Giuseppe Bono e l’incognita Saccomanni su Finmeccanica

I vertici di Piazza Monte Grappa

È a metà maggio l’appuntamento decisivo per Finmeccanica. E tra gli uffici di viale Montegrappa e gli strateghi del Pd gira già un nome forte per il prossimo quadriennio: Giuseppe Bono, vicino a Giuliano Amato e apprezzato da gran parte del Pdl. Davanti a sé il colosso della Difesa ha appuntamenti importanti: tornare all’utile già nel 2013, come ha promesso l’attuale numero uno Alessandro Pansa, e attuare le dismissioni senza snaturare l’intero gruppo. Infine, cosa non facile, tornare ad avere una precisa strategia di crescita in Italia e all’estero.

Per motivi diversi Finmeccanica dovrà lasciarsi alle spalle sia l’era Guarguaglini che il periodo Orsi. Nel secondo caso per chiari motivi di immagine e di marketing. Le vicende giudiziarie rischiano di congelare un mercato galoppante come quello del subcontinente indiano e di rallentare il comparto dell’elicotteristica che continua a dare soddisfazioni a livello di bilancio. Nel primo caso, ovvero la necessità di superare le strategie dell’ex presidente di Castagneto Carducci, la necessità arriva dai numeri. Per il 2012 Finmeccanica ha annunciato una riduzione del debito dagli oltre 2 miliardi del 2011 a 786 milioni. Mentre sul fronte dei ricavi il 24 aprile il Cda ha stimato flussi tra i 16,7 e i 17 miliardi. Con una netta separazione di andamenti tra il settore aeronautico ed elicotteristico e quello dell’elettronica per la difesa e la sicurezza.

Eredità Guarguaglini

Soltanto la voce Drs, l’azienda Usa fortemente voluta nel 2008 da Pierfrancesco Guarguaglini per 5,2 miliardi di dollari, lo scorso anno è pesata quasi un miliardo di euro di svalutazioni. Che si aggiungono ad altri circa 500 milioni l’anno precedente. Poco più di un anno fa di Drs Orsi ebbe a dire: «Non l’ho scelta io e forse non l’avrei fatto. Ma ora c’è ed è un ottimo accesso al Pentagono».

Pansa non si è sbilanciato più di tanto sull’investimento a stelle e strisce. Ha solo tenuto a precisare riferendosi però alle controllate italiane che il piano di dismissioni andrà avanti. «Procediamo sulla nostra strada», ha affermato l’amministratore delegato, «e annunceremo le cose quando le avremo fatte». Facendo chiaramente capire che i piani sul tavolo «sono diversi e tutti in approntamento tramite advisor, ma per la parola finale bisognerà aspettare il nuovo esecutivo».

Ora che a capo del Tesoro, l’azionista di maggioranza, c’è Fabrizio Saccomanni bisogna capire quali indirizzi arriveranno al board di Finmeccanica. A oggi la strategia sostenuta da Giuliano Amato – il candidato ideale del presidente della Repubblica Napolitano – prevederebbe per l’appuntamento di maggio l’incarico di presidente di Finmeccanica all’attuale numero uno di Fincantieri Giuseppe Bono e la riconferma di Pansa nel ruolo di amministratore delegato. Perché Bono? Per la sua capacità di intervenire in situazioni di crisi e al tempo stesso di trovare una mediazione produttiva con la politica. Lo dimostrano la sua carriera e anche le ultime mosse nell’industria della cantieristica.

La carriera di Bono

Dopo aver frequentato un corso di perfezionamento alla Omeca (Officine Meccaniche Calabresi, società partecipata da Fiat e Finmeccanica), nel 1963 viene assunto società in qualità di addetto alla contabilità, al bilancio, alla pianificazione ed al controllo. Da lì inizia un lungo percorso attraverso l’industria pubblica italiana. Nel 1968 l’Omeca viene acquisita dalla Efim, la finanziaria di Stato nata nel 1962 grazie a Pietro Sette, uomo legato ad Aldo Moro. Nel 1981 Bono viene nominato dg della Sopal, la finanziaria alimentare dell’Efim dove dapprima avvia la ristrutturazione delle aziende dipendenti e poi imposta la privatizzazione. Nel 1987 viene trasferito all’Aviofer dove inizia a occuparsi dei problemi del settore difesa, intervenendo nel processo di ristrutturazione dell’Agusta.

Dieci anni dopo Bono diviene dg dell’Efim. Lì il suo compito è occuparsi della liquidazione che si consuma nel 1992 con il trasferimento in Finmeccanica di tutte le aziende dei settori difesa e trasporti. Nel 1993, entra in Finmeccanica e segue soprattutto Alenia Difesa e Ansaldo fino a diventare amministratore delegato della holding nel 2000. Due anni dopo fa le valigie e si trasferisce a Fincantieri lasciando il posto al suo amico e rivale Pierfrancesco Guarguaglini. In comune, oltre a viale Montegrappa, i due hanno anche la partecipazione alla scuola superiore di Sant’Anna di Pisa, la stessa che dal 2012 viene presieduta da Giuliano Amato.

Insomma, Bono per il colosso della Difesa rappresenterebbe la continuità ideale sia per gli strateghi del Pd che per quelli del Pdl. Il suo compito sarebbe chiaro: compattare la politica e stringere le maglie della holding. Per il cambio degli assetti ovviamente bisognerà aspettare l’assemblea di maggio. Intanto, in vista delle direttive politiche, Pansa nel suo periodo di gestione ha puntato a una ottimizzazione della liquidità e a una gestione non troppo impattante degli esuberi (vedi Selex Es). Con l’obiettivo chiaro di non esporre il fianco a potenziali e pericolosi spezzatini, aprendo la strada a una ipotetica presidenza targata Giuseppe Bono. A meno che Saccomanni non cambi le carte in tavola.  

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