendi, e ha un’esposizione passiva per 129 milioni.
Telco, che detiene il controllo di Telecom Italia, è stata svalutata per 156 milioni nel 2012, gli asset immobiliari per 60 milioni su un patrimonio complessivo di 25 miliardi. Con la Finint dei veneti Marchi e De Vido, di cui il Leone è azionista al 10%, Greco ha ammmesso: «Abbiamo rapporti complessi: siamo soci in Agorà (veicolo al 40% di Marco Polo Holding, che a sua volta controlla Save, la società che gestisce l’aeroporto di Venezia, ndr) ndr) tramite un patto di sindacato da noi disdettato». Ci sono, infine, i 400 milioni di esposizione in Veneto Banca.
Sul fronte rilancio, sono sei i passi individuati dal management per allontanare, almeno fino al 2015, un aumento di capitale: migliore governance, rimozione delle incertezze in Est Europa – con l’acquisizione messa a segno a inizio anno del 49% rimanente della joint venture Ppf per 2,5 miliardi – rafforzamento patrimoniale, revisione degli asset immobiliari, focalizzazione sul marchio in Italia e sul core business assicurativo, con un occhio rivolto a Cina e Sudamerica.
Oggi, oltre all’approvazione dei conti 2012, che evidenziano un utile di 90 milioni e un dividendo di 20 centesimi, l’assemblea ha rinnovato per tre anni il consiglio d’amministrazione – con le new entry “rosa” Ornella Barra (Alliance), Alberta Figari (avvocato dello studio Clifford Chance) e Sabrina Pucci (docente di Economia a Roma Tre) – ha autorizzato l’ad e i dirigenti all’acquisto di 800mila azioni proprie per un periodo di 18 mesi, e ha dato disco verde al long term incentive plan, che prevede nell’arco del prossimo anno e mezzo l’acquisto di 7 milioni di azioni al massimo da parte del management. Infine, è stato attribuita al consiglio d’amministrazione, per i prossimi cinque anni, la delega ad aumentare il capitale sociale per massimi 7 milioni, sempre a servizio del piano. Un’altra delle novità volute da Greco.
Twitter: @antoniovanuzzo