I capolavori non invecchiano mai: auguri, Tubular Bells

Uscì il 25 maggio 1973

I “dischi belli” si dividono in due categorie: quelli piatti e rotondi, che ascoltiamo un numero considerevole di volte e poi cediamo alla polvere di uno scaffale, dove vengono dimenticati con lo scorrere del tempo; e quelli monumentali, capaci di cambiare pelle, formato e destinazione e di resistere al passaggio di diverse ere sonore senza perdere una virgola della loro grandezza musicale. “Tubular Bells” di Mike Oldfield, che oggi festeggia il suo 40esimo compleanno, appartiene senza dubbio a questa seconda categoria.

C’è un motivo, infatti, se le argentee campane tubolari concepite nel 1973 dal ragazzino di Reading suonano ancora oggi così incredibilmente giovani. Il motivo è che Tubular Bells è stato (ed è ancora) un capolavoro, unico nella storia della musica: dall’introduzione per pianoforte, poi riproposta con grande successo nel film blockbuster di quell’anno, “L’esorcista”, all’iconica copertina realizzata dal geniale Trevor Key, che con Oldfield continuerà a collaborare fino al momento della sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1995; tutto, in quel disco, era esattamente dove doveva essere.

Se oggi Richard Branson può permettersi di ingaggiare sfide tra magnati, che implicano compagnie aeree e team di Formula Uno, il merito è anche di Tubular Bells, primo titolo inserito nel catalogo, fino ad allora illibato, della neonata Virgin Records. Non che non se lo sia meritato, chiariamoci: quello che oggi è un eccentrico miliardario, al tempo era un 23enne dal grande intuito. Mentre Branson decideva di dare ai demo presentati da Oldfield una chance, tutte le altre case discografiche rifiutavano l’album, ritenendolo un fallimento commerciale praticamente assicurato.

E invece quel misto di progressive ed elettronica, di rock sinfonico e sperimentale, ha venduto più di quindici milioni di copie, conquistando la prima posizione nelle chart inglesi e in quelle australiane. Nel Regno Unito, Tubular Bells è stato sette volte disco di platino, dando vita a diverse ristampe. Nel 2003, in occasione dei trent’anni dalla prima pubblicazione, l’album è stato completamente ri-registrato, e riportato nei negozi di dischi da Warner sotto il nome “Tubular Bells 2003”, con una copertina solo leggermente modificata.

Quarant’anni fa, Oldfield era poco più che un adolescente. Dal basso dei suoi 19 anni, seppe comporre nel suo appartamento di Tottenham un disco che, per essere eseguito dal vivo, necessitava di un’orchestra di trenta elementi. Una genialità che si accompagnava spesso a qualche concessione goliardica: ad esempio le urla e i grugniti del “Caveman”, inserite nella “Part two” e registrate da un Oldfield sotto l’effetto di mezza bottiglia di whiskey, con il nastro che registrava a velocità aumentata. O i riferimenti ironici alla registrazione stereo del disco, che secondo gli adesivi appiccicati ad alcune copie vendute in Inghilterra era destinato “a persone con quattro orecchie”.

Con quattro orecchie o con due, di sicuro bisogna disporre di una grande sensibilità musicale per apprezzare a fondo un disco così complicato e ricercato. Figuriamoci per comporlo.

Buon compleanno, Tubular Bells. 

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