«Letta ok, avanti su fiscal compact e unione bancaria»

Intervista ad Alexandre Delaigue. Bisogna arrivare ad una eurozona che funzioni meglio

Italia, fine dell’austerity, futuro dell’euro. Sono questi i tre temi che sono al centro degli economisti dell’eurozona. E a fronte della formazione del governo di Enrico Letta, un nuovo vento positivo si è levato. Eppure è possibile che sia solo un’euforia irrazionale, come fu per François Hollande. Linkiesta ne ha parlato con Alexandre Delaigue, docente di Economia all’École spéciale militaire de Saint-Cyr, fucina dell’amministrazione francese, e a lungo consulente economico degli ultimi governi.

Dopo due mesi di discorsi inconcludenti, è nato un nuovo governo. Ha le sembianze di una larga coalizione (Pd-Pdl-Scelta Civica di Monti) sostenuta dal presidente Giorgio Napolitano. Sfortunatamente, Enrico Letta dovrà affrontare delle sfide enormi: la mancata crescita, la disoccupazione crescente, il rischio di tensioni sociali. L’Italia può avere lo slancio per attuare le riforme necessarie?

Dopo le ultime elezioni italiane, scrissi che c’erano quattro ragioni per cui non preoccuparsi del risultato: era impossibile ottenere un buon risultato in ogni caso. La paralisi politica non è un problema grave, ed è meglio che promuovere cattive politiche. La verità è che Letta potrebbe dare una scossa al sistema politico italiano; e potrebbe dare una scossa positiva all’eurozona. Continuo a sostenere la mia posizione, ovvero che l’Italia è sul bilico, ma può farcela. Certo, la situazione economica è grave. Tuttavia, ci sono modi per uscirne e questo governo può apportare dei miglioramenti. Ovviamente può anche rivelarsi un’occasione mancata: la situazione politica italiana rimane un affare complicato! Vedremo tra un anno da ora.

Ma qual è il target principale dell’esecutivo di Letta?

Questo governo ha una chiara missione: mantenere l’Italia nell’eurozona in un modo sostenibile. Per questo, bisogna cambiare il corso delle politiche nella zona euro e allo stesso tempo mantenere la fiducia da parte dalla Bce. Ciò richiede, probabilmente, fare delle riforme economiche, se non altro per rassicurare la Bce; penso che un governo di coalizione sia una condizione necessaria, seppure non sufficiente, a delle buone riforme.

Anche nel caso italiano?

Le riforme possono funzionare solo in presenza di un certo livello di consenso politico – per questo un governo di coalizione è una condizione necessaria. Ma è anche necessario identificare e implementare riforme politicamente fattibili ed economicamente efficienti: questa è la parte più difficile. Specialmente in presenza di una coalizione così fragile. 

Fabrizio Saccomanni è il nuovo Ministro dell’Economia e delle Finanze. Può spezzare il circolo vizioso della stagnazione economica e dell’austerità? E se sì, come?

Cinque anni fa, Saccomanni concluse un discorso presso la Banca dei regolamenti internazionali con tre parole: “rafforzare le istituzioni esistenti; iniziare a pensare fuori dagli schemi; non fare danni”. Sembra un programma molto buono da attuare come ministro dell’Economia e delle Finanze! Il problema di lungo periodo dell’Italia è la produttività, che non sta crescendo abbastanza, e sembra crollare sempre di più. Parte di ciò è un’illusione statistica dovuta all’economia sommersa (vedasi Krugman, ndr), ma dall’altra parte ci sono anche molte rendite, imprese pubbliche inefficienti e monopoli. A questo proposito, alcune riforme potrebbero aiutare e apportare un po’ più di crescita, ma non ci si aspettino miracoli.

Eppure sembra che ci sia altro che non funziona.

L’altro problema è lo stesso che affligge gli altri paesi europei: l’euro non sta funzionando. È diventato una trappola, come il gold standard negli anni 30s, ma peggiore: fu facile uscire dal gold standard. Così se escludiamo un’esplosione dell’eurozona, il problema ora è di avanzare verso un’eurozona che funzioni meglio.

Mario Monti: come valutare il suo lavoro come capo di governo?

È triste da dire, perché Mario Monti è una persona buona e onesta, che ha provato veramente a fare bene il suo lavoro. Tuttavia il suo mandato è stato un fallimento. Fu messo al potere sotto la pressione che la Bce fece al governo di Berlusconi, ma mancava di legittimità. Fu quindi impossibile introdurre riforme utili, e s’imbarcò nell’austerità. Il potere d’acquisto degli italiani è crollato, la recessione si è scatenata e dal marzo 2012 il tasso d’interesse sui titoli italiani iniziò a salire ancora. Solo l’intervento di Draghi ha fermato questo tendenza. Monti è stato “l’utile idiota”- in senso leninista del termine – delle politiche pro-austerità, colui che ha proclamato con forza l’utilità del farle e per questo ha ricevuto gli applausi di Angela Merkel e della Commissione Europea. Il tutto anche se di fatto queste politiche non hanno funzionato. Alla fine l’Italia e l’Europa hanno perso solo tempo.

Beppe Grillo e il suo partito, il Movimento 5 Stelle, hanno escluso la possibilità di fare qualsiasi alleanza e ora sono fuori dal governo. Ma possono usare questo fatto per aumentare il loro populismo. Vedi un rischio serio proveniente da loro, anche in vista delle elezioni del parlamento europeo del 2014?

