Roberto Bin, docente di diritto costituzionale e autore del famoso manuale Bin-Pitruzzella, parla a Linkiesta. Partecipava anche lui al convegno «Il Presidente della Repubblica e i primi sette anni di Napolitano», che si è svolto all’Università degli Studi di Milano, ma non ha parole tenere per Re Giorgio.
Professor Bin, nel suo lungo intervento lei ha detto: «Non mi piace il Presidente della Repubblica delle chiacchiere».
Non è che c’è solo Napolitano a chiacchierare. Gli annunci si susseguono. Il Presidente della Repubblica non fa degli atti precisi. Però fa moltissimi annunci. Poveretto, quanti annunci…
Ma a cosa si riferisce in particolare?
A un sacco di cose. Si parlava di decreti su cui ha detto: lo firmo a condizione che… E poi? Nulla. Anche la stessa nomina di Monti a senatore a vita è stata annunciata. Tutto è fatto per anticipare i tempi, per rassicurare i mercati, per inviare dei segnali. Anche la nomina dei saggi è stata un annuncio. Un modo per prendere tempo e anche per dire stiamo creando l’agenda delle cose da fare. Ovvio, ha fatto benissimo, ma è lo stile di una politica fatta di tv e annunci.
Da costituzionalista cosa pensa della rielezione di Napolitano? È la prima volta nella storia della Repubblica Italiana…
L’hanno rieletto perché era l’unico modo per unire. E lui ha risposto da par suo.
Adesso si riparla di riforme, di una convenzione costituita dai componenti della Commissione Affari Costituzionali, e da alcuni giuristi. Sarà la solita farsa all’italiana?
Le riforme sono solo annunci e c’è da sperare che restino tali. Lei pensi che tutte le cose che oggi si vogliono riformare della Costituzione sono le stesse che hanno già riformato negli anni passati. Il Titolo V è stata una riforma costituzionale fatta nel 2001; la questione dei deputati eletti nei collegi esteri, che è una vergogna, anche quella è frutto di una riforma recente. Il bicameralismo è frutto di una riforma costituzionale. Nella Costituzione il Senato sarebbe dovuto rimanere in carica 6 anni, e non 5.
In sostanza, non succederà nulla?
Se uno parte dall’idea che deve fare le riforme, significa che non ha un’idea. In Italia non sono le istituzioni che non funzionano. È la politica che non funziona. Tutto ciò è contrabbando concettuale. Invece loro dovrebbero partire da una legge elettorale sensata, e riformare i partiti politici. La politica non funziona senza una riforma dei partiti.
Twitter: @GiuseppeFalci