BERLINO – Riforme, autocritica, efficienza e più competitività. Sembrano i concetti difesi dalla Germania in Europa e si iscrivono bene nel rigore merkeliano. Sono invece gli ingredienti chiave del successo del calcio tedesco. La finale di questo sabato tra Bayern Monaco e Borussia Dortmund è solo la conferma più evidente che il modello teutonico funziona, in Germania, anche nel calcio. È il risultato di un decennio di riforme, spiegano gli esperti, i cui primi risultati hanno iniziato a vedersi nel mondiale del 2010.
Per coronare questo processo mancava solo un titolo, ed è arrivato: indipendentemente dal vincitore della finale di Wembley, contesa fra Borussia Dortmund e Bayern Monaco. L’ultimo titolo europeo della Germania per quanto riguarda i club risale ancora al 2001, quando il Bayern vinse la Coppa Campioni. A livello nazionale, la Mannschaft tedesca non ottiene un titolo dal lontano 1996, quando vinse l’Europeo.
Gli anni di digiuno sono stati anche anni di riforme, ha spiegato questa settimana Philipp Köster, direttore della rivista calcistica 11-Freunde, in un’intervista con un gruppo di giornalisti stranieri. C’è stata molta autocritica e sono state implementate riforme radicali. Sono stati anni di duro lavoro da cui è sorto un nuovo stile, molto più moderno ed elegante di quello che aveva procurato alla Germania grandi soddisfazioni nel passato. La transizione ha rotto alcuni degli stereotipi, come quella del calcio tedesco basato sulla forza e l’aggressività.
«A volte anche noi abbiamo ora difficoltà a spiegare come sia possibile che la Germania sia passata dal giocare un calcio orribile a quello che si gioca ora» ha detto Köster. Semplicemente c’è stato un momento in cui un paese come la Germania, che si autodefinisce attraverso il suo calcio, si è stancato di di perdere e ha deciso di cambiare. «Sono stati riformati gli stadi, anche in attesa del mondiale 2006, si è lavorato meglio sui vivai e in generale si è cercato di migliorare la competitività, sia sportiva che economica». È quello che alcuni hanno già ribattezzato come «la via tedesca nel calcio» e che si distanzia dagli eccessi del calcio britannico, «ma è anche lontana da un modello italiano in cui tutto il management è in mano a magnati occulti». Se dovesse situare la Bundesliga in una classifica mondiale, Köster la metterebbe in seconda posizione, dietro alla Premier League, forse a pari merito con la Spagna, anche solo per il significato del calcio spagnolo a livello mondiale nell’attualità, «ma l’Italia è sicuramente dietro a noi in questo momento», ha aggiunto.
«C’è un grande calcio italiano che ha ospitato il mondiale del 1990 e che noi tedeschi ricordiamo molto bene. Dopo di che, non ci sono state grandi riforme, in particolare per quanto riguarda la modernizzazione degli stadi, il lavoro con i tifosi, ma anche per quanto riguarda più in generale le strutture economiche dei club», ha commentato Köster a Linkiesta, «le squadre italiane continuano ad avere strutture finanziarie impenetrabili, sono troppo indebitate e praticano politiche di trasferimenti eccessive, che semplicemente non si possono più permettere», senza parlare della sicurezza degli stadi in cui, secondo quanto ha denunciato, «ci sono ancora antri dove la polizia non può accedere perché sono sotto controllo degli ultras».
Il desiderio di cambiare del calcio tedesco è iniziato dopo l’orribile mondiale del 1998, seguito poi dall’Europeo del 2000, che fu addirittura peggiore. L’eliminazione nei quarti di finale nel 1998 contro la Croazia per 3 a 0 fu accolta in Germania come l’apocalisse, in particolare perché l’anno precedente proprio il Dortmund aveva vinto la Coppa dei Campioni e lo Schalke 04 la coppa UEFA e le aspettative erano alte. La voglia di riforme diventò necessità dopo il 2004 quando la Germania non superò la fase a gruppi degli Europei, solo due anni dopo il mondiale in casa.
Un elemento chiave della rinascita è stato l’obbligo per tutti i club di creare centri ad alto rendimento nelle categorie inferiori così come i miglioramenti che sono stati introdotti nella rete degli osservatori. «Se oggi un giovane ha talento calcistico, viene sicuramente scoperto, guidato e appoggiato», ha detto Köster. Grazie a questi programmi e a un cambiamento strategico sono stati scoperti giocatori come Thomas Müller, del Bayern e Mario Götze e Marco Reus, del Dortmund, tutti talenti che in altre epoche e senza i nuovi programmi, anche solo per forma fisica, forse avrebbero avuto difficoltà a dare il salto alla Bundesliga.
La modernizzazione degli stadi e il lavoro sulla sicurezza ho poi permesso di eliminare gli eccessi e di portare veramente tutta la popolazione alle partite, «da esponenti di spicco del mondo dell’economia a politici con indosso la maglia della loro squadra». La febbre del calcio tedesco investe davvero tutti, «non c’è uno scrittore che non abbia la sua squadra preferita», e se servono ulteriori conferme, basta guardare il direttore della filarmonica di Monaco, Lorin Maazel mentre dirige l’orchestra con la maglia a righe bianche e rosse del Bayern.
C’è stata inoltre un’ampia discussione tattica che invitava alla modernizzazione. Vi hanno partecipato alcuni tecnici più giovani come Joachim Löw o Jurgen Klopp ma anche veterani come Jupp Heynckes che ha interrotto la pensione per allenare prima il Leverkusen e poi il Bayern, dimostrando capacità di reinventarsi. Heynckes è stato preceduto al Bayern dall’olandese Louis Van Gaal, il cui contributo al nuovo calcio tedesco viene considerato fondamentale.