Grillo ha beneficiato dal fallimento di Monti e dal discorso “non ci sono alternative all’austerità”, ma anche dall’evidente necessità di cambiamento del sistema politico italiano, fatto sempre dalle stesse persone e dalle stesse idee. In Francia, siamo abituati a questo fenomeno, dato che abbiamo sia un’estrema destra sia un’estrema sinistra populiste che non lasciano il sistema politico per 30 anni. Possono fare dei danni, ma stare in perpetua opposizione è rischioso, e avvicinarsi al potere implica compromessi e rinunce. Penso che il movimento di Grillo resterà un problema esattamente come lo è ora. La soluzione è renderlo meno attraente per gli elettori attraverso l’attuazione di buone politiche.

L’austerità detta legge nell’Eurozona. Francia e Spagna stanno ancora invocando la crescita. Come può l’Italia aiutare Parigi e Madrid in questa sfrenata lotta contro la Germania?

L’austerità detta legge, ma fino ad un certo punto. L’austerità ha perso il dibattito intellettuale. La storia dell’errore di calcolo (vedi la discussione Rogoff-Reinhart, ndr) è stata “un altro chiodo nella bara delle politiche di austerità”. Tipicamente, le persone che sostengono l’austerità di solito sono quelle serie, e le persone che domandano politiche differenti sono quelle che sostengono l’onere della prova. Ora la situazione si è invertita, le persone pro-austerità sono quasi derise. Molti paesi stanno già cambiando discorso o rotta: Letta ha detto che il tempo dell’austerità è finito, l’Olanda sta cambiando le sue politiche, la Francia ha chiesto per una dilazione sul deficit. Questa è un’inversione di rotta enorme ed è la situazione ideale per i cambiamenti. La questione è cambiare in cosa? Sarebbe un terribile errore passare dalla teoria discreditata dell’austerità espansiva alla non meno sciocca idea del “gli stimoli si alimentano da soli”. Non ci sono pasti gratis.

La soluzione è quindi ancora difficile da trovare. Colpa forse di compromessi irraggiungibili fra nazioni troppo diverse sia da un punto di vista economico sia politico?

Il problema dell’Europa è facile da riassumere. Quello che è politicamente fattibile non funziona e quello che funziona non è politicamente fattibile. L’austerità è stata un equilibrio politico che non ha funzionato. Ora è arrivato il momento di cercare un nuovo equilibrio che funzioni meglio. Per fortuna si può vedere una via d’uscita al pasticcio europeo: responsabilità fiscale di lungo periodo per gli Stati-membri invece di austerità inefficiente e con una logica di breve periodo; e in questo caso il Fiscal compact è un inizio. Poi serve un’unione bancaria funzionante, un’integrazione più profonda di quelle politiche nazionali che hanno un impatto sulla competitività, magari un’assicurazione per la disoccupazione europeo, regole comuni sul mercato del lavoro. Infine occorre un’istituzione per attuare tutto ciò, il che implica una grande riduzione della sovranità per i governi nazionali. Il problema è che nessuno ha un’idea di come raggiungere quegli obiettivi. Per questo nuove persone, nuove idee sono veramente necessarie per rendere tutto ciò possibile. Questo è il miglior modo in cui l’Italia può aiutare l’eurozona.

Quale futuro si prospetta per l’Europa nei prossimi due anni, specialmente dopo l’esperimento di Cipro?

Non mi aspetto che il problema europeo si risolva nei prossimi due anni. Cipro è un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. L’aspetto negativo è che ha creato una situazione nella quale l’euro non esiste come una moneta unica: in fatti ci sono gli euro di Cipro, che sono diversi dagli altri euro. E le condizioni creditizie tra i Paesi sono diverse: una società italiana prende a prestito a un tasso doppio rispetto a quello tedesco. Questo non è sostenibile. Ora come ora l’Eurozona è, di fatto, un’area in cui differenti euro nazionali sono agganciati a un grande cappello, l’euro. Questo genere di situazione, il currency peg di diverse valute di fatto all’interno di una singola area monetaria, semplicemente non è stabile. O è possibile tornare a una vera moneta unica o l’Eurozona esploderà.

C’è poi l’aspetto positivo, il bail-in.

Sì, l’aspetto positivo è la decisione di tagliare i creditori bancari. È un buon precedente, nonostante sia stato gestito gestito debolmente (pensare di tagliare i depositanti assicurati sarebbe stato un grave errore). Specialmente per la Spagna, dove il problema è proprio il sistema bancario, questa può essere una soluzione. La Spagna è il posto in cui verrà deciso il futuro dell’euro. E questo richiederà lo sviluppo di una procedura adeguata per i default ordinari e i tagli ai creditori bancari. Cipro ha rotto un importante taboo a questo riguardo.

Quindi che succederà in questa “nuova eurozona”?

Fino ad allora, mi aspetto che l’Eurozona resti in bilico. La pressione data dalle difficoltà economiche sarà funzionale a far accettare ai politici europei la perdita di sovranità necessaria all’Eurozona per sopravvivere. La realtà è che in ogni momento può esplodere. Mi aspetto che i politici, e la Bce, reagiscano sempre all’ultimo momento e facciano qualcosa, per lo meno, per scacciare via il problema e progredire. Ma c’è sempre il rischio che qualcuno dica che questo è sufficiente, che non si devono fare altri sforzi. Se così, l’Eurozona scomparirà. Per i prossimi due anni, direi che la possibilità che l’eurozona esploda è uno scenario a cui assegno il 10% delle probabilità, mentre la risoluzione dei problemi esistenti e il conseguente repentino progresso è uno scenario a cui assegno l’85% delle possibilità. Il restante 5% è per qualcosa di totalmente inaspettato…

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