L’appuntamento è rimandato di due settimane. Come molti avevano previsto, per eleggere il sindaco di Roma sarà necessario attendere il ballottaggio. Poche sorprese anche sui due sfidanti che si contenderanno il Campidoglio, Ignazio Marino e il sindaco uscente Gianni Alemanno. Semmai la sorpresa delle amministrative nella Capitale – assieme al crollo del Movimento Cinque Stelle, passato dal 28 per cento di febbraio a un più striminzito 14 per cento – è l’affermazione del candidato di centrosinistra.
Nelle ultime settimane in città si parlava con insistenza delle difficoltà di Ignazio Marino. Costretto a subire la rimonta di Alemanno e spesso al centro di polemiche con la dirigenza del Partito democratico. Alla fine il chirurgo democrat chiude il primo turno conquistando il 43 per cento delle preferenze – ma lo spoglio è ancora in corso – distanziando l’avversario di quasi 13 punti percentuali. Un risultato che in pochi si aspettavano.
Inutile negare che la vittoria di Marino è soprattutto la vittoria di un democratico “poco ortodosso”. Inviso a diversi dirigenti del partito. Quando il medico ha vinto le primarie di centrosinistra superando la concorrenza di David Sassoli e del renziano Paolo Gentiloni, al Nazareno più di qualcuno si era detto perplesso. Tanti i dubbi sull’ex senatore considerato troppo vicino a Sel e ai grillini. Quasi che Marino dovesse pagare il suo essere troppo di sinistra. A conti fatti, per il Pd sarebbe stato difficile trovare un miglior rappresentante.
E così oggi il Partito democratico si stringe attorno a Marino. Al candidato, spesso critico nei confronti della linea del partito, contrario al governo delle larghe intese. Lasciato più volte solo durante la campagna elettorale (a pochi sono sfuggite le numerose assenze dei dirigenti Pd durante l’ultimo comizio a Piazza San Giovanni). Fa eccezione il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Volto noto del Pd romano, vicino a Marino fin dai giorni delle primarie. Ma anche a Goffredo Bettini, uomo forte del partito della Capitale.
Del resto il diretto interessato non ha mai nascosto una certa distanza dal partito. Negli appuntamenti pre-elettorali Marino ha sempre sottolineato il suo profilo civico. Lo stesso segretario Guglielmo Epifani in serata ha riconosciuto: «Pur rispettando la sua autonomia, [Marino] è uno della nostra famiglia». Durante le ultime settimane gli scontri non sono mancati. Al centro delle polemiche le scelte del candidato sindaco, accusato di troppa libertà. Colpevole di voler fare di testa sua, senza concordare le strategie con i dirigenti democrat.
Della distanza dalla politica il candidato democratico ha fatto un punto di forza. «Dopo l’esperienza al Campidoglio – una delle sue promesse elettorali – lascerò per sempre la politica». Solo buone intenzioni? Nel dubbio, pochi giorni prima del voto, il chirurgo si è dimesso dal Senato, rinunciando a una poltrona sicura in caso di sconfitta. Un’accortezza rara. Oggi, poi, non è sfuggita la presenza di Nichi Vendola al comitato elettorale. «Il risultato raggiunto da Marino – ha detto il segretario di Sel, alleato del candidato sindaco – ci trascina fuori dalla palude e ci proietta verso la ricostruzione del centrosinistra che è una necessità per il Paese». Esplicita la critica al governo di larghe intese.
Adesso si riparte. Nelle prossime due settimane Marino continuerà a girare per la città. «Tornerò in strada per ascoltare tutti», ha spiegato stasera in un breve intervento al suo comitato elettorale. Per essere certo del risultato già strizza l’occhio agli elettori del Movimento Cinque Stelle («Alcuni dei loro temi sono anche i nostri») e di Alfio Marchini («Ha fatto un’ottima campagna elettorale»). Ma anche il candidato del centrosinistra sa che il vantaggio del primo turno non potrà garantirgli, da solo, la vittoria elettorale.
L’avversario, anche se distante, non è ancora battuto. Stasera il sindaco uscente Gianni Alemanno si ferma al 31 per cento. Il sostegno compatto della coalizione di centrodestra e la presenza di Silvio Berlusconi nell’ultimo comizio non sono stati decisivi. Eppure il primo cittadino è convinto di potercela fare. Certo di riportare alle urne da qui al ballottaggio gli elettori sufficienti per colmare il distacco. Non sarebbe neppure il primo recupero: cinque anni fa l’esponente del Pdl era già salito al Campidoglio superando Francesco Rutelli al secondo turno.
Gli interlocutori da convincere non mancano. Dopotutto uno dei dati principali, e forse più eclatanti, delle amministrative romane è proprio l’astensionismo. Si è recato ai seggi il 52 per cento degli aventi diritto. «Ma nessuno vuole essere sindaco del 50 per cento dei romani», ha ricordato stasera Alemanno. L’obiettivo è fissato: «Bisogna portare al voto metà dei cittadini. Bisogna capire il perché dell’astensionismo soprattutto dei giovani», ha spiegato in serata. La strada è in salita, ma il sindaco è sicuro di poter essere rieletto